il sospetto (2012) regia di Thomas Vinterberg Danimarca 2012
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il sospetto (2012)

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locandina del film IL SOSPETTO (2012)

Titolo Originale: JAGTEN

RegiaThomas Vinterberg

InterpretiMads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold, Anne Louise Hassing, Alexandra Rapaport, Lars Ranthe, Ole Dupont

Durata: h 1.46
NazionalitàDanimarca 2012
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 2012

•  Altri film di Thomas Vinterberg

Trama del film Il sospetto (2012)

Dopo un difficile divorzio, il quarantenne Lucas ha una nuova fidanzata, un nuovo lavoro e sta rimettendo in sesto il complicato rapporto con il figlio adolescente Marcus. All'improvviso però le cose volgono al peggio. Una bugia comincia a diffondersi come un virus invisibile nella comunità in cui vive. Sotto shock, Lucas si ritrova accusato di pedofilia, un crimine che non ha commesso, e, travolto da una sorta di isteria collettiva, deve combattere un'aspra battaglia per riappropriarsi della propria vita e della propria dignità. 

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Voto Visitatori:   8,17 / 10 (122 voti)8,17Grafico
Miglior attore (Mads Mikkelsen)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior attore (Mads Mikkelsen)
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Voti e commenti su Il sospetto (2012), 122 opinioni inserite

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Tuco ElPuerco  @  02/09/2013 14:14:56
   7 / 10
Mikkelsen mi piace molto , il film non è male.

sandrone65  @  30/08/2013 00:44:59
   9½ / 10
"Il Sospetto" è un film magnifico, uno dei migliori che abbia mai visto. E' davvero raro che un regista riesca a trascinare lo spettatore in una identificazione così straziante con il protagonista. Un uomo innocente ingiustamente accusato dall'innocenza stessa, personificata da una bambina, e tutto ciò che segue è per lui un baratro da cui gli sarà impossibile uscire completamente. Grandioso il rapporto con il suo migliore amico, padre della bambina, letteralmente sprofondato nel dilemma che nasce dalla volontà di credere al suo amico contrapposta alla necessità biologica di proteggere sua figlia ad ogni costo. Il film si avvale di un'atmosfera livida, crepuscolare, che accentua il senso di disperazione indotto dalla vicenda, e lo spettatore si ritrova a condividere l'impotenza del protagonista, perchè vorrebbe "entrare" dentro al film e dire a tutti come stanno le cose, ma non può.
Senza dubbio tra i migliori film degli "anni 10"... come si dirà tra qualche decennio...

calso  @  29/08/2013 17:49:51
   7½ / 10
Film drammatico su come una persona possa essere distrutta dall'opinione pubblica in pochissimo tempo senza possibilità di difendersi ma solo per delle voci...e d a lì si dipana questo bel film drammatico danese assolutamente da vedere

Invia una mail all'autore del commento Andrea Lade  @  25/08/2013 21:04:40
   8 / 10
Gran bel film coraggioso, che denuncia il pregiudizio di una piccola comunità danese nei confronti di una vicenda (forse) mai accaduta e solo presunta. La tensione si taglia con un dito e senza particolari stravolgimenti narrativi si riescono a toccare momenti di reale suspance. Il protagonista merita ampiamente il premio di Miglior Attore e anche la regia si esprime in modo lineare e coinvolgente. C'è però qualcosa di esagerato nello sviluppo della trama : le reazioni dei componenti del villaggio diventano man mano sempre più eccessive ed in alcuni momenti , con un pizzico di umorismo si accenna all'inverosimiglianza. La pesantezza del pregiudizio inquina soprattutto la seconda parte del film che, secondo la mia opinione, è a tratti irrealistico. Eccezionale la fredda fotografia che accentua il tono crepuscolare di tutti i personaggi e dell'intera storia.

vittorioM90  @  22/08/2013 10:25:56
   9½ / 10
"Il sospetto" di Thomas Vinterberg è un film immenso. Nel senso che è immensamente potente. Immensamente bello. Scritto immensamente bene. Fotografato alla perfezione. Con una prova immensa dell'attore protagonista Mads Mikkelsen che non per niente ha vinto il premio come migliore attore a Cannes.
Lo dico con sicurezza: uno dei film più belli che abbia mai visto in vita mia. ED E' IL FILM CHE PIU' HO ODIATO. L'ho odiato in ogni singolo fotogramma, in ogni singola scena, in ogni singolo dialogo. L'ho odiato si. Perché è perfetto, perché è realistico. Perché ha il coraggio di mostrarci una realtà che forse è accaduta, accade ed accadrà, da qualche parte del mondo. Perché siamo umani, perché questa è la nostra natura. E lo fa senza fronzoli, senza poesia. Senza vie di fuga. Una storia inventata ma pienamente vera, dove non c'è il minimo spazio per l'immaginazione. E così ti ci ritrovi immerso, al punto di affogare, senti quella storia vicinissima, soffri.

Tutto è perfetto. A livello artistico si tratta di un'opera ineccepibile.
Ma io quella realtà non la volevo vedere.

Maledetto il giorno che mi sono convinto a vedere questo film straordinario. Maledetto il giorno in cui ho dato ascolto alle recensioni entusiastiche. Maledetto il giorno in cui ho dimenticato la mia sensibilità.
O forse: Benedetto il giorno che mi sono convinto a vederlo, a trovarne il coraggio.

Si, stanno così le cose. Non posso pentirmi di aver visto un film di una potenza così folgorante.
Un film che lascia senza fiato.

Perché si parla di un terribile sospetto infondato che rovina la vita di un uomo per bene, a cui non crede più nessuno. Un ottimo maestro d'asilo accusato di pedofilia. Noi spettatori sappiamo che è innocente, ne abbiamo la certezza, ma agli occhi di tutti diventa un pervertito per una menzogna inventata da una bambina, la figlia del suo migliore amico. E quel sospetto diventa una condanna senza scampo. Una condanna a vita. Si perché nonostante non abbia fatto niente e venga dichiarato innocente, nonostante non sia arrestato perché il crimine non c'è stato, resterà sempre colpevole di fronte agli occhi della gente. Ci sarà sempre chi dubiterà di lui, anche tra quelli che un tempo erano suoi amici.

"I bambini non mentono" si dice e nessuno così gli crede. Si consuma così il terribile dramma di un uomo e di suo figlio, la cui vita non sarà più la stessa. Almeno non lì. Non in quel paese dove sono cresciuti e che un tempo consideravano casa.

