il sospetto (2012) regia di Thomas Vinterberg Danimarca 2012
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il sospetto (2012)

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locandina del film IL SOSPETTO (2012)

Titolo Originale: JAGTEN

RegiaThomas Vinterberg

InterpretiMads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold, Anne Louise Hassing, Alexandra Rapaport, Lars Ranthe, Ole Dupont

Durata: h 1.46
NazionalitàDanimarca 2012
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 2012

•  Altri film di Thomas Vinterberg

Trama del film Il sospetto (2012)

Dopo un difficile divorzio, il quarantenne Lucas ha una nuova fidanzata, un nuovo lavoro e sta rimettendo in sesto il complicato rapporto con il figlio adolescente Marcus. All'improvviso però le cose volgono al peggio. Una bugia comincia a diffondersi come un virus invisibile nella comunità in cui vive. Sotto shock, Lucas si ritrova accusato di pedofilia, un crimine che non ha commesso, e, travolto da una sorta di isteria collettiva, deve combattere un'aspra battaglia per riappropriarsi della propria vita e della propria dignità. 

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Voto Visitatori:   8,17 / 10 (122 voti)8,17Grafico
Miglior attore (Mads Mikkelsen)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior attore (Mads Mikkelsen)
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Voti e commenti su Il sospetto (2012), 122 opinioni inserite

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daaani  @  01/08/2017 16:38:33
   7 / 10
bello, fotografia e suspence ineccepibili! non ho apprezzato molto la recitazione di Mikkelsen, fino a metà film più o meno. con tutto il botox l'ho trovato poco espressivo e mi sembrava gabriel garko. Poi purtroppo il finale mi ha un po' delusa, perchè per tutta la durata del film stavo cercando il colpevole e non sono riuscita a capire chi fosse.. :(

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Ultima risposta 02/08/2017 14.06.03
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Spera  @  31/07/2017 15:56:26
   8½ / 10
Che roba ragazzi...questo si che è un signor FILM, da uno tra i registi danesi che prediligo (quello di "Festen" per intenderci).
Poi che piacere vedere Mikkelsen, attore che apprezzavo già una vita fa - rasato con il tatuaggio sulla nuca "respect" - quando ancora nemmeno era conosciuto, recitare così e prendere la palma d'oro a Cannes per la miglior interpretazione maschile.
Anche Larsen, vecchia cara conoscenza, non è da meno.
Quasi tutto perfetto, quasi capolavoro.

Questo è cinema. Ed è tutto europeo, godetevelo.

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Ultima risposta 31/07/2017 19.17.01
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Jolly Roger  @  19/05/2016 20:22:13
   10 / 10

-----------------SPOILEROSO E AMMAZZAFILM-------------

Il Sospetto è uno dei 5 o 6 film più belli degli ultimi dieci anni. Non sono riuscito a trovare imperfezioni in questo film. Trama, regia, interpretazioni – guardandolo, avevo la sensazione di essere DENTRO il film, come una mosca in mezzo a persone reali, che stavano vivendo una vicenda reale.

Il vero nome del film è Jagten ovvero La Caccia. Titolo appropriato, perché evocativo e metaforico. Evocativo perché ricorda l'inquisizione, la caccia alle streghe, la persecuzione nei confronti di quelle donne che, certamente, non potevano essere colpevoli per ciò per cui venivano accusate…a meno che non crediamo all'esistenza di simpatiche vecchiette sdentate che volano sulle scope.
Metaforico perché la vita del protagonista Lucas, innocente, viene distrutta, esattamente come la vita di un cervo viene abbattuta da un singolo colpo di fucile – metafora resa perfettamente anche nel finale (vedi dopo).
Eppure, anche il titolo italiano è azzeccato – il tema è questo, il Sospetto, che nasce dal nulla, da una bugia tanto innocente quanto diabolica. Come un serpente che sta nascosto sotto le felci, il sospetto striscia viscidamente, finché ti morde all'improvviso, diventando una certezza letale. E ti ci sei imbattuto per sbaglio, senza alcuna volontà di farlo, se non, forse, a causa di una leggerezza, di una situazione non valutata con la giusta ponderatezza.

Il sospetto che Lucas sia un pedofilo si sparge nella piccola comunità. La sua vita viene completamente distrutta perché una bimba, "innamorata" di lui, inventa una bugia sul suo conto, ripetendo a pappagallo alcune parole sul "pisello", sentite dagli amici del proprio fratello più grande.
La direttrice dell'asilo – bacchettona di prima categoria – non esiterà un attimo a credere alla bambina, di fatto trasformando la vita di Lucas in un inferno.
Questo passaggio, che poteva essere il più delicato nel film (la formazione del sospetto) è gestito in modo magistrale: si può notare, ad esempio, che la bimba ha un tic, che compare proprio quando mente: si arriccia il naso. Bellissimo in questo senso il parallelismo con Lucas – anche egli, quando mente, ha un tic: sbatte gli occhi – e proprio riconoscendo questo tic, il suo migliore amico, Theo (personaggio strabordante e attore perfetto) riesce a riconoscere l'amico quando mente. La direttrice dell'asilo, assistita da un improvvisato psicologo di provincia, non si avvede del tic della bimba e, anzi, l'interrogatorio che le fa insieme allo psicologo è un fulgido esempio di come gli stessi bambini possano essere plasmati, plagiati, manipolati e portati a dire una verità che non esiste soltanto perché gli adulti, con le parole e con gli sguardi giusti, li portano ad ammettere quelle cose che loro, gli adulti, vorrebbero sentirsi dire. Sono loro stessi che mettono le parole in bocca alla bambina, giustificandosi con l'idea che lei non voglia ricordare i particolari delle molestie subite a causa di un presunto meccanismo di autodifesa che la porterebbe a cancellare il ricordo.
Klara è una bambina dolce, non puoi odiarla, nemmeno per quella bugia. Anzi, lei stessa nel corso del film lascia capire di essere stata condizionata, di non ricordare più bene quello che è successo, anzi di più, di non sapere nemmeno se è successo o no. La colpa, qui, è degli adulti, che credono ad una cosa false, sull'assunto che "i bambini non mentono mai". A parte il fatto che sappiamo benissimo che i bambini dicono bugie, eccome! Per gioco, per cattiveria, per voglia di colorare la loro stessa infanzia, per un motivo o per l'altro, mentono pure loro.
Io da bambino le bugie le dicevo.
Il fatto però che sia la stessa direttrice dell'asilo a credere alla bugia, non rende per niente il film meno credibile ma, anzi, lo rende assolutamente più realistico: la direttrice è per forza portata a credere a questa menzogna, perché è la responsabile di quel che accade nell'asilo, responsabile anche in via civile e penale. La sua credulità non nasce quindi dall'ignoranza (anche se sicuramente c'è una mancanza di esperienza, di tatto e di intuito comportamentale) bensì dalla vigliaccheria, dall'irresponsabilità. La strada più semplice, quella più sicura, è, per lei, quella di proteggere sé stessa credendo alla bambina e avvisando la comunità. Da qui in poi, la bugia cade a cascata su tutti i genitori del paese diffondendosi a macchia – ma anche questo è credibile: in fondo, i genitori non hanno la percezione diretta di quel che sta accadendo; sentono semplicemente una storia già filtrata, già depurata dal beneficio del dubbio, la prendono quindi per vera.

