el cochecito regia di Marco Ferreri Spagna 1960
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el cochecito (1960)

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locandina del film EL COCHECITO

Titolo Originale: EL COCHECITO

RegiaMarco Ferreri

InterpretiJosé Isbert, José Luis López Vazquez

Durata: h 1.26
NazionalitàSpagna 1960
Generecommedia
Al cinema nell'Aprile 1960

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Trama del film El cochecito

Invidioso dell'amico Don Luca, invalido e possessore di una carrozzella a motore, Don Anselmo, le cui gambe funzionano perfettamente, decide di comprarsi anche lui un cochecito

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Voto Visitatori:   8,50 / 10 (3 voti)8,50Grafico
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Voti e commenti su El cochecito, 3 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  01/06/2010 23:46:15
   8 / 10
E’ un film molto divertente, davvero interessate, per nulla noioso. E’ secondo me anche una delle opere più riuscite sulla vecchiaia, quello stadio della vita che tutti noi, prima o poi, dobbiamo affrontare.
La cosa che meraviglia è il fatto che sia il regista (Ferreri) che lo sceneggiatore (Rafael Azcona) erano poco più che trentenni quando hanno realizzato il film. Eppure hanno fatto un ritratto estremamente convincente dei sentimenti e della vita di una persona anziana.
Il vecchietto in questione è don Alvaro (siamo in Spagna al tempo di Franco), un ex-dipendente pubblico in pensione che abita con il figlio avvocato e relativa famiglia. Fin dalle prime battute si capisce qual è il problema che assilla don Alvaro: la solitudine, l’isolamento, il disinteresse e quasi il fastidio della famiglia nei suoi confronti.
Gli unici momenti in cui prova felicità e gioia dalla vita sono quelli che passa in compagnia di un gruppo di paralitici, a cui è molto affezionato. La caratteristica di questo gruppetto è il fatto che tutti sono motorizzati (hanno una carrozzina a motore) e quindi si possono muovere liberamente, nonostante il non uso delle gambe. Don Alvaro è più “fortunato”, cammina con le proprie gambe, ma non è in grado di seguire il gruppo nei loro spostamenti (malvolentieri gli danno un passaggio, i taxi costano, non tutti i luoghi sono facilmente raggiungibili). Noi spettatori riusciamo a capire perfettamente la decisione di Don Alvaro di comprarsi anche lui un “cochecito”; non così la sua famiglia, anche perché adesso entrano in ballo i soldi.
Quando si tratta di quattrini esce fuori la vera natura delle persone. Il figlio non ne vuole sapere di sganciare neanche una peseta (e ne occorrono tante, visto che il rivenditore ovviamente se ne approfitta) e addirittura vorrebbe fare interdire il padre (Don Alvaro arriva ad impegnare i ricordi di sua moglie). Gli “amici” stessi lo deludono rifiutandogli qualsiasi prestito. Per Alvaro però è diventata adesso una questione di principio di natura personale ed è ormai disposto a tutto pur di avere il suo “cochecito”. Lo avrà ma …..
A prima vista si potrebbe pensare ad un film sulla falsariga di “Umberto D” e invece le differenze fra i due film sono profonde, soprattutto a livello stilistico. “Umberto D” è un film molto serio che coinvolge profondamente l’animo delle persone e comporta un’identificazione completa con il protagonista. Nel “Cochecito” l’atmosfera fin dalle prime battute è ironica e distaccata (complice una colonna sonora scherzosa). Tutti i personaggi vengono visti come in controluce e non si esita a mostrarne i difetti (anche il comportamento del protagonista sembra a volte dare ragione alle insofferenze della famiglia).
Insomma in questo film non si salva nessuno; tutti, chi più chi meno, è mostrato in veste ridicola e sarcastica. Ne fa le spese la vita civile, che appare piena di ipocrisia e egoismo: non c’è solidarietà o aiuto reciproco, ognuno pensa prima per se, i sentimenti e le istituzioni sono solo di facciata.
La satira di costume è molto efficace e divertente: battute cattive, sarcasmo a sfare, frecciatine alla religione e alla politica. Il merito è soprattutto del regista che ha saputo organizzare in maniera molto sapiente la scenografia (i crocifissi e i simboli religiosi intervengono numerosi proprio quando c’è in scena grettezza e opportunismo), ha fatto sì che si riprendesse con piani lunghi o piani sequenze, in modo da aprire all’ambiente circostante, in cui ogni particolare, ogni oggetto viene notato e fatto “parlare”.
L’impostazione stilistica straniante non impedisce però di trasmettere molto bene la pena che rode dentro Don Alvaro. La solitudine, soprattutto negli anziani, è una bruttissima bestia, la peggiore delle compagnie che possa capitare.
Si ride, ma è un riso molto amaro, molto doloroso.

1 risposta al commento
Ultima risposta 01/06/2010 23.47.25
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