E così ci si incazza nel vedere questo film e ci si sente impotenti, si vorrebbe essere lì dentro la pellicola a provare a spiegare a tutti che Lukas è innocente. Urlarglielo. Magari prendere a schiaffi qualcuno. Si, volevo entrare dentro il film ed urlare. E quando un regista riesce a creare questo, vuol dire che ha fatto qualcosa di grandioso. Si resta senza respirare, perché non c'è proprio un minimo di ossigeno, un minimo bagliore di luce. C'è chi lo ha accostato a Dogville, ma diavolo, in Dogville alla fine vengono uccisi tutti. E godiamo di santa ragione.
Qui no. Soffriamo e basta. E' estremamente emozionante ma le emozioni sono tutte negative, ed io un film così non lo concepisco, mi dispiace. Ho bisogno di quella "grotta magica" quando Melancholia sta per scontrarsi e qui non c'è. E non mi basta la bellissima scena dell'amico che si decide alla fine a credergli, dopo aver sempre avuto un qualche dubbio. E non mi basta la splendida figura del figlio, l'unico a non dubitare mai del padre. E non mi bastano le tante altre scene di una bellezza disarmante, come quella, in primis, di Lucas che alla fine prende in braccio la bambina che l'ha accusato ingiustamente (perché lui non l'ha mai condannata, l'ha sempre compresa.)
Non mi basta, perché c'è troppa cattiveria...e troppa poca speranza.

Ma è un film straordinario. Niente da aggiungere. Se dovessi dargli un voto non potrei non dargli un 10 pieno per intenderci, pur essendo l'opposto del cinema che piace a me. Spietato, crudele, ma davvero grandioso. E lo sto amando alla follia, pur odiandolo con tutto me stesso.

marco86  @  31/07/2013 12:13:13
   9 / 10
sono tanti gli spunti di riflessione offerti da questo bellissimo film, al punto da poterlo considerare un vero e proprio bignami di Psicologia Sociale.

partirei col dire che "ogni fatto è reale comunque nelle sue conseguenze" (la chiave è nel "comunque"). la frase mi pare abbastanza autoesplicativa.

poi c'è il discorso del gruppo/comunità che ha bisogno di un capro espiatorio.

poi c'è da riflettere sull'ambiguità intrinseca alle cose umane ("la vera ambiguità è la vita che viviamo"). la comunicazione verbale e non verbale tra esseri umani è carica di ambiguità, di fraintendimenti, di omissioni, di mezze verità... e così, da quando i colleghi del protagonista si convincono che egli sia un pedofilo, iniziano ad interpretare ogni suo gesto in maniera coincidente con la loro supposizione.

infine, le profezie che si autoavverano.
cioè, non è che lui diventi un pedofilo dopo che viene accusato. ma, perlomeno, inizia a comportarsi in modo da alimentare i sospetti, scivolando in una spirale di violenza quasi no-sense da ricordare il Fargo dei Coen.

il finale pessimista è un vero pugno allo stomaco.
primo film che vedo del regista, ma piacevolissima sorpresa. andrebbe lodato anche per gli attori e la regia, ma ora devo andare a mare e non faccio in tempo. ciao.

heisenberg  @  23/07/2013 10:35:07
   9 / 10
CHE FILMONE.Mai provata tanta rabbia vedendo un film.Il finale conclude la storia in modo magistrale.

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Larry Filmaiolo  @  30/06/2013 19:54:08
   7½ / 10
Gran bel dramma; non poche le analogie con Festen, sempre di Vinterberg (riferimenti non solo a tematiche e contenuti, ma anche presenza dell'allora attore protagonista in qualche breve apparizione). Magistrale il finale dove

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ps solo io ho notato Refn nella riunione di famiglia finale, o era un miraggio?

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Ultima risposta 29/07/2013 20.49.40
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR 1819  @  29/06/2013 14:35:14
   8½ / 10
Fortissimo e duro come un pugno nello stomaco, questo film non dà tregua.
Molto curato nei particolari, pur apparendo semplice e lineare di primo impatto, rivela tutta l'attenzione ai dettagli che sono un ottimo regista può realizzare; riuscito per esempio il minimo utilizzo delle musiche. La vicenda narrata è di un realismo tale che risulta facile fraternizzare col protagonista. A tal proposito, monumentale la recitazione di Mads Mikkelsen, capace di sguardi magnetici e dai mille significati, davvero talentuoso.
Una visione non per tutti, è inteso, ma quasi obbligata per gli appassionati.

dils  @  24/06/2013 10:03:56
   8 / 10
Uno splendido film, autentico, crudo penetrante. La regia di Vinterberg è straordinaria i capisaldi del movimento Dogma 95 sono visibilmente espressi e conferiscono alla pellicola quel giusto carattere di quotidianità e profondo realismo, che quasi spaventa. Lucas il nostro protagonista interpretato magistralmente da Mads Mikkelsen è una vittima a tutti gli effetti, conduce lo spettatore nella graduale distruzione della sua esistenza, portandolo in un vortice dal quale non si riesce ad uscire. Il sospetto è un qualcosa che nasce da una supposizione, riesce a penetrare cosi velocemente nella realtà da confondere la verità, vero o falso non esistono più, ciò che è stato detto e supposto ormai è verità assoluta qualsiasi cosa si faccia o dica per cambiare non è più possibile, l'innesto del sospetto ha già messo le radici e come un edera velenosa cresce a dismisura senza limiti. Consigliatissimo

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vale1984  @  17/06/2013 09:03:10
   7 / 10
film interessante con un bravo protagonista e con un buon finale. Una comunità che si stringe fino all'eccesso ed un dubbio che attraversa il film ma che fa rimanere dalla parte del protagonista...non si capisce bene eppure gli si crede sempre. Buon risultato anche se lento e non troppo avvincente.

MonkeyIsland  @  14/06/2013 20:18:33
   9 / 10
Film Esagerato.

Grande Vintenberg che ci mostra quanto sia pericolosa la bigottaggine della gente e mostruoso Mikkelsen giustamente premiato a Cannes . Finale a libera interpretazione, anche se per me il film poteva concludersi con

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benzo24  @  11/06/2013 09:45:46
   8½ / 10
Bellissimo e poi Mads è da oscar!

Ciaby  @  10/06/2013 16:35:52
   6½ / 10
Un ottimo film fino alla scena in chiesa, poi inizia a sbrodolare e andare verso una conclusione semplicistica e per nulla soddisfacente. Un racconto che voleva emozionare e non ci riesce del tutto. La regia di Vinterberg e l'eccellente prova recitativa del protagonista lo rendono comunque un film riuscito.

slint  @  04/06/2013 23:08:06
   8½ / 10
Un film che emoziona...ultimamente ce ne sono sempre meno..
Da non perdere assolutamente.