La cattiveria umana fa il resto.
Il Sospetto è un film sull'ignoranza e sulla cattiveria, un film che non fa sconti, non fa buonismi, non vela la natura umana ma ne svela il lato oscuro e crudo. Allo steso tempo, però, ci fa riflettere su quanto sia facile cadere in questo inganno: in un momento molto preciso del film, Klara si presenta alla porta di Lucas, gli dice che "anche gli altri" bambini dell'asilo hanno confessato di aver subito molestie da lui. In quel preciso istante, in quella frazione di secondo successiva a quel "anche gli altri", sfido chiunque a dire di non aver dubitato, per un attimo, della completa innocenza di Lucas. Il film ci porta sul baratro, fa provare, persino a noi, "il sospetto", ci mette davanti alle nostre fobie e ci fa capire quanto sia facile deformare la distanza tra la realtà e la comprensione della realtà, due cose che possono discostarsi terribilmente.
Un attimo dopo, però, vediamo lo sguardo di Lucas: abbattuto, disperato, distrutto. Nella disperazione di quello sguardo, riusciamo a cogliere un'altra cosa: la sua innocenza.
La riconosciamo, la sentiamo – e in quel momento, ci riappropriamo di quella realtà che stava tremando sotto in nostri piedi, capiamo che la malignità del sospetto può essere vinta, l'innocenza può essere riconosciuta.
Tanto di cappello a questo film, che, in quel momento, ha mantenuto una straordinaria coerenza e onestà intellettuale. Poteva infatti prendere altre strade, depistarci, inserire indizi o trappole, poteva tingersi di suspense come un thriller, portandoci a dubitare di Lucas e sorprenderci con qualche finale a sorpresa.
Invece no. Il film resta un drammatico puro, che mostra dall'inizio alla fine la lotta di un uomo innocente per riconquistare la propria dignità e la propria vita, mostrandoci anche scene davvero molto forti – la scena del pestaggio nel supermercato, la reazione di Lucas con la testata in faccia al salumiere (olè!!), lo sputo in faccia del figlio di Lucas alla bambina, ma soprattutto la scena incredibile della Messa di Natale: l'incrociarsi di sguardi tra Lucas e l'amico Theo, il viso di Lucas che si contorce nel dolore e nella rabbia mentre, cercando di cantare la canzoncina natalizia, perde totalmente il controllo, fino alla sfuriata contro Theo che si lascia prendere a pungi in faccia senza opporre reazione, ormai convinto della sua innocenza.
Interpretazione magnifica di Mads Mikkelsen.

IL FINALE
Ho notato che ci sono opinioni discordanti sul finale di questo film, anche se sono tutti abbastanza concordi sul significato metaforico di quello sparo anonimo.
Il film non ci rivela chi preme il grilletto, la sagoma si intravvede soltanto – questa forma di "non vedo" è una decisione davvero intelligente. Se ci avesse mostrato un volto, sarebbe caduto proprio questo messaggio metaforico del finale. A parte l'equazione Lucas = cervo, in quanto entrambi innocenti ma entrambi bersagliati per essere uccisi, l'altro forte messaggio che il film ci lascia è che la vita di Lucas non sarà mai più quella di prima.
Per Lucas la ferita è stata così profonda, la vicenda è andata così oltre da non permettergli più di tornare quello di prima. Potrà continuare la sua storia con la cameriera mediterranea, ma non potrà mai più amarla fino in fondo, perché lei lo ha creduto pedofilo e lo ha abbandonato. Non potrà perdonare i propri vecchi amici, nemmeno Theo, fino in fondo. Il sorriso di Lucas, nel finale, è smorzato, è teso, è nervoso, non è un vero sorriso. E' guardingo. Non ride quando saluta gli amici scambiandosi pacche sulle spalle. Fa soltanto buon viso a cattivo gioco. I soli, veri amici sono quelli che non lo hanno abbandonato nel momento del bisogno, mentre l'unica ragione di vita sarà suo figlio.
Allo stesso modo, egli sarà circondato da molte persone la cui diffidenza è andata oltre il punto di non ritorno, persone che, seppur ormai "convinte" della sua innocenza, non si fideranno mai di lui come prima.
Alcuni altri continueranno a sospettarlo e ad odiarlo.
Alcuni tra questi, infine, lo odieranno così tanto che potrebbero persino pensare di ucciderlo.

Lo splendido finale ci dice proprio questo, con quell'immagine assassina in controluce che potrebbe essere chiunque.

Io credo però che il film ci dia qualche indizio per capire chi spara quel colpo.
Dico la mia.
E' Torsten, il fratello maggiore di Klara.
Ci sono diversi indizi che lo suggeriscono.
Innanzitutto, gli indizi fisici: la sagoma che si vede in controluce è longilinea, mentre tutti gli altri cacciatori sono omaccioni con il tipico pancione da birra.
Egli è l'unica persona che, alla festa del figlio di Lucas per l'iniziazione alla caccia, non ride. Anzi, ha uno sguardo molto pensieroso, teso.
E' l'unica persona che, guardata dritta negli occhi da Lucas, gira lo sguardo, come uno che sta covando qualcosa e che non è sincero…uno che nasconde una rabbia profonda, cresciuta nel tempo (in precedenza, si vede una scena in cui Torsten gioca con Klara a fare il presepe - la dolcezza e l'innocenza della propria sorellina, al pensiero che qualcuno l'abbia abusata, gli fanno provare un'emozione tanto grande che scoppia in un pianto silenzioso: e non è un pianto che nasce dalla tristezza, bensì uno sfogo che nasce da rabbia mista all'impotenza che si prova quando una persona che si ama e che avremmo dovuto proteggere ha subito del male. Quel tipo di dolore che offusca il cervello.
C'è inoltre da tener conto che Torsten è un adolescente, pertanto, tra coloro che hanno accusato Lucas, è quello che meno ha metabolizzato e compreso l'innocenza di Lucas, oltre ad essere quello meno razionale nel controllo delle emozioni, sempre in quanto adolescente.
Infine, ultimo indizio: non colpisce Lucas.
Il che è perfettamente coerente sia con l'inesperienza (un cacciatore adulto non avrebbe sbagliato il colpo) sia con l'insicurezza e l'esitazione, anche un semplice tremore delle braccia che potrebbe aver provato nel fare una cosa così grave, senza la sicurezza che fosse la cosa giusta da fare. Esitazione confermata dal fatto la figura ricarica subito il fucile (mentre Lucas è immobile) ma poi non spara (come se si fosse reso conto della gravità della cosa).
Non spara e scappa.
Proprio il comportamento di un adolescente.

Comunque è stato giusto non mostrare in viso la persona che ha sparato, per non togliere nulla al significato metaforico d iquesto finale.
La ciliegina sulla torta di un film magnifico.

