Nick, agente di cambio, abita vicino alla lussuosa villa di Jay Gatsby, arricchito in modo misterioso. Daisy, sua cugina, è stata un tempo amante di Gatsby, ma ora è sposata al ricco e cinico Tom. Gatsby riesce a incontrarla, proprio grazie a Nick, e le chiede di divorziare. Lei rifiuta ma Tom, convinto dell'infedeltà della moglie, minaccia il rivale. Infine, sarà proprio Daisy, investendo una donna con la macchina di Gatsby, a provocare l'intervento del marito, che lo ucciderà credendolo responsabile.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
Filmone senza se e senza ma; basandosi su di un notevole script del Dio Coppola, il romanzo di Fitzgerald risorge e, ai punti, batte, anche se di poco, il remake con Di Caprio.
Quasi mai una sbavatura, ritmo che tiene per 140 minuti, da manuale certe sequenze (come il finale, che ricorda quello di Viale del tramonto).
Lusso ostentato, atmosfera unica, tanti attori (Waterston e Dern non li ho riconosciuti subito peraltro; c'è da dire che il primo non è che sia così carismatico, ma forse era una cosa voluta) riguardo a vite che paion star bene solo di facciata, ma dietro nascondono ben altro (ingiustizie, tristezze, ecc.).
A me è parsa tutta una critica a certe persone, dalle vite facile, rese tali dall'aver avuto tutto, troppo presto [cit. retro del dvd, ottima descrizione, peraltro].
Un classico; conosco poco o nulla tal Clayton, ma non credo che in mano a gente più blasonata l'opera, difficoltosa di per sè, sarebbe venuta meglio.
Dopo aver visto il film con Di Caprio, mi sono andato a rivedere questo del 1974 a sua volta remake di un film del 1949,trasposizione cinematografica del capolavoro letterario di Scott. I confronti sono difficili e forse inutili. Redford è molto elegante e la sua performance decisamente sobria, Di Caprio è più espansivo, più istrionico. Insomma stavolta si può riconoscere, che il remake è meglio dell'originale, naturalmente il giudizio è estremamente soggettivo. Invece è oggettivamente bella la storia raccontata, che dimostra inesorabilmente come il destino ultimo di un uomo, può spesso essere deciso dai capricci e dalle moine di una donna, più portata al calcolo che al sentimento. Insomma l'amore questo sconosciuto, non conosce ragioni e regole, ma solo cuore e sensazioni, questa la tesi propugnata nel film ed è difficile non essere d'accordo
Seconda trasposizione dell'immortale libro di Fitzgerald. Rispetto alla recente versione di Lhurmann c'è meno sfarzo, o almeno quello necessario, e si da' piu' importanza ai dialoghi che cercano di essere quanto piu' fedeli al libro possibile. Malgrado il lavoro accurato di Coppola il film tende ad annoiare per la lunga durata della pellicola e certamente non puo' toccare tutte le corde emozionali che tocca il libro. La prova di Redford è ottima, il personaggio sembra essere scritto su di lui. Meno brillante la Farrow nel ruolo di Daisy. Un buon esercizio di stile ma che sinceramente non rivedrei una seconda volta...
a tratti peso.... ma Redford è mostruoso che annichilisce quasi tutto il resto del cast pure ottimo..... però che la media di questo film non raggiunga la sufficienza mi pare assai ridicolo...
Constatata l'impossibilità di emulare l'opera da cui è tratta senza snaturarla troppo, ad emergere è la cosidetta parte tecnica del film, le scenografie ricreate minuziosamente,i costumi altilocati dell'epoca e le musiche evocative, non si fa mancare proprio nulla. Clayton la sua bella carriera l'ha fatta principalmente toccando temi tabù, da buon mestierante badando sempre al sodo, in quest'opera manca diradata nella lunghezza della pellicola la poetica di un regista, perchè se a conti fatti è impossibile non trascurare sottigliezze sui caratteri dei protagonisti, piccoli episodi che arricchiscono il bagaglio caratteriale del personaggio, a nobilitarla doveva pensarci la regia che invece ha anteposto la forma alla sostanza. Emerge l'asetticità borghese nello spendere, nel non farsi mancare nulla, sopratutto in Redford con un'impostazione molto (troppo?) controllata, apparenza e la diffidenza della stessa borghesia nei confronti di chi ce l'ha fatta, ma nel confronto melodrammatico prevale quest'ultimo, tante tematiche sacrificate all'altare per il dramma che poi è quello che prende al cinema, basta vedere come è stata più volte ridotta la trasposizione di 'Anna Karenina', trinomio adulterio-amore-tragedia sulla quale viene poi pacchianamente ridotto anche questo.
Già il libro di per sé non mi aveva preso molto, la riproduzione cinematografica non ha fatto altro che confermare i miei dubbi; non è una gran storia questa del grande Gatsby. Soprattutto la prima parte del film scorre lenta, troppo lenta. Ci mettono una pezza i bravi Robert Redford e Mia Farrow, un aiuto lo dà anche l'ottima fotografia, poi il film comincia a velocizzarsi e la trama si rende maggiormente interessante. Con un taglio di almeno mezz'ora alle varie feste e festicciole (capisco che bisognava rendere l'idea dello scenario in cui si svolgono i fatti ma forse qui si è esagerato un po') si sarebbe reso il tutto meno pesante.