shock1  @  21/05/2013 10:30:46
   8 / 10
La cosa che più mi ha colpito è la semplicità e la linearità di questo dramma. Quanto è facile massacrare psicologicamente e fisicamente una persona per bene. Quanto è devastante la macchina del fango. Qui tutto è rappresentato alla perfezione

maitton  @  20/03/2013 10:21:48
   8½ / 10
al termine della visione, ho provato una sensazione che raramente avevo provato prima.
la sensazione di trovarmi di fronte ad un film che e' gia' un classico.
il suo peso specifico e'enorme e credo che col passare del tempo ne acquisira' sempre di piu.
per certi versi, e facendo le dovute proporzioni (mai di troppo quando si citano autentici capostipiti) mi ha riportato alla mente M., di Lang.
come nel lavoro del tedesco grande peso ha l'opinione pubblica (sebbene nell'opera del tedesco sia mossa in parte da interessi anche di natura mafiosa), ma se in M. il mostro e'reale ed il messaggio e'che ognuno merita un processo, fosse anche il peggior uomo sulla terra, in questo e'la stessa opinione pubblica a condannare (e a segnare per sempre) preventivamente la vita di un uomo innocente.
e quale migliore prova della testimonianza di un bambino che a macchia d'olio si espande?
e'risaputo che i bambini dicono sempre la verita'.
e'vero bastano pochi minuti per capire quello che sta per succedere, ma e'altrettanto vero che la drammaticita' degli eventi e'messa in risalto proprio dal fatto che in quegli stessi pochi minuti capiamo che per il protagonista non ci sara' via d'uscita.
credo sia questo il principale punto di forza del film, sostenuto da una buona regia che a mio giudizio avrebbe potuto osare anche di piu' sfruttando magari meglio e in piu'occasioni il silenzio assordante del dramma vissuto da Lucas.

credo sia un film grandissimo, destinato a rimanere nella mente (e nel cuore) per molto tempo.
forse, quel finale

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Ultima risposta 20/03/2013 13.32.00
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barone_rosso  @  09/03/2013 23:11:03
   7½ / 10
Indubbiamente un ottimo film, quello che mi ha lasciato perplesso non è tanto la trama (assolutamente realistica) quando alcune scene che sono un po' una forzatura. Capisco che siamo in una piccola comunità, ma addirittura arrivare

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  02/03/2013 00:05:21
   9 / 10
"Questa faccenda del mentire e del dire la verità è una lunga storia, è meglio non azzardare giudizi morali assoluti perché, se daremo tempo al tempo, arriverà sempre il giorno in cui la verità diventerà menzogna e la menzogna si trasformerà in verità."
(José Saramago)




Quando a mentire poi è l'innocenza assoluta, trasfigurata nel visetto di una bambina che "non dice bugie", come tutti i bambini, l'affare si fa scottante.
Ed è un film coraggioso, Il Sospetto (ma meglio l'originale "La caccia") nel delineare un tema pesantissimo attraverso il "sospetto" di una tematica altrettanto tabù come la pedofilia.
Vinterberg dirige il suo lavoro migliore dopo essersi perso in seguito all'esordio Festen, e lo fa nella maniera migliore: caro alla scuola del maestro Von Trier, la trama è un pugno nello stomaco sferrato con ferocia inaudita e con un escalation di violenza e crudeltà che spesso possiamo osservare solo nel cinema norvegese dei cineasti Dogma (o ex tali). A Cannes quest'anno è passato un Haneke incontenibile altrimenti non ci sarebbero state storie da quel che ho visto: straordinario Mikkelsen (premiato al festival) che si scrolla di dosso il pur ottimo personaggio di Le Chiffre in Casino Royale per cui era universalmente noto.
Diretto e sceneggiato da qualcun altro sarebbe potuto venir fuori tutt'altra cosa: immagino un giallo costruito sull'ambiguità in cui solo nel finale veniamo a sapere dell'innocenza del protagonista, con intricati flashback e quant'altro. Vinterberg non ha alcun interesse in questo, ci introduce subito il protagonista e subito lo assolve rendendolo di fatto il personaggio più bello ed "eroico" dell'intera pellicola; non l'unico che si comporta in modo assennato (ma son pochissimi quelli che gli credono) ma proprio perché coinvolto in una vicenda più grande di lui e di cui non ha alcuna colpa, come da copione hitchcockiano, svetta la sua etica. Non si difende dalle accuse accusando chi l'ha messo nella situazione orribile come farebbero in molti al suo posto, non lo fa nemmeno il regista: i bambini, anche se bugiardi, sono assolti. Gli adulti e medio-borghesi proprio no, vengono fatti a pezzi contestualmente al loro comportamento ipocrita, rozzo, violento.
Potrebbe essere, questo gran film, un trattato di sociologia; analizza una comunità per allargarsi in fondo al mondo intero con una situazione molto più comune di quel che immaginiamo, cogliendo molti meccanismi della società fino in fondo. Ma non potrebbe essere un'analisi sociologica. Non potrebbe esserlo perché le forzature non mancano e sono volute, il regista spinge con forza sul sadismo spinto stordendo lo spettatore partecipe dell'inferno in cui il protagonista, suo malgrado, precipita.
Ed è davvero bella la metafora della caccia che si rifà al titolo originale. Quell'epilogo è costruito davvero molto bene, quelle occhiate, l'abbraccio con chi pur avendolo fatto piombare nel dolore non aveva colpa, poi lo sparo. L'avvertimento.





"Nessuna salvezza è sufficiente, ogni condanna è definitiva."
(José Saramago)

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Ultima risposta 24/06/2013 10.55.21
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Invia una mail all'autore del commento Laisa  @  01/03/2013 05:11:18
   7½ / 10
la rabbia del rifiuto che diventa vendetta, e in particolare calunnia, è molto comune... ma in una piccola comunità di paese questo significa orrore, caccia alle streghe...vita pubblica distrutta

non mi stupisce l'ottusità dilagante, il sospetto che si insinua e diventa realtà... però a volte le scene risultano forzate...nessuno instilla un dubbio contro il "sospetto", mai


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e l'epilogo

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andreacinico  @  26/02/2013 18:10:18
   9½ / 10
Un film formalmente perfetto sotto tutti i punti di vista: dalla regia alla fotografia, la prova attoriale e soprattutto la sceneggiatura, magistralmente strutturata nei minimi particolari, che riesce a suscitare maggiormente le emozioni dello spettatore proprio nelle sequenze apparentemente meno significative: penso alla scena in cui il protagonista prende in braccio la bambina per farle attraversare un corridoio fatto di piastrelle piccolissime aiutandola, così, a "non calpestare le linee"; un misto di ansia e paura probabilmente dovute all'empatia che il fruitore sviluppa nei confronti del personaggio interpretato dall'ottimo Mikkelsen. Mi sorge un parallelo con l'omonimo film di Hitchcock dove una delle scene con più suspense è proprio quella in cui Cary Grant porta "semplicemente" un bicchiere di latte a Joan Fontaine che interpreta sua moglie.
Complimenti a Vinterberg per aver rappresentato una tematica scottante su cui, alla fine, vale sospendere giudizi morali. Forse il tema centrale è proprio l'impossibilità di raggiungimento della verità come sottolinea la stessa bambina che, annebbiata dalle convinzioni rigide dei grandi, non sa più se quello che ha detto è successo veramente o no.
Non me la sento di condannare la comunità per il suo atteggiamento (miope!?) nei confronti di un individuo giuridicamente innocente, così come non colpevolizzo il protagonista per essere rimasto dove ormai nessuno più lo accettava (probabilmente la motivazione è nel voler difendere le proprie ragioni fino in fondo).
La regia mantiene uno stile residuale del Dogma con montaggio destrutturato ed alcuni movimenti di macchina in soggettiva ma sempre in maniera molto mitigata rispetto, ad esempio, all'esasperata prima parte di Melancholia di Von Trier.
Molte le sequenze memorabili come quella durante la messa natalizia (e qui il sadico sceneggiatore-regista pone di fronte a Lucas-Mikkelsen un coro di bambini con tutti i sottotesti possibili!) o il geniale finale che incarna tutte le tematiche del lungometraggio.
Proprio l'ansia e la rabbia che la pellicola ha suscitato in me per un mondo imperfetto ed in bilico, dove un niente può generare situazioni kafkiane senza soluzione, mi fanno decretare la perfetta riuscita dell'opera.