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Ultima risposta 22/05/2016 05.25.13
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ferzbox  @  17/05/2016 17:46:23
   8½ / 10
SPOILER-SPOILER-SPOILER-SPOILER-SPOILER-SPOILER-SPOILER
Allora,il film mi ha colpito tantissimo, sopratutto se penso alla marea di riflessioni che mi ha fatto fare; non tanto legate al concetto della pedofilia(ovviamente odiata da chiunque si consideri un essere umano e non qualcosa che valga meno di una ***** di cane secca), ma più che altro alla stupidità umana, delle volte contagiata da luoghi comuni o preconcetti che si danno per scontato, offuscando quello che veramente dovrebbe essere il buon senso.
In particolare mi ha colpito una frase che viene ripetuta più volte nel film e che mi mandava in bestia oltre l'inverosimile: "I bambini dicono QUASI sempre la verità".....ecco, tutto è scaturito da questa convinzione idiota che hanno perlopiù gli adulti, non i bambini sia ben chiaro, ma gli adulti....
Dunque, ho passato un periodo della mia vita a lavorare con le scuole materne ed elementari per progetti teatrali, quindi ho avuto modo di relazionarmi spesso con i bimbi, a farli addirittura mettere in gioco sopra ad un palco, a estrapolarne le emozioni e tutto ciò che avevano dentro ma non riuscivano ad esternare senza inibizione....ed è per questo motivo che posso affermare che quello che viene detto in questo film è un idiozia dettata dalla troppa scrupolosità odierna nei loro confronti.....
Diciamolo subito: i bambini sono innocenti, indifesi, fragili, sensibili,spontanei, energici, dolcissimi, pestiferi, intelligenti e sorprendenti, ma non sono angioletti scesi dal cielo con le ali e l'aureola; sono pur sempre esseri umani e possono dire bugie senza motivo, anche solo per sfogarsi di qualche frustazione, o semplicemente perchè vedono la bugia come un gioco, uno scherzo, quindi l'accusare un adulto di pedofilia solo perchè si da per scontato che un bimbo dica sempre la verità è da cogliòni.
Ovviamente la cosa non è certo da prendere sotto gamba, fino a quando c'è un minimo di allerta va bene, ma una cosa che proprio non sono riuscito a capire è per quale motivo, durante le indagini e gli approfondimenti sul caso,non si sono messi i due soggetti in questione a confronto; non si può accusare una persona di un reato così GRAVE basandosi semplicemente su quello che dice un bimbo, anche perchè attualmente viviamo in una società dove la pornografia è talmente accessibile a chiunque da dover stare non attenti, ma ATTENTISSIMI, prima di sparare a zero.....
Il problema secondo me è che c'è troppa gente alla ricerca dei CATTIVI, vale a dire di quelle persone che possono rappresentare un pericolo per la serenità della società; ci sono talmente tante paranoie da dover subito cogliere la palla al balzo al minimo sospetto, più per sentirsi a posto con la propria coscienza che altro, offendendo però la dignità che qualsiasi persona ha il diritto sacro santo di avere......
L'insegnante d'asilo che ha buttato il sasso aveva sicuramente ragione ad allarmarsi, così come ha fatto bene ad approfondire il caso, ma è cascata nella buca dell'idiozia quando ha cominciato a sbandierare a tutti il suo sospetto per colpa delle sue insicurezze......se mi fossi trovato al posto del protagonista(situazione che non vorrei mi accadesse nemmeno fra quindici vite), appena tutto si sarebbe risolto l'avrei presa a calci in culò per una settimana, oltre ad insultarla ed umiliarla oltre l'inverosimile....le facevo pagare tutto con gli interessi......e che interessi, la notte avrebbe avuto gli incubi per anni....
Quindi accuso la stupidità umana, facilmente condizionabile dai luoghi comuni e dai pendoli della società.....
Il film è un pugno nello stomaco, ma è talmente profondo e girato bene che è riuscito ad ipnotizzarmi, tant'è vero che, nonostante non ho mai visto "La grande bellezza", ci credo poco che quest'ultima pellicola era superiore a questa.....solo per l'argomento......però si sa, la mafia è potente!!!!
Bellissimo, non consigliarlo sarebbe una follia.....

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Ultima risposta 17/05/2016 19.39.17
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Andrea.S93  @  03/01/2016 19:50:14
   9 / 10
Consiglio a chi non ha visto il film di non leggere questo commento perché potrebbe contenere spoiler!

Come una sorta di calamita la trama è capace di trascinarci in questa vicenda facendoci immedesimare nei panni del protagonista. Temi troppo forti, strazianti, capaci di farmi patire le sofferenze del suo protagonista. Devastante!
Un regista danese, a me sconosciuto, che si scrive da solo il soggetto è la sceneggiatura. Mostra una regia distruttiva, emozionante, come se mi prendesse a pugni a faccia per circa un ora e mezza, lasciandomi però la voglia e la forza di continuare a guardare. Il film infatti potrebbe risultare troppo pesante. Distruttivo!
Diretta molto bene la fotografia, che riesce a sottolineare gli stati emotivi dei personaggi. Diretto magistralmente Mads Mikkelsen, calato perfettamente nella parte, così come il resto del cast. Forse meritava più lui di Sorrentino, ma va bene così.
Da vedere!

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Ultima risposta 04/01/2016 17.15.57
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-Uskebasi-  @  01/02/2015 03:43:54
   9½ / 10
COMMENTO SPOILEROSO

Il sospetto in realtà non esiste; noi non ne abbiamo (sappiamo che è innocente), il paese non ce l'ha (è certo che sia colpevole), l'unico in uno stato di confusione nella vicenda è il migliore amico, Theo, mosso da forze esterne e dall'amore per la figlia, ma anche lui, in cuor suo, sa che non può essere vero.
"Il Sospetto" è il titolo italiano, l'originale è "La Caccia", molto più appropriato.
Il vero sospetto è che sia uno dei film più belli e perfetti che abbia visto, regia e attori sono eccezionali (Mikkelsen indescrivibile), non c'è una singola scena superflua, nemmeno una. Una potenza empatica mostruosa, si soffre a vederlo, ci si incàzza, si piange, si lotta, ripeto, ci si incàzza come non mai... è inevitabile.