Un film molto difficile da votare, sia per l'opera letteraria di F. Scott Fitzgerald da cui è tratto, sia per una forte carenza che viene a manifestarsi nell'ultima parte e che rende banale e scontato tutto quel lavoro, sufficiente, che si era svolto all'inizio della pellicola. "Il grande Gatsby", come già detto prima, è sicuramente un prodotto che lascia amaro in bocca: un gusto amaro non dovuto soltanto al finale, come capita in altri film, ma dovuto essenzialmente all'ultima parte e alle scelte di regia di Jack Clayton che, personalmente, non ho condiviso più di tanto. La prima parte è sicuramente decente: da' l'idea di un film comune, con graziose scenografie e costumi anni '20, molto suggestivi e curati, e di una buona recitazione, con un carismatico Redford (tuttavia in un ruolo che non gli si addice), e con un'intensa Mia Farrow e una seducente ed affascinante Lois Chiles (attrice di cui poi si sono perse le tracce, se tralasciamo un Bond con Roger Moore e "Assassinio sul Nilo" di John Guillermin). Poi, man mano che la narrazione procede, ci accorgiamo che dopo un'ora e mezza di pellicola, non sia successo granché, a parte un gioco di seduzione folkoristico, continuo e stressante, di cui, per la complicatezza dei rapporti e delle relazioni, viene da chiedersi: "Ma è davvero un film tratto dal romanzo di Scott Fitzgerald?". La colonna sonora è sicuramente splendida, così come la fotografia con lunghe riprese sul mare e con tramonti di fuoco; molto sontuose sono anche le feste che Gatsby crea a casa sua (una reggia, a dir poco). Il problema di fondo, che non starò tanto a ribadire, è che il film, sia nella prima parte, che nella seconda, "non ha un'anima" ed è semplicemente freddo e scontato. A ciò, infine, va ad aggiungersi la sceneggiatura di Coppola, davvero troppo carente, e una pesantezza divina negli ultimi trenta minuti, che spiegano chiaramente il mio voto e che rovinano tutto ciò che si è creato prima. E' stato davvero difficile arrivare alla fine, ma. tutto sommato, è un prodotto non troppo scadente, che merita una visione.
Come gia scritto da altri utenti tra i vari commenti del film si parla di pesantezza. anche io sono riuscito ad arrivare a fatica alla fine del film . complice una caratterizzazione dei personaggi insufficiente. praticamente di gatsby alla fine non si è capito molto e gli altri personaggi appaiono quasi come meteore che parlano tanto ma non attraggono mai lo spettatore . due oscar si cui uno per la colonna sonora che non so , ma onestamente non ho sentito nulla di grandioso . si salvano solo la buona interpretazione di Redford nei panni di Gatsby e appunto la buona scenografia in cui è ambientato il film .
Da promuovere solamente l'interpretazione di un Robert Redford ispiratissimo e l'elegante ambientazione. Per il resto, prevale la noia, attraverso dialoghi pesanti, colonna sonora poco adeguata e ritmi soporiferi.
Un ritratto di persone vuote, per cui solo l'apparenza conta. E fin qui potava andare bene, ma il film è pesante, molto pesante, difficile arrivare alla fine.
Impensabile il confronto con l'opera di Fitzgerald. Siamo lontani anni luce. Unici punti di forza del film: -Ricostruzione storica dei Roaring Twenties a ritmo di jazz e a passi di Charleston, ma senza neanche troppe allusioni premonitrici all'imminente collasso di un mondo blasé ed effimero, sull'orlo del baratro; -Interpretazione di Redford: affascinante e nostalgico, equivoco e tragico, ha dipinto un ritratto convincente di Jay Gatsby (personalmente mi è sembrato che, nelle scene notturne in cui è ripreso di spalle, solo, sul molo della villa di West Egg intento a fissare la luce verde intermittente, si materializzasse un mito, che fino a poco prima viveva esclusivamente nelle pagine immortali di Fitzgerald...) Nonostante una sceneggiatura firmata Francis Ford Coppola, rimane un'impresa assai ambiziosa trasporre su pellicola un romanzo di tale portata. L'analisi di Clayton è superficiale e limitata, non si addentra nei meandri delle riflessioni esistenzialiste che tormentavano Fitzgerald, che, invece, affronta ampiamente in un libro che sa di autobiografia. La Farrow non entusiasma nel ruolo di Daisy, migliore la prova di Lois Chile che interpreta l'amica Jordan.
Sontuoso (la seconda, dopo la versione del 1949 con Alan Ladd) adattamento del classico di Francis Scott Fitzgerald: rispetto al vecchio film, la scelta di Robert Redford è assolutamente azzeccata, adatta anche fisicamente alla parte di questo dandy moderno e del mondo inquietante e un po' corrotto che rappresenta. Ma "Il grande Gatsby" fu infinitamente di più: un libro che racconta le profonde radici di un Sogno Americano e l'ascesa inquietante nel mondo della "società dell'apparenza", e il film di Clayton non riesce a cogliere benissimo queste sfumature. Probabilmente è vero che da un romanzo epocale sia difficile trarre un buon film, ma ciò che traspare è soprattutto l'aspetto glamour della vicenda. Almeno se Clayton si fosse chiamato De Palma (v. Black Dalhia) avremmo avuto un film deludente ma tecnicamente inarrivabile. Invece la performance di Redford vale tutto il film