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Ultima risposta 01/03/2013 17.13.41
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Badu D. Lynch  @  26/02/2013 12:40:52
   9 / 10
Capolavoro.
Tra i migliori film che ho visto recentemente insieme a Django Unchained, Holy Motors e Hors Satan.

Un'intensa, emozionante e devastante pellicola.. Una lunga discesa verso l'inferno..
Un immenso Mads Mikkelsen e un grandissimo Thomas Vinterberg.

TheLegend  @  25/02/2013 04:40:17
   7½ / 10
Film che mette in luce come basti il sospetto per rovinare una vita e come sia difficile riottenere la dignità persa.
Un buon film impreziosito come sempre dalla prova di Mads Mikkelsen.

tumbleweed  @  24/01/2013 16:25:38
   7½ / 10
Il sospetto rimane sospetto anche dopo la fine, nonostante la VERITA'. Prende molto questo film, che di certo non si scorda. Ecco, mi sono ritrovata molto nella bambina che non vuole calpestare le righe...

Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  22/01/2013 14:47:16
   6 / 10
Vinterberg ti invita sulla sua giostra e non vuole sentire repliche. Ha dalla sua lo strumento cinematografico e le sue immagini, e gioca con lo spettatore. Questo non si deve fare. No, no, no.
Già dopo dieci minuti senti come un groppone in gola che ti fa odiare il film, si sente già quel profondo senso di ingiustizia prima che ancora debba accadere tutto.
Il solo fatto di mostrare il grande Mikkelsen pulire il sedere di un bambino diventa un pugno nello stomaco. Squallido (e superfluo) feticismo per i particolari.

La bambina viene dipinta come se fosse il male, non sono rari i casi in cui la telecamera si sofferma sul suo volto tutt'altro che innocente; poi divide la cittadina in "buoni" e "cattivi", senza instillare il dubbio in alcuno, senza usare il beato strumento cinematografico per dipingere la fragilità umana. Piuttosto lo usa per dare per acquisita la propria sentenza.

Non manca la retorica, rafforzata dall'incompetenza incomprensibile dei colleghi di lavoro del protagonista. L'assunto "i bambini dicono sempre la verità" viene considerato legge, quando è l'ultima cosa vera in questo mondo dopo le promesse dei politici. Tutto ciò che circonda la vittima è frutto di stupidità piuttosto che di malvagità, stupidità difficile da accostare in una zona così progredita come il Nord Europa.

Mi è sembrato tutto così forzato, tutto così meschino, da farmi odiare a tratti alcuni passaggi. Siamo distanti anni luce dal malessere di Von Trier o dalla lucidità di Haneke.

Peccato, perché un paio di scene sono davvero notevoli.

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Ultima risposta 24/01/2013 20.41.03
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR oh dae-soo  @  10/01/2013 17:23:20
   10 / 10
presenti spoiler, rece lunghissima perchè il film è un capolavoro, astenersi dal leggere persone dotate di cervello.

Il Sospetto è il mio. Quello che probabilmente ho visto il più bel film dell'anno già il 9 Gennaio.
E ringrazio il cielo che una multisala di qua l'abbia recuperato in singola data come rassegna d'autore.
E ringrazio il cielo di esser stato da solo al cinema per poter vivere liberamente una delle più intense, emozionanti e massacranti visioni di questi ultimi anni.
Il tema della piccola comunità e dei danni che può arrecare mi ha sempre affascinato.
Mi vengono in mente tre esempi diversissimi tra loro ma che analizzano in modo spietato tutte quelle dinamiche, tutti quei retaggi culturali, tutti quei pregiudizi che aleggiano, purtroppo, in queste comunità ristrette.
Tre film che per motivi diversi ho amato moltissimo poi: Dogville, Calvaire e Il Vento fa il suo giro.
Beh, Il Sospetto è superiore a tutti.
Lucas lavora in un piccolo asilo di un non meglio precisato piccolo paese nordico, danese per la precisione.
Un giorno, per semplice ripicca, una bimba lo "accusa" di averla molestata.
Lucas è innocente.
Sarà un'inferno.
Raramente ho fatto così fatica nella visione di un film.
Un malessere incredibile -un misto di rabbia, speranza, incredulità, tristezza- mi ha accompagnato fino, e ben oltre, i titoli di coda.
Il problema è che sto film è perfetto, c'è poco da dire.
Come tratteggia questa pellicola i caratteri dei propri personaggi e le relazioni tra di essi è qualcosa di incredibile. Ovvio il merito anche di un cast in stato di grazia con, ovviamente, su tutti un monumentale Mads Mikkelsen ( il One-Eye di quel quasi indecifrabile film che è Valhalla Rising). Ma gli altri non sono da meno, suo figlio, i suoi due migliori amici, la bimba, la direttrice dell'asilo, chapeau a tutti.
La vicenda ricorda moltissimo quella vergognosa pagina di cronaca italiana che è Rignano Flaminio, quei bimbi molto probabilmente aiutati e manipolati dai genitori a s*******re, incolpare e rovinare le maestre di quell'asilo.
Lucas sarà messo all'indice, tutto il paese non passerà nemmeno per la fase del sospetto ma direttamente a quella della certezza che lui sia un pedofilo. Non solo, dall'accusa di una sola bimba si arriverà a quella di molti altri. Lucas è un uomo buono, puro, semplice. Inizialmente non riesce a reagire tanto assurde e infamanti sono le accuse rivoltegli (sta lì in silenzio, il suo atteggiamento è così passivo che può davvero esser scambiato per colpevolezza), poi la sua dignità di individuo lo porterà a una ribellione (e a due scene di una bellezza disarmante).
Sceneggiatura fantastica sorretta da dei dialoghi veri come pochi e da delle sequenze di un'intensità pazzesca.
Ma sono i personaggi a fare la differenza.
Lucas, un uomo che da un giorno all'altro si ritrova ingiustamente etichettato come mostro, malato. E' un inferno così vero, tangibile e al contempo così assurdo che arriviamo a un livello di empatia rara nel cinema.
Klara, la piccola bimba che inconsciamente fa iniziare tutto. Impossibile colpevolizzarla, per lei era poco più che un capriccio di pochi secondi. Saranno gli adulti a manipolarla.Come tutte le bimbe Klara è innocente.
Theo, il migliore amico di Lucas è un personaggio indimenticabile, un uomo che per difendere sua figlia non può non preoccuparsi e temere che tutto sia vero ma che sotto sotto lui sa che quell'amico è una persona perbene. Sarà travolto dal paese e dalla moglie ma il suo dubbio è una delle più belle caratteristiche del film e colonna portante della sceneggiatura.
Marcus, il figlio di Peter, anche lui tratteggiato in modo così vero e delicato da alzarsi in piedi. Rappresenta la parte più ribelle di Peter, quella di un ragazzo pronto a far di tutto per difendere il padre. La scena della visita a casa di Theo è straordinaria, così violenta, intensa, disperata. E quello sputo a Klara...
Pur essendo essenzialmente un film di atmosfera e intensità (quella malata, sporca di un certo cinema nordico, Von Trier in testa, ma del resto Vinterberg, il regista di questo strepitoso film, era uno dei Dogma) Il Sospetto regala una serie di sequenze strepitose.
Alla già citata scena del figlio impossibile non aggiungere le due sequenze che raccontano il cambiamento di Peter, la voglia di dimostrare a tutti che lui non deve vergognarsi di nulla, la sua ribellione. Parlo del supermercato, di quel ritorno lì dentro sanguinante e ancor più della Chiesa, roba da cinema di livelli altissimi.
Lì dentro c'è tutto il paese, è Natale, Peter sfida il mondo intero ed entra. Lo sguardo che per due volte manda indietro a Theò ha una potenza non descrivibile, io avevo la pelle d'oca. Sono contento che sia stato preso per la locandina. Credo che sia la scena madre del film e uno degli sguardi più intensi e carichi di significato visti recentemente al cinema.
Ma poi Vinterberg completa il suo capolavoro con quelli che a me piace definire 3 finali di uno stesso film.
Poteva essere finale, un finale aperto, Theò che guarda mangiare Lucas a casa sua. Noi sappiamo cosa è successo nella testa di Theò ma non avremmo potuto sapere il poi. Sarebbe stato un finale magnifico, sospeso.
Poteva essere finale, un finale stavolta positivo, Lucas che prende in braccio Klara. Anche qua l'emozione è forte e il cerchio si sarebbe chiuso così perfettamente da batter le mani.
Sarà invece finale, un finale più amaro ma forse più giusto, quello sparo, quell'immaginazione.
Da vicende così non si tornerà mai più quelli di prima, impossibile.
E i demoni non verranno mai scacciati completamente.
Lucas, il tuo inferno non è finito.
Nè mai finirà.
Ma sono fiamme e sofferenza sotto un cielo almeno ora stellato.