Come ci si può difendere dalle accuse di una bambina? Non si può.
Nemmeno le smentite della stessa possono servire, ormai sta tutto nell'intelligenza e nella bontà delle persone. L'ignoranza del paese è rappresentata benissimo, tutti allineati a puntare il dito verso il mostro di turno, infatti la massa non ha alcun bisogno di prove, sfrutta ogni occasione per sollevare la propria esistenza mortificando quella dell'emarginato.
Così Lucas subisce il martirio, lo fa senza vergogna, senza nascondersi, senza proclamare con insistenza la sua innocenza, senza incolpare Klara. Chi lo conosce bene si schiera con lui, suo figlio combatterebbe a mani nude contro tutti, il padrino di Marcus gli sta vicino e si permette di fare battute sulla pedofilia... solo chi sa con certezza che non può aver fatto niente di quello che dicono può comportarsi così.
La vita però inizia a farsi pesante. All'uccisione del cane, quella rabbia di cui parlavo prima raggiunge vette che si toccano raramente nella finzione. E' il punto di non ritorno, o ci si nasconde per sempre o si cammina a testa alta esigendo il rispetto.
E adesso torniamo su Theo, personaggio bellissimo.
Proprio a inizio film, Theo dice a Lucas di accorgersi quando mente, perché ha un modo particolare di sbattere gli occhi. E' vero; però non si accorge che quando lo fa sua figlia, questa fa sempre una piccola smorfia con la bocca.
Theo è veramente il migliore amico di Lucas. Più che dal sospetto, il suo comportamento è determinato dal suo ruolo, è il padre di Klara e giustamente deve difenderla, soprattutto agli occhi della madre. Ma nella splendida scena della chiesa, anche lui diventa definitivamente consapevole di quale sia la realtà: si fa prendere a pugni in faccia senza reagire, perché sa che Lucas non mente, nei suoi tragici sguardi non appare il tic della bugia, le palpebre non sbattono.
"Guardami negli occhi" continua a ripetergli.

Ecco che arriviamo al finale, dove molti sono d'accordo che sia bellissimo e in disaccordo sul perché lo sia. Io dò la mia versione, opinabile, ma ci ho riflettuto molto e le 3 visioni del film non hanno fatto che confermarla.
Lo sparo è vero.
Per dimostrarlo, più che chiedersi il cosa faccia pensare che lo sia, è efficace chiedersi qual'è l'indizio del regista che faccia pensare al contrario. Mi spiego meglio.
Se Vinterberg volesse dirci che lo sparo è immaginario, bastava veramente un piccolo dettaglio: l'albero che non viene colpito ad esempio, o Lucas che verifica chi ha sparato e non vede nessuno.
Se Vinterberg volesse dirci che la vita di Lucas non sarà più come prima, che dentro di lui qualcosa sia cambiato, che ogni suono improvviso equivalga a un sussulto di paura, anche qua bastava poco: lo sparo, Lucas cade, si gira e vede in lontanaza qualcuno con il fucile puntato in un'altra direzione.
Non è questo che vediamo.
Io tendo a fidarmi dei registi, a maggior ragione in casi come questo dove si fatica a trovare la più piccola delle sbavature, quindi analizzo quello che Vinterberg mi mostra: uno sparo che colpisce un albero spaventando Lucas, nella direzione da dove proviene il colpo c'è effettivamente qualcuno, una sagoma che non ha nessuna importanza di avere un nome.
Questa è la motivazione tecnica, che acquista valore se si va a riflettere sulla sceneggiatura.
Lucas non ha niente da temere perché non ha niente da nascondere, lo vediamo in tutto il film questo. Ha un orgoglio fuori dal comune, che lo fa rientrare nel supermercato dove è stato umiliato, che gli fa affrontare il paese intero nel luogo più sacro, che gli fa prendere in braccio Klara dopo tutto quello che è successo. La vicenda non l'ha condizionato minimamente, la mèrda non sporca i giusti, lui è superiore e continuerebbe la sua vita esattamente come l'ha vissuta fino alla bugia della piccola.
Ma arriva lo sparo.
L'illusione di una vita normale adesso svanisce, non per causa sua. Le persone possono portare maschere ma non cambiano, i veri amici saranno ancora veri amici, un colpo simbolico chiarisce i rapporti con gli altri.
Forget but not forgive.

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Ultima risposta 13/05/2016 04.29.57
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stallo  @  19/04/2014 12:37:06
   6 / 10
un po surreale..e assurdo

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Ultima risposta 19/04/2014 12.42.56
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Macs  @  05/04/2014 22:43:32
   6 / 10
Non capisco tutto l'entusiasmo e la media così alta per questo film. A me ha lasciato poco: la storia non mi pare raccontata così bene (dopo l'udienza preliminare, non succede più niente al caso giudiziario?), il film è terribilmente lento e francamente mi ha annoiato. Raggiunge una sufficienza stirata giusto perché non ha grossi difetti nella sceneggiatura, peraltro molto semplice. Se questo era il film che contendeva l'Oscar a Sorrentino, direi che La Grande Bellezza ha avuto la strada spianata.

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Ultima risposta 07/04/2014 08.07.40
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Horrorfan1  @  27/01/2014 13:17:32
   7 / 10
Buon film, ottima recitazione di Mikkelsen... ma non mi sento di dar di più come voto per via della sensazione di fondo che mi è rimasta, nettissima, dopo aver visto il film, che parte molto bene, ma che a mio avviso...

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Bella l'idea, bella la tematica, bello anche il film per come è girato e recitato (a parte la scena in chiesa che io boccio senza appello), ma io, che volete che vi dica, non ci credo!

3 risposte al commento
Ultima risposta 27/01/2014 20.27.27
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Larry Filmaiolo  @  30/06/2013 19:54:08
   7½ / 10
Gran bel dramma; non poche le analogie con Festen, sempre di Vinterberg (riferimenti non solo a tematiche e contenuti, ma anche presenza dell'allora attore protagonista in qualche breve apparizione). Magistrale il finale dove

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ps solo io ho notato Refn nella riunione di famiglia finale, o era un miraggio?

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Ultima risposta 29/07/2013 20.49.40
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dils  @  24/06/2013 10:03:56
   8 / 10
Uno splendido film, autentico, crudo penetrante. La regia di Vinterberg è straordinaria i capisaldi del movimento Dogma 95 sono visibilmente espressi e conferiscono alla pellicola quel giusto carattere di quotidianità e profondo realismo, che quasi spaventa. Lucas il nostro protagonista interpretato magistralmente da Mads Mikkelsen è una vittima a tutti gli effetti, conduce lo spettatore nella graduale distruzione della sua esistenza, portandolo in un vortice dal quale non si riesce ad uscire. Il sospetto è un qualcosa che nasce da una supposizione, riesce a penetrare cosi velocemente nella realtà da confondere la verità, vero o falso non esistono più, ciò che è stato detto e supposto ormai è verità assoluta qualsiasi cosa si faccia o dica per cambiare non è più possibile, l'innesto del sospetto ha già messo le radici e come un edera velenosa cresce a dismisura senza limiti. Consigliatissimo

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Ultima risposta 24/06/2013 13.58.18
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maitton  @  20/03/2013 10:21:48
   8½ / 10
al termine della visione, ho provato una sensazione che raramente avevo provato prima.
la sensazione di trovarmi di fronte ad un film che e' gia' un classico.
il suo peso specifico e'enorme e credo che col passare del tempo ne acquisira' sempre di piu.
per certi versi, e facendo le dovute proporzioni (mai di troppo quando si citano autentici capostipiti) mi ha riportato alla mente M., di Lang.
come nel lavoro del tedesco grande peso ha l'opinione pubblica (sebbene nell'opera del tedesco sia mossa in parte da interessi anche di natura mafiosa), ma se in M. il mostro e'reale ed il messaggio e'che ognuno merita un processo, fosse anche il peggior uomo sulla terra, in questo e'la stessa opinione pubblica a condannare (e a segnare per sempre) preventivamente la vita di un uomo innocente.
e quale migliore prova della testimonianza di un bambino che a macchia d'olio si espande?
e'risaputo che i bambini dicono sempre la verita'.
e'vero bastano pochi minuti per capire quello che sta per succedere, ma e'altrettanto vero che la drammaticita' degli eventi e'messa in risalto proprio dal fatto che in quegli stessi pochi minuti capiamo che per il protagonista non ci sara' via d'uscita.
credo sia questo il principale punto di forza del film, sostenuto da una buona regia che a mio giudizio avrebbe potuto osare anche di piu' sfruttando magari meglio e in piu'occasioni il silenzio assordante del dramma vissuto da Lucas.