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Ultima risposta 26/02/2013 14.11.34
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Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  04/01/2013 23:29:34
   5 / 10
ATTENZIONE CONTIENE SPOILER

Il potere distruttore del dubbio, la ridiscussione di certezze antiche (la verità sulla bocca dei bambini) e il palesarsi della vera natura aggressiva dell'uomo con il male più assoluto (la pedofilia). Vinterberg mette in scena il ritratto di una piccola comunità tranquilla e pacifica che si dissolve man mano che il dubbio, Il sospetto si insinua in essa. Dramma umano e collettivo quindi, ambizioni di ricerca psicologica altissima per un lavoro che a me ha lasciato altamente perplesso.

Lasciando ai manuali lo stile grezzo del Dogma, Vinterberg usa un rigore più classico (nonostante qualche isolato, e per questo ancor più irritante ed inutile, vezzo come zoom e cambi di fuoco del tutto fuori contesto) per descrivere la discesa nel fango del protagonista, uno straordinario (come tutto il cast) Mads Mikkelsen.

Dopo una prima mezz'ora introduttiva molto ben fatta, capace di farci immergerci nella comunità di paese, il film crolla per carenze narrative molto gravi per un'opera di tale ambizioni. La scena dell'incontro tra la bambina e lo psicologo è totalmente inverosimile per come l'uomo quasi mette in bocca alla vittima quell'atroce verità. Da qui in avanti nessuno a più dubbi e la narrazione procede con scene madri che ci costringono a sussulti emotivi tirati fuori con il bisturi. Un cinema che a me pare ricattatorio, che guida lo spettatore verso i sentieri dell'autore senza una vera possibilità di scelta. Le umiliazioni subite da Lucas procedono in modo forzato, aiutati da un personaggio, il suo, troppo piatto e arrendevole all'inizio, e fin troppo scientifico nella propria rivolta dopo. (Nonostante la bravura dell'attore). Sembra quasi che Lucas non viva di emozioni proprie, ma troppo figlio delle intenzioni morali e di racconto di Vinterberg. Un limite enorme per un qualsiasi personaggio, filmico o letterario.

E' assente quindi una capacità di dar vita a personaggi credibili, con richiami al perdono e alla vendetta assolutamente richiesti, ma che vengono affrontati con superficialità ed eccessiva enfasi drammatica da una sceneggiatura che perde i pezzi poco a poco. La scena della chiesa, momento fondamentale dell'ultima parte del film, andava sviluppata con maggiore coerenza e capacità di messa in scena, riducendo la rabbia e le cicatrici dell'animo di Lucas in una scenata inverosimile (dopo esser stato bandito, e linciato, praticamente in ogni luogo del paese, egli può picchiare il suo vecchio migliore amico senza nessuna conseguenza personale. Il fatto che si è in una Chiesa non giustifica la mancanza di sbocco narrativo in questa direzione).

Fortunatamente non si scivola mai nel thrilling vero e proprio o nella ricerca di un colpevole (anche se è molto ambigua e non necessaria la scena tra la bambina e il fratello maggiore poco prima dell'arrivo della nevicata).

Alle carenze strutturali Vinterberg sopperisce con un talento diseguale, ma quando il montaggio (e le azioni) lasciano spazio alla riflessione alcuni momenti sono riusciti e toccanti. Davvero sprecato è lo splendido finale, un'ammonizione e un presagio insieme. Niente verrà dimenticato o perdonato, non solo la verità o la menzogna, ma anche solo un sospetto.

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  27/12/2012 18:41:59
   9 / 10
"In una buia notte d'inverno del 1999, ho sentito bussare alla mia porta. Sotto la neve, davanti a me, c'era un noto psicologo infantile con alcuni documenti sui bambini e le loro fantasie. Voleva parlarmi di "memorie represse" e, cosa ancora più inquietante, della sua teoria che "il pensiero è un virus". Non l'ho fatto entrare. Non ho letto i documenti. Me ne sono andato a letto, invece. Dieci anni dopo avevo bisogno di uno psicologo e l'ho chiamato. Per una forma di cortesia tardiva ho letto quei documenti e sono rimasto sconvolto. Ho sentito che, in quei documenti, c'era una storia che andava raccontata. La storia di una moderna caccia alle streghe. Il film è il risultato di quella lettura".
Thomas Vinterberg

Spoiler presenti.

Il fatto che noi spettatori veniamo portati a conoscenza della verità distorce enormemente il metro di giudizio, lo plasma, come è logico che sia, a favore del povero Lucas. Quello che per la comunità della cittadina dove avviene il presunto abuso è un terribile sospetto, per noi è la certezza di uno sbaglio.
Questa premessa è fondamentale, perché quando nella realtà si innescano simili meccanismi, dove i protagonisti dell' accusa di un deplorevole episodio come quello di un abuso sessuale sono un adulto ed una bambina, in mancanza di testimoni, la verità assoluta la conoscono soltanto loro.
Proviamo a pensare alla stessa, identica, struttura narrativa del film con la variante del dubbio concesso anche a noi spettatori, pensiamo cioè se il regista avesse optato di tenerci all'oscuro su quello che realmente (non) è successo tra Lucas e la piccola Klara ed avrebbe invece giocato sul piano ambiguo delle rivelazioni di una bimba senza i fondamenti della certezza, i mostri (forse) non ci sarebbero sembrati più tali.
La scelta di Vinterberg di rivelare lo stato delle cose senza abbandonarci all'ombra del dubbio, ( Lucas ci viene mostrato per l'uomo che è, corretto nell' affrontare i problemi di un difficile divorzio con la ex moglie, disponibile e gentile con i suoi amici, buono e dal comportamento irreprensibile con i bambini della scuola e soprattutto impeccabile nel gestire l'episodio del regalino rivelatore della bimba nei suoi confronti ) introduce un elemento cardine in tutti i casi di dito puntato verso un uomo da parte di altri uomini, quello del pregiudizio.
Conoscendo la verità, a noi risulta subito facile empatizzare con Lucas e condannare l'intera comunità che gli si scaglia contro, trovando assurdi e completamente fuori controllo gli atteggiamenti a lui rivolti, tuttavia non riesco a togliermi dalla mente il pianto di un padre impotente di fronte all'impossibilità di conoscere la verità, il tarlo ormai si è insediato, non ci sono confessioni, assoluzioni, sguardi, che possano donare la serenità precedente al presunto fatto. I "non lo so, non sono sicura, non ricordo" iniziali della bimba o il "ho detto delle cose stupide, Lucas non ha fatto niente!" confessato dopo, possono in qualche modo infondere quella serenità che, in questi casi, solo una certezza può dare?
Lucas a noi ci appare sincero perché sappiamo che lo è, non è così per i genitori dei bimbi e dell'intera comunità che di fronte all'impossibilità di avere la verità in tasca si aggrappano al luogo comune, in loro si installa l'esigenza di ristabilire ordine e tranquillità ad ogni costo, il sospetto è un fardello troppo pesante da portare, gestirlo richiede comprensione, saggezza, ricerca profonda dei misteri dell'animo umano, controllo dei sentimenti, meglio tramutarlo immediatamente in certezza assoluta, Lucas diventa capro espiatorio, non esiste legge che lo possa scagionare, è il tribunale degli uomini a condannarlo, è la legge della natura che rigetta l'aberrazione del sesso tra adulti e bambini ad accecare completamente gli occhi di tutta la comunità, la preside, lo psicologo, le maestre, gli amici, la fidanzata, tutti non nutrono dubbi: Lucas è colpevole.
Il film quindi si basa sul pregiudizio, su ciò che, in mancanza di verità e condizionati dai luoghi comuni, ci si aggrappa per far sì che un qualcosa è e che non è possibile che non sia, soprattutto quando si trattano certi argomenti, si entra nel sentiero della persuasione e dell 'autoconvincimento, si arriva all'indiscutibilità del giudizio analitico. Ho trovato questo film straordinario proprio perché concede il diverso punto di vista, quando non si può conoscere la verità attraverso gli occhi, bisogna cercarla con la ragione, gli uomini della comunità dove è nato e cresciuto Lucas non sono stati testimoni oculari, hanno diritto al sospetto ma non alla condanna, la verità è divisa in parti uguali, i fatti di cui noi spettatori siamo a conoscenza ci confermano infatti che non è vero che "i bambini non mentono mai", sono un universo inesplorabile, ottenebrato e pieno di contraddizioni, attraverso il quale la realtà può apparire distorta e confusa, condizione che purtroppo però conoscono bene anche coloro che veramente si approfittano di loro e di questo ne traggono beneficio.
La logica vorrebbe che ad un episodio di cui non si conosce la verità, debba seguire prima il sospetto e poi, eventualmente, una qualche certezza, qui avviene il contrario, immediatamente tutti hanno la certezza che Lucas sia responsabile, non c'è un percorso di indagine, se non breve e di comodo (l'interrogatorio dello psicologo e le conclusioni della preside), la violenza con la quale è investito l'intero paese con la notizia del presunto abuso genera violenza, non c'è riflessione, il mirino è puntato su quell'unico, presunto, indiziato, all'istante. Soltanto dopo, la certezza incomincia a lasciare il posto al sospetto, quel sospetto che l'ultima magnifica scena, poi, marchia a vita l'incolpevole Lucas .

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Ultima risposta 12/01/2013 15.24.48
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paride_86  @  16/12/2012 04:12:13
   8½ / 10
Con gli anni il regista del celebre "Festen" è migliorato. Abbandonati i dettami del Dogma 95, Vinterberg realizza un film asciutto, sobrio e ben girato, con un gran protagonista.
Il merito più interessante de "Il sospetto" - brutta traduzione dell'originale "La caccia" - è di mostrare che non sempre l'equazione bambini uguale innocenza e verità è affidabile, anzi. Sfatando questo luogo comune il regista ci descrive come un microcosmo fatto di solidarietà, in cui il vicino di casa è anche tuo amico e compagno, possa trasformarsi nel peggiore degli incubi. Sfruttando la metafora della caccia, "Il sospetto" racconta e illustra i meccanismi sociali umani in tutta la loro bestialità.

polbot  @  10/12/2012 23:44:24
   7½ / 10
non geniale come Festen, ma efficacissimo, quanto misurato. Perfetta ricostruzione del "mormorio" che diviene realtà.

gianni1969  @  03/12/2012 17:16:04
   9 / 10
grandissima questa pellicola danese,storia semplice'senza fronzoli ed effetti speciali ma dannatamente efficace. ad averne di film cosi'. veramente consigliatissimo

ValeGo  @  02/12/2012 12:12:55
   9 / 10
Questo film è la prova che senza effetti speciali, senza "attoroni", senza un budget stratosferico si può ancora dire tanto e coinvolgere!

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7219415  @  01/12/2012 10:41:52
   8½ / 10
Bellissimo...quanto era che non vedevo un film così bello al cinema...

Axel  @  01/12/2012 03:26:38
   10 / 10
Un capolavoro, finalmente.