credo sia un film grandissimo, destinato a rimanere nella mente (e nel cuore) per molto tempo.
forse, quel finale

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Ultima risposta 20/03/2013 13.32.00
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  02/03/2013 00:05:21
   9 / 10
"Questa faccenda del mentire e del dire la verità è una lunga storia, è meglio non azzardare giudizi morali assoluti perché, se daremo tempo al tempo, arriverà sempre il giorno in cui la verità diventerà menzogna e la menzogna si trasformerà in verità."
(José Saramago)




Quando a mentire poi è l'innocenza assoluta, trasfigurata nel visetto di una bambina che "non dice bugie", come tutti i bambini, l'affare si fa scottante.
Ed è un film coraggioso, Il Sospetto (ma meglio l'originale "La caccia") nel delineare un tema pesantissimo attraverso il "sospetto" di una tematica altrettanto tabù come la pedofilia.
Vinterberg dirige il suo lavoro migliore dopo essersi perso in seguito all'esordio Festen, e lo fa nella maniera migliore: caro alla scuola del maestro Von Trier, la trama è un pugno nello stomaco sferrato con ferocia inaudita e con un escalation di violenza e crudeltà che spesso possiamo osservare solo nel cinema norvegese dei cineasti Dogma (o ex tali). A Cannes quest'anno è passato un Haneke incontenibile altrimenti non ci sarebbero state storie da quel che ho visto: straordinario Mikkelsen (premiato al festival) che si scrolla di dosso il pur ottimo personaggio di Le Chiffre in Casino Royale per cui era universalmente noto.
Diretto e sceneggiato da qualcun altro sarebbe potuto venir fuori tutt'altra cosa: immagino un giallo costruito sull'ambiguità in cui solo nel finale veniamo a sapere dell'innocenza del protagonista, con intricati flashback e quant'altro. Vinterberg non ha alcun interesse in questo, ci introduce subito il protagonista e subito lo assolve rendendolo di fatto il personaggio più bello ed "eroico" dell'intera pellicola; non l'unico che si comporta in modo assennato (ma son pochissimi quelli che gli credono) ma proprio perché coinvolto in una vicenda più grande di lui e di cui non ha alcuna colpa, come da copione hitchcockiano, svetta la sua etica. Non si difende dalle accuse accusando chi l'ha messo nella situazione orribile come farebbero in molti al suo posto, non lo fa nemmeno il regista: i bambini, anche se bugiardi, sono assolti. Gli adulti e medio-borghesi proprio no, vengono fatti a pezzi contestualmente al loro comportamento ipocrita, rozzo, violento.
Potrebbe essere, questo gran film, un trattato di sociologia; analizza una comunità per allargarsi in fondo al mondo intero con una situazione molto più comune di quel che immaginiamo, cogliendo molti meccanismi della società fino in fondo. Ma non potrebbe essere un'analisi sociologica. Non potrebbe esserlo perché le forzature non mancano e sono volute, il regista spinge con forza sul sadismo spinto stordendo lo spettatore partecipe dell'inferno in cui il protagonista, suo malgrado, precipita.
Ed è davvero bella la metafora della caccia che si rifà al titolo originale. Quell'epilogo è costruito davvero molto bene, quelle occhiate, l'abbraccio con chi pur avendolo fatto piombare nel dolore non aveva colpa, poi lo sparo. L'avvertimento.





"Nessuna salvezza è sufficiente, ogni condanna è definitiva."
(José Saramago)

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andreacinico  @  26/02/2013 18:10:18
   9½ / 10
Un film formalmente perfetto sotto tutti i punti di vista: dalla regia alla fotografia, la prova attoriale e soprattutto la sceneggiatura, magistralmente strutturata nei minimi particolari, che riesce a suscitare maggiormente le emozioni dello spettatore proprio nelle sequenze apparentemente meno significative: penso alla scena in cui il protagonista prende in braccio la bambina per farle attraversare un corridoio fatto di piastrelle piccolissime aiutandola, così, a "non calpestare le linee"; un misto di ansia e paura probabilmente dovute all'empatia che il fruitore sviluppa nei confronti del personaggio interpretato dall'ottimo Mikkelsen. Mi sorge un parallelo con l'omonimo film di Hitchcock dove una delle scene con più suspense è proprio quella in cui Cary Grant porta "semplicemente" un bicchiere di latte a Joan Fontaine che interpreta sua moglie.
Complimenti a Vinterberg per aver rappresentato una tematica scottante su cui, alla fine, vale sospendere giudizi morali. Forse il tema centrale è proprio l'impossibilità di raggiungimento della verità come sottolinea la stessa bambina che, annebbiata dalle convinzioni rigide dei grandi, non sa più se quello che ha detto è successo veramente o no.
Non me la sento di condannare la comunità per il suo atteggiamento (miope!?) nei confronti di un individuo giuridicamente innocente, così come non colpevolizzo il protagonista per essere rimasto dove ormai nessuno più lo accettava (probabilmente la motivazione è nel voler difendere le proprie ragioni fino in fondo).
La regia mantiene uno stile residuale del Dogma con montaggio destrutturato ed alcuni movimenti di macchina in soggettiva ma sempre in maniera molto mitigata rispetto, ad esempio, all'esasperata prima parte di Melancholia di Von Trier.
Molte le sequenze memorabili come quella durante la messa natalizia (e qui il sadico sceneggiatore-regista pone di fronte a Lucas-Mikkelsen un coro di bambini con tutti i sottotesti possibili!) o il geniale finale che incarna tutte le tematiche del lungometraggio.
Proprio l'ansia e la rabbia che la pellicola ha suscitato in me per un mondo imperfetto ed in bilico, dove un niente può generare situazioni kafkiane senza soluzione, mi fanno decretare la perfetta riuscita dell'opera.

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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  22/01/2013 14:47:16
   6 / 10
Vinterberg ti invita sulla sua giostra e non vuole sentire repliche. Ha dalla sua lo strumento cinematografico e le sue immagini, e gioca con lo spettatore. Questo non si deve fare. No, no, no.
Già dopo dieci minuti senti come un groppone in gola che ti fa odiare il film, si sente già quel profondo senso di ingiustizia prima che ancora debba accadere tutto.
Il solo fatto di mostrare il grande Mikkelsen pulire il sedere di un bambino diventa un pugno nello stomaco. Squallido (e superfluo) feticismo per i particolari.