In un ambiente alla Dogville, il protagonista sembra un Cristo laico, disarmante nella sua innocenza, nella forza con cui mantiene la sua dignità (scena del supermercato), nell'amore verso l'Uomo (il suo attaccamento alla sua comunità è consapevole e al tempo stesso animalesco nella sua immediatezza e semplicità - il ruolo della cagnetta nell'economia del film è illuminante), e tuttavia incapace di evadere dalle regole della sua comunità, esattamente come l'Uomo è incapace di evadere dalle regole della Natura.

Invia una mail all'autore del commento palla78  @  29/11/2012 01:23:44
   8 / 10
Visto questa sera. L'unica pecca, forse, ma credo sia tipico dei film nordici, la leggera lentezza del film. A parte ciò è molto bello, ben costruito, pochi dialoghi essenziali. E' brutto vedere a che cosa si può arrivare... Certo, l'ago della bilancia è la preside dell'asilo: dilemma, che faccio? Credo al maestro e rimango comunque col dubbio o credo alla bambina, rischiando, però, la reputazione del maestro? Tutto ciò viene affrontato nel modo sbagliato. Ok, hai un dubbio, ma circoscrivilo... Secondo me avrebbero dovuto subito confrontare la bambina con i genitori e lo psicologo. Così l'hanno fuorviata. Incredibile anche che, per quanto il crimine perpetrato fosse odioso, l'intera comunità, eccetto il padrino del figlio, lo abbia messo in un angolo, per un solo sospetto. La domanda è: come si sarebbe comportato chiunque di noi se fosse il padre della bambina? Il finale, poi, è anche peggio:

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  28/11/2012 19:01:36
   7½ / 10
Il sospetto è un seme che può impiantare radici profonde e inestirpabili. Generato dall'innocenza di una bambina, manipolato dall'incompetenza e perpetrato da un'intera comunità che pone il suo marchio infamante ed indelebile, mostrando inoltre la fragilità dei rapporti che la reggono. Mi ha ricordato le vecchie pellicole di Lang e forse lo stesso vinterberg ne riprende la classicità della storia, semplice e potente allo stesso tempo. Pur non essendo esente da qualche forzatura di troppo, le spalle di Mads Mikkelsen sono tanto forti da sostenere l'intelaiatura del film. Un uomo a cui viene tolto tutto tranne la dignità dell'innocente. Ho avuto inoltre l'impressione di una punta di misoginia in questa pellicola. Infatti i personaggi femminili sono dipinti da una luce più fosca, come un elemento che spezza l'iniziale armonia infantile e caciarona tutta al maschile della sequenza iniziale. I personaggi femminili, anche non di primo piano, si rivelano decisivi nella sorte del suo protagonista.

Tuonato  @  28/11/2012 18:32:09
   8 / 10
Agghiacciante infamia gratuita.
Nonostante si siano fatti passi da gigante dai tempi dell'inquisizione, il medioevo può essere comunque dietro l'angolo.
Come non credere alle parole di un candido ingenuo spaurito pargolo? Inutile girarci attorno, per certe accuse c'è incredibilmente da dimostrare la propria innocenza prima che qualche fatto concreto insinui una possibile colpevolezza.
'Il sospetto' scava nei nostri pensieri peggiori, facendo emergere la verità: non ci fidiamo di nessuno, potenzialmente per noi sono tutti dei criminali.
Emozionante, teso, ben recitato. E con fotografia e paesaggi meravigliosi. Vinterberg finalmente di nuovo ai livelli di 'Festen'.

130300  @  27/11/2012 00:35:07
   9 / 10
Senza effetti speciali si può ancora fare un bel film?
Andate a vederlo e avrete la risposta.
Attori, fotografia e regia da massimo dei voti.

Crimson  @  26/11/2012 12:36:47
   8 / 10
Spoiler presenti.