La bambina viene dipinta come se fosse il male, non sono rari i casi in cui la telecamera si sofferma sul suo volto tutt'altro che innocente; poi divide la cittadina in "buoni" e "cattivi", senza instillare il dubbio in alcuno, senza usare il beato strumento cinematografico per dipingere la fragilità umana. Piuttosto lo usa per dare per acquisita la propria sentenza.

Non manca la retorica, rafforzata dall'incompetenza incomprensibile dei colleghi di lavoro del protagonista. L'assunto "i bambini dicono sempre la verità" viene considerato legge, quando è l'ultima cosa vera in questo mondo dopo le promesse dei politici. Tutto ciò che circonda la vittima è frutto di stupidità piuttosto che di malvagità, stupidità difficile da accostare in una zona così progredita come il Nord Europa.

Mi è sembrato tutto così forzato, tutto così meschino, da farmi odiare a tratti alcuni passaggi. Siamo distanti anni luce dal malessere di Von Trier o dalla lucidità di Haneke.

Peccato, perché un paio di scene sono davvero notevoli.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR oh dae-soo  @  10/01/2013 17:23:20
   10 / 10
presenti spoiler, rece lunghissima perchè il film è un capolavoro, astenersi dal leggere persone dotate di cervello.

Il Sospetto è il mio. Quello che probabilmente ho visto il più bel film dell'anno già il 9 Gennaio.
E ringrazio il cielo che una multisala di qua l'abbia recuperato in singola data come rassegna d'autore.
E ringrazio il cielo di esser stato da solo al cinema per poter vivere liberamente una delle più intense, emozionanti e massacranti visioni di questi ultimi anni.
Il tema della piccola comunità e dei danni che può arrecare mi ha sempre affascinato.
Mi vengono in mente tre esempi diversissimi tra loro ma che analizzano in modo spietato tutte quelle dinamiche, tutti quei retaggi culturali, tutti quei pregiudizi che aleggiano, purtroppo, in queste comunità ristrette.
Tre film che per motivi diversi ho amato moltissimo poi: Dogville, Calvaire e Il Vento fa il suo giro.
Beh, Il Sospetto è superiore a tutti.
Lucas lavora in un piccolo asilo di un non meglio precisato piccolo paese nordico, danese per la precisione.
Un giorno, per semplice ripicca, una bimba lo "accusa" di averla molestata.
Lucas è innocente.
Sarà un'inferno.
Raramente ho fatto così fatica nella visione di un film.
Un malessere incredibile -un misto di rabbia, speranza, incredulità, tristezza- mi ha accompagnato fino, e ben oltre, i titoli di coda.
Il problema è che sto film è perfetto, c'è poco da dire.
Come tratteggia questa pellicola i caratteri dei propri personaggi e le relazioni tra di essi è qualcosa di incredibile. Ovvio il merito anche di un cast in stato di grazia con, ovviamente, su tutti un monumentale Mads Mikkelsen ( il One-Eye di quel quasi indecifrabile film che è Valhalla Rising). Ma gli altri non sono da meno, suo figlio, i suoi due migliori amici, la bimba, la direttrice dell'asilo, chapeau a tutti.
La vicenda ricorda moltissimo quella vergognosa pagina di cronaca italiana che è Rignano Flaminio, quei bimbi molto probabilmente aiutati e manipolati dai genitori a s*******re, incolpare e rovinare le maestre di quell'asilo.
Lucas sarà messo all'indice, tutto il paese non passerà nemmeno per la fase del sospetto ma direttamente a quella della certezza che lui sia un pedofilo. Non solo, dall'accusa di una sola bimba si arriverà a quella di molti altri. Lucas è un uomo buono, puro, semplice. Inizialmente non riesce a reagire tanto assurde e infamanti sono le accuse rivoltegli (sta lì in silenzio, il suo atteggiamento è così passivo che può davvero esser scambiato per colpevolezza), poi la sua dignità di individuo lo porterà a una ribellione (e a due scene di una bellezza disarmante).
Sceneggiatura fantastica sorretta da dei dialoghi veri come pochi e da delle sequenze di un'intensità pazzesca.
Ma sono i personaggi a fare la differenza.
Lucas, un uomo che da un giorno all'altro si ritrova ingiustamente etichettato come mostro, malato. E' un inferno così vero, tangibile e al contempo così assurdo che arriviamo a un livello di empatia rara nel cinema.
Klara, la piccola bimba che inconsciamente fa iniziare tutto. Impossibile colpevolizzarla, per lei era poco più che un capriccio di pochi secondi. Saranno gli adulti a manipolarla.Come tutte le bimbe Klara è innocente.
Theo, il migliore amico di Lucas è un personaggio indimenticabile, un uomo che per difendere sua figlia non può non preoccuparsi e temere che tutto sia vero ma che sotto sotto lui sa che quell'amico è una persona perbene. Sarà travolto dal paese e dalla moglie ma il suo dubbio è una delle più belle caratteristiche del film e colonna portante della sceneggiatura.
Marcus, il figlio di Peter, anche lui tratteggiato in modo così vero e delicato da alzarsi in piedi. Rappresenta la parte più ribelle di Peter, quella di un ragazzo pronto a far di tutto per difendere il padre. La scena della visita a casa di Theo è straordinaria, così violenta, intensa, disperata. E quello sputo a Klara...
Pur essendo essenzialmente un film di atmosfera e intensità (quella malata, sporca di un certo cinema nordico, Von Trier in testa, ma del resto Vinterberg, il regista di questo strepitoso film, era uno dei Dogma) Il Sospetto regala una serie di sequenze strepitose.
Alla già citata scena del figlio impossibile non aggiungere le due sequenze che raccontano il cambiamento di Peter, la voglia di dimostrare a tutti che lui non deve vergognarsi di nulla, la sua ribellione. Parlo del supermercato, di quel ritorno lì dentro sanguinante e ancor più della Chiesa, roba da cinema di livelli altissimi.
Lì dentro c'è tutto il paese, è Natale, Peter sfida il mondo intero ed entra. Lo sguardo che per due volte manda indietro a Theò ha una potenza non descrivibile, io avevo la pelle d'oca. Sono contento che sia stato preso per la locandina. Credo che sia la scena madre del film e uno degli sguardi più intensi e carichi di significato visti recentemente al cinema.
Ma poi Vinterberg completa il suo capolavoro con quelli che a me piace definire 3 finali di uno stesso film.
Poteva essere finale, un finale aperto, Theò che guarda mangiare Lucas a casa sua. Noi sappiamo cosa è successo nella testa di Theò ma non avremmo potuto sapere il poi. Sarebbe stato un finale magnifico, sospeso.
Poteva essere finale, un finale stavolta positivo, Lucas che prende in braccio Klara. Anche qua l'emozione è forte e il cerchio si sarebbe chiuso così perfettamente da batter le mani.
Sarà invece finale, un finale più amaro ma forse più giusto, quello sparo, quell'immaginazione.
Da vicende così non si tornerà mai più quelli di prima, impossibile.
E i demoni non verranno mai scacciati completamente.
Lucas, il tuo inferno non è finito.
Nè mai finirà.
Ma sono fiamme e sofferenza sotto un cielo almeno ora stellato.

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Ultima risposta 26/02/2013 14.11.34
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Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  27/12/2012 18:41:59
   9 / 10
"In una buia notte d'inverno del 1999, ho sentito bussare alla mia porta. Sotto la neve, davanti a me, c'era un noto psicologo infantile con alcuni documenti sui bambini e le loro fantasie. Voleva parlarmi di "memorie represse" e, cosa ancora più inquietante, della sua teoria che "il pensiero è un virus". Non l'ho fatto entrare. Non ho letto i documenti. Me ne sono andato a letto, invece. Dieci anni dopo avevo bisogno di uno psicologo e l'ho chiamato. Per una forma di cortesia tardiva ho letto quei documenti e sono rimasto sconvolto. Ho sentito che, in quei documenti, c'era una storia che andava raccontata. La storia di una moderna caccia alle streghe. Il film è il risultato di quella lettura".
Thomas Vinterberg

Spoiler presenti.

Il fatto che noi spettatori veniamo portati a conoscenza della verità distorce enormemente il metro di giudizio, lo plasma, come è logico che sia, a favore del povero Lucas. Quello che per la comunità della cittadina dove avviene il presunto abuso è un terribile sospetto, per noi è la certezza di uno sbaglio.
Questa premessa è fondamentale, perché quando nella realtà si innescano simili meccanismi, dove i protagonisti dell' accusa di un deplorevole episodio come quello di un abuso sessuale sono un adulto ed una bambina, in mancanza di testimoni, la verità assoluta la conoscono soltanto loro.
Proviamo a pensare alla stessa, identica, struttura narrativa del film con la variante del dubbio concesso anche a noi spettatori, pensiamo cioè se il regista avesse optato di tenerci all'oscuro su quello che realmente (non) è successo tra Lucas e la piccola Klara ed avrebbe invece giocato sul piano ambiguo delle rivelazioni di una bimba senza i fondamenti della certezza, i mostri (forse) non ci sarebbero sembrati più tali.
La scelta di Vinterberg di rivelare lo stato delle cose senza abbandonarci all'ombra del dubbio, ( Lucas ci viene mostrato per l'uomo che è, corretto nell' affrontare i problemi di un difficile divorzio con la ex moglie, disponibile e gentile con i suoi amici, buono e dal comportamento irreprensibile con i bambini della scuola e soprattutto impeccabile nel gestire l'episodio del regalino rivelatore della bimba nei suoi confronti ) introduce un elemento cardine in tutti i casi di dito puntato verso un uomo da parte di altri uomini, quello del pregiudizio.
Conoscendo la verità, a noi risulta subito facile empatizzare con Lucas e condannare l'intera comunità che gli si scaglia contro, trovando assurdi e completamente fuori controllo gli atteggiamenti a lui rivolti, tuttavia non riesco a togliermi dalla mente il pianto di un padre impotente di fronte all'impossibilità di conoscere la verità, il tarlo ormai si è insediato, non ci sono confessioni, assoluzioni, sguardi, che possano donare la serenità precedente al presunto fatto. I "non lo so, non sono sicura, non ricordo" iniziali della bimba o il "ho detto delle cose stupide, Lucas non ha fatto niente!" confessato dopo, possono in qualche modo infondere quella serenità che, in questi casi, solo una certezza può dare?
Lucas a noi ci appare sincero perché sappiamo che lo è, non è così per i genitori dei bimbi e dell'intera comunità che di fronte all'impossibilità di avere la verità in tasca si aggrappano al luogo comune, in loro si installa l'esigenza di ristabilire ordine e tranquillità ad ogni costo, il sospetto è un fardello troppo pesante da portare, gestirlo richiede comprensione, saggezza, ricerca profonda dei misteri dell'animo umano, controllo dei sentimenti, meglio tramutarlo immediatamente in certezza assoluta, Lucas diventa capro espiatorio, non esiste legge che lo possa scagionare, è il tribunale degli uomini a condannarlo, è la legge della natura che rigetta l'aberrazione del sesso tra adulti e bambini ad accecare completamente gli occhi di tutta la comunità, la preside, lo psicologo, le maestre, gli amici, la fidanzata, tutti non nutrono dubbi: Lucas è colpevole.
Il film quindi si basa sul pregiudizio, su ciò che, in mancanza di verità e condizionati dai luoghi comuni, ci si aggrappa per far sì che un qualcosa è e che non è possibile che non sia, soprattutto quando si trattano certi argomenti, si entra nel sentiero della persuasione e dell 'autoconvincimento, si arriva all'indiscutibilità del giudizio analitico. Ho trovato questo film straordinario proprio perché concede il diverso punto di vista, quando non si può conoscere la verità attraverso gli occhi, bisogna cercarla con la ragione, gli uomini della comunità dove è nato e cresciuto Lucas non sono stati testimoni oculari, hanno diritto al sospetto ma non alla condanna, la verità è divisa in parti uguali, i fatti di cui noi spettatori siamo a conoscenza ci confermano infatti che non è vero che "i bambini non mentono mai", sono un universo inesplorabile, ottenebrato e pieno di contraddizioni, attraverso il quale la realtà può apparire distorta e confusa, condizione che purtroppo però conoscono bene anche coloro che veramente si approfittano di loro e di questo ne traggono beneficio.
La logica vorrebbe che ad un episodio di cui non si conosce la verità, debba seguire prima il sospetto e poi, eventualmente, una qualche certezza, qui avviene il contrario, immediatamente tutti hanno la certezza che Lucas sia responsabile, non c'è un percorso di indagine, se non breve e di comodo (l'interrogatorio dello psicologo e le conclusioni della preside), la violenza con la quale è investito l'intero paese con la notizia del presunto abuso genera violenza, non c'è riflessione, il mirino è puntato su quell'unico, presunto, indiziato, all'istante. Soltanto dopo, la certezza incomincia a lasciare il posto al sospetto, quel sospetto che l'ultima magnifica scena, poi, marchia a vita l'incolpevole Lucas .

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Ultima risposta 12/01/2013 15.24.48
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Crimson  @  26/11/2012 12:36:47
   8 / 10
Spoiler presenti.