Il sospetto non è una verità. Diviene tale se non viene posta la domanda che contempli l'elemento che possa renderlo evanescente.
Il contesto borghese non prevede la domanda. Dubbio e certezza divengono una sola dimensione con estrema facilità perché continuamente aleggiano su un terreno fertilissimo di contaminazione, composto da convenzioni, tradizioni, rituali, difesa ad oltranza del concetto stesso di famiglia e di comunità. Il gruppo è tutto. La solitudine, quella autentica, non esiste. O meglio, non è socialmente contemplata e valorizzata.
Lo spettatore fin dall'inizio ha le chiavi per poter disporre della verità più importante, ossia che Lucas non ha commesso alcun reato nei confronti di Klara, né tantomeno verso gli altri bambini. Ciò ci libera dal fardello dell'ambiguità, per analizzare con la massima attenzione tutto ciò che avviene nel momento in cui il sospetto è insinuato.
Nella St. Malo de 'Il colore della menzogna' il maestro veniva accusato non solo di pedofilia, ma anche di omicidio. La comunità lo isolava. Eppure, dopo l'affermazione della verità dei fatti, qualcuno era pronto a svegliare il protagonista, suggerendogli il celebre "Rinasci, René". Lucas, del film di Vinterberg, è al contrario solo. Poche persone mostrano di aiutarlo e sorreggerlo (del suo amico tratterò più avanti), uno di essi è il figlio, che gli crede in quanto padre; ma Marcus non ha gli strumenti per suggerirgli ciò che è giusto fare dopo aver appianato la verità, perché è il depositario dei valori di quella comunità, esattamente come lo era stato Lucas tanti anni prima. C'è una discendenza inquietante descritta nel film di Vinternerg, e ritratta con perfidia dietro quel velo di "normalità", come tutti i ritratti realmente audaci del cinema.
Un passo indietro, il più importante a mio avviso, è chiedersi se ne 'Il sospetto' la verità venga affermata. E "quale" verità.
La prima verità è quella in cui in una comunità che vive apparentemente d'amore e d'accordo Lucas è perfettamente integrato sia nel ruolo di "amico" nell'intimità delle mura domestiche (con Theo, soprattutto) e nel gruppo (la caccia, le serate alcoliche, il bagno nel lago gelido come rituale di aggregazione – una meravigliosa scena d'apertura che già ci introduce nel gergo della comunità), che come maestro d'asilo.
La seconda verità è quella che semina la preside Grethe. O meglio, Klara, ma quest'ultima è una bambina quindi nel nostro ragionamento la terremo fuori. Occorrerebbe attribuire il giusto peso alle parole di una bambina. Certo, dopo i fatti ben noti anche nel nostro paese (l'asilo laziale) il tema mostra una certa delicatezza di fondo che non va assolutamente affrontata in maniera grossolana, ma permettete che in questo frangente parliamo di cinema e più che del valore che si può attribuire o meno alle parole di una bambina occorre focalizzarsi sul perché piuttosto non venga dato credito alla parola di Lucas.
Ci si rifugia dietro un luogo comune, innanzitutto: "i bambini non mentono mai su certe questioni, per quanto abbiano una fervida immaginazione". Ci si attiene sull'anomalia tutt'altro che indifferente che Klara conoscesse una certa espressione, ma la si fa passare automaticamente come "verità" senza considerare che ella potesse averla sentita pronunciare dal fratello maggiore che è nel pieno dell'età puberale.
Lo psicologo (?) incalza con una serie di domande scorrette, che indirizzano la bambina verso le risposte che lui vorrebbe sentir pronunciare.
Terza verità, a macchia d'olio: Lucas non solo ha abusato di Klara, ma di tutti i bambini dell'asilo. Anche loro sono stati, a tutti gli effetti, indirizzati verso ciò che gli adulti volevano sentir dire. La fantasia supera la realtà, dunque il seminterrato di casa di Lucas diviene il luogo immaginario degli abusi. Peccato che il seminterrato non esista.
Va avanti il procedimento giuridico per appurare la verità, ma a Vinterberg non interessa più di tanto. Quel che egli vuol mostrarci è il tentativo disperato di Lucas, con i pochi mezzi che ha a disposizione, di poter affermarla, e come conseguentemente reagisce la comunità. Il rischio di rendere un po' troppo surreale la questione, calcando un po' i toni, è sempre dietro l'angolo e il regista almeno in una circostanza pecca a mio avviso di eccessiva confidenza nel proprio ardore (la sequenza del supermercato, troppo artificiosa!). Inappuntabile, benché risulti d'effetto, il momento clou nella chiesa, durante la messa di natale.
Nella serie di vicissitudini, su cui sorvolo perché la narrazione non è tanto il motivo d'interesse delle mie riflessioni, vorrei giusto soffermarmi su quanto risulti struggente la scena in cui Lucas sotto una pioggia battente seppellisca il suo cane.
Quarta verità: Theo la legge negli occhi di un esasperato Lucas.
Non ne siamo per nulla convinti. Sembra un paradosso, perché è una verità confutata con gli stessi identici mezzi con cui era stata appurata quella di Klara, ossia effimeri, vacui. Che diavolo significa credere in qualcuno guardandolo negli occhi?? E' una verità difforme rispetto a quella 'reale'?
Salto temporale. Vinterberg sembra voler lasciar supporre allo spettatore che Lucas, ormai pienamente reintegrato nella società, sia stato creduto in base all'iter giudiziario (è evidente che non possedere un seminterrato abbia un grosso peso per scagionarlo).
Fin da 'Festen' il regista danese, poi persosi completamente per strada (prima del ritorno alle origini con i suoi connazionali: per inciso Thomas Bo Larsen è un grandissimo attore e Mads Mikkelsen lo è altrettanto), mette in luce come lo spettacolo debba sempre e comunque andare avanti. Cinematograficamente parlando è un concetto già approfondito largamente nel corso dei decenni passati (si pensi ad Altman), ma egli lo restringe potentemente ad un certo tipo di comunità-famiglia allargata.
La verità, benché giuridica o morale, si "deve" confrontare con quella del branco, che è più forte e coesa di qualunque altra. Quest'ultima è una verità granitica radicata profondamente nella storia, tramandata di padre in figlio come un fucile da caccia, ed è più forte.
Lucas può essere risultato innocente sul piano giuridico ma resta nel mirino, e ciò non lo scoprirà (?) fino all'ultimissima sequenza. Ha scelto di permanere in quell'ambiente perché è l'unica dimensione che conosce. Una dimensione che lo ha giudicato e percosso, ma anche allevato. Questo duplice risvolto è agghiacciante ed è molto più rigido e feroce che in Von Trier o nei film della Bier, che lasciano sempre la scelta ai suoi protagonisti, ben lungi da una visione radicale. Certo la regista danese mette in conto il richiamo fortissimo dei vincoli culturali dell' "heimat" (si veda ad esempio 'Dopo il matrimonio' con lo stesso Mikkelsen grandioso protagonista), ma considera più aperti ed intelligenti i suoi protagonisti.
Ecco perché trovo profondamente ambiguo il personaggio dell'amico di Lucas. Si prodiga per quest'ultimo, ma in fondo è un membro della comunità. Quando arrestano Lucas, è Marcus che va da lui, non viceversa. Egli è impegnato a portare avanti il rituale della vigilia. E' accogliente, sdrammatizza, ma la sua frase "ricordati che comunque vadano le cose sono il tuo padrino" mi ha lasciato una sensazione di inquietudine profonda, come se egli agisse in fondo solo in virtù di certe questioni convenzionali.
"La famiglia" dei film di Vinterberg, rispetto a come la intendiamo spesso noi è un concetto molto più ampio che sembra far riferimento ad un gruppo molto più esteso, la comunità. Quest'ultima vive intessuta su un sistema di valori e convenzioni inattaccabili e inappuntabili. La tradizione di un modo di pensare e di agire si radica a tal punto da trasformare un dubbio in una certezza in un batter d'occhio. Circa la protezione del contesto famigliare, giacché ho rivisto di recente Another Year di Mike Leigh mi sovviene la sequenza nella quale Mary mostra una gelosia maldestra e viscerale per la nuova compagna di Joe. Da quel momento viene tagliata fuori perché ha "osato attaccare" la felicità della famiglia. "E' la mia famiglia" risponde un'acida Gerri ad una devastata Mary. Non esiste nient'altro che quel valore per difendere il quale ci si arrocca in maniera tale da non considerare tutto il resto.

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Ultima risposta 14/01/2013 19.59.48
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Invia una mail all'autore del commento cupido78  @  25/11/2012 15:53:20
   10 / 10
Assolutamente da vedere! Un film sulla verità e sulla gisutizia, interpretato da attori straordinari, ambientato nella provincia della nostra mediocrità.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  24/11/2012 18:33:38
   8 / 10
Poche storie, il film è magnifico, uno dei migliori di Vintenberg e sicuramente quello dove la direzione degli attori è perfetta in ogni aspetto e personaggio. Uno di quei film in grado di rilevarci verità scomode puntando su una sorta di surrealismo stilistico molto acuto. A tratti, lo spettatore prova la sensazione che tutto quanto sia accaduto sia frutto di una pura immaginazione. Mettendo in discussione anche la verità che avevamo accolto con tanta fatica e dolore, l'ottimo danese racconta una comunità dove innocenza e colpa finiscono ingabbiati nella stessa lugubre palude. E' un'umanità quasi pagana come quella di Dogville o capace di trapiantare l'odio nella vittima inerme, come nel Cane di paglia di Peckinpah. Tutto questo serve quasi a prepararci a un epilogo ora splendido, ora assurdo (spoiler) che io stesso, francamente, ho fatto fatica ad accettare.
Mikkelsen è a dir poco straordinario: la sequenza della messa di Natale, tra redenzione e vendetta, andrebbe consegnata alla storia del cinema moderno. Un film che VA VISTO senza la minima esitazione

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Ultima risposta 14/01/2013 15.04.24
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marcodinamo  @  24/11/2012 12:19:18
   7½ / 10
Ottimo film. Alcune interpretazioni strepitose(la bambina ad esempio) e una storia avvincente.

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