Il sospetto non è una verità. Diviene tale se non viene posta la domanda che contempli l'elemento che possa renderlo evanescente.
Il contesto borghese non prevede la domanda. Dubbio e certezza divengono una sola dimensione con estrema facilità perché continuamente aleggiano su un terreno fertilissimo di contaminazione, composto da convenzioni, tradizioni, rituali, difesa ad oltranza del concetto stesso di famiglia e di comunità. Il gruppo è tutto. La solitudine, quella autentica, non esiste. O meglio, non è socialmente contemplata e valorizzata.
Lo spettatore fin dall'inizio ha le chiavi per poter disporre della verità più importante, ossia che Lucas non ha commesso alcun reato nei confronti di Klara, né tantomeno verso gli altri bambini. Ciò ci libera dal fardello dell'ambiguità, per analizzare con la massima attenzione tutto ciò che avviene nel momento in cui il sospetto è insinuato.
Nella St. Malo de 'Il colore della menzogna' il maestro veniva accusato non solo di pedofilia, ma anche di omicidio. La comunità lo isolava. Eppure, dopo l'affermazione della verità dei fatti, qualcuno era pronto a svegliare il protagonista, suggerendogli il celebre "Rinasci, René". Lucas, del film di Vinterberg, è al contrario solo. Poche persone mostrano di aiutarlo e sorreggerlo (del suo amico tratterò più avanti), uno di essi è il figlio, che gli crede in quanto padre; ma Marcus non ha gli strumenti per suggerirgli ciò che è giusto fare dopo aver appianato la verità, perché è il depositario dei valori di quella comunità, esattamente come lo era stato Lucas tanti anni prima. C'è una discendenza inquietante descritta nel film di Vinternerg, e ritratta con perfidia dietro quel velo di "normalità", come tutti i ritratti realmente audaci del cinema.
Un passo indietro, il più importante a mio avviso, è chiedersi se ne 'Il sospetto' la verità venga affermata. E "quale" verità.
La prima verità è quella in cui in una comunità che vive apparentemente d'amore e d'accordo Lucas è perfettamente integrato sia nel ruolo di "amico" nell'intimità delle mura domestiche (con Theo, soprattutto) e nel gruppo (la caccia, le serate alcoliche, il bagno nel lago gelido come rituale di aggregazione – una meravigliosa scena d'apertura che già ci introduce nel gergo della comunità), che come maestro d'asilo.
La seconda verità è quella che semina la preside Grethe. O meglio, Klara, ma quest'ultima è una bambina quindi nel nostro ragionamento la terremo fuori. Occorrerebbe attribuire il giusto peso alle parole di una bambina. Certo, dopo i fatti ben noti anche nel nostro paese (l'asilo laziale) il tema mostra una certa delicatezza di fondo che non va assolutamente affrontata in maniera grossolana, ma permettete che in questo frangente parliamo di cinema e più che del valore che si può attribuire o meno alle parole di una bambina occorre focalizzarsi sul perché piuttosto non venga dato credito alla parola di Lucas.
Ci si rifugia dietro un luogo comune, innanzitutto: "i bambini non mentono mai su certe questioni, per quanto abbiano una fervida immaginazione". Ci si attiene sull'anomalia tutt'altro che indifferente che Klara conoscesse una certa espressione, ma la si fa passare automaticamente come "verità" senza considerare che ella potesse averla sentita pronunciare dal fratello maggiore che è nel pieno dell'età puberale.
Lo psicologo (?) incalza con una serie di domande scorrette, che indirizzano la bambina verso le risposte che lui vorrebbe sentir pronunciare.
Terza verità, a macchia d'olio: Lucas non solo ha abusato di Klara, ma di tutti i bambini dell'asilo. Anche loro sono stati, a tutti gli effetti, indirizzati verso ciò che gli adulti volevano sentir dire. La fantasia supera la realtà, dunque il seminterrato di casa di Lucas diviene il luogo immaginario degli abusi. Peccato che il seminterrato non esista.
Va avanti il procedimento giuridico per appurare la verità, ma a Vinterberg non interessa più di tanto. Quel che egli vuol mostrarci è il tentativo disperato di Lucas, con i pochi mezzi che ha a disposizione, di poter affermarla, e come conseguentemente reagisce la comunità. Il rischio di rendere un po' troppo surreale la questione, calcando un po' i toni, è sempre dietro l'angolo e il regista almeno in una circostanza pecca a mio avviso di eccessiva confidenza nel proprio ardore (la sequenza del supermercato, troppo artificiosa!). Inappuntabile, benché risulti d'effetto, il momento clou nella chiesa, durante la messa di natale.
Nella serie di vicissitudini, su cui sorvolo perché la narrazione non è tanto il motivo d'interesse delle mie riflessioni, vorrei giusto soffermarmi su quanto risulti struggente la scena in cui Lucas sotto una pioggia battente seppellisca il suo cane.
Quarta verità: Theo la legge negli occhi di un esasperato Lucas.
Non ne siamo per nulla convinti. Sembra un paradosso, perché è una verità confutata con gli stessi identici mezzi con cui era stata appurata quella di Klara, ossia effimeri, vacui. Che diavolo significa credere in qualcuno guardandolo negli occhi?? E' una verità difforme rispetto a quella 'reale'?
Salto temporale. Vinterberg sembra voler lasciar supporre allo spettatore che Lucas, ormai pienamente reintegrato nella società, sia stato creduto in base all'iter giudiziario (è evidente che non possedere un seminterrato abbia un grosso peso per scagionarlo).
Fin da 'Festen' il regista danese, poi persosi completamente per strada (prima del ritorno alle origini con i suoi connazionali: per inciso Thomas Bo Larsen è un grandissimo attore e Mads Mikkelsen lo è altrettanto), mette in luce come lo spettacolo debba sempre e comunque andare avanti. Cinematograficamente parlando è un concetto già approfondito largamente nel corso dei decenni passati (si pensi ad Altman), ma egli lo restringe potentemente ad un certo tipo di comunità-famiglia allargata.
La verità, benché giuridica o morale, si "deve" confrontare con quella del branco, che è più forte e coesa di qualunque altra. Quest'ultima è una verità granitica radicata profondamente nella storia, tramandata di padre in figlio come un fucile da caccia, ed è più forte.
Lucas può essere risultato innocente sul piano giuridico ma resta nel mirino, e ciò non lo scoprirà (?) fino all'ultimissima sequenza. Ha scelto di permanere in quell'ambiente perché è l'unica dimensione che conosce. Una dimensione che lo ha giudicato e percosso, ma anche allevato. Questo duplice risvolto è agghiacciante ed è molto più rigido e feroce che in Von Trier o nei film della Bier, che lasciano sempre la scelta ai suoi protagonisti, ben lungi da una visione radicale. Certo la regista danese mette in conto il richiamo fortissimo dei vincoli culturali dell' "heimat" (si veda ad esempio 'Dopo il matrimonio' con lo stesso Mikkelsen grandioso protagonista), ma considera più aperti ed intelligenti i suoi protagonisti.
Ecco perché trovo profondamente ambiguo il personaggio dell'amico di Lucas. Si prodiga per quest'ultimo, ma in fondo è un membro della comunità. Quando arrestano Lucas, è Marcus che va da lui, non viceversa. Egli è impegnato a portare avanti il rituale della vigilia. E' accogliente, sdrammatizza, ma la sua frase "ricordati che comunque vadano le cose sono il tuo padrino" mi ha lasciato una sensazione di inquietudine profonda, come se egli agisse in fondo solo in virtù di certe questioni convenzionali.
"La famiglia" dei film di Vinterberg, rispetto a come la intendiamo spesso noi è un concetto molto più ampio che sembra far riferimento ad un gruppo molto più esteso, la comunità. Quest'ultima vive intessuta su un sistema di valori e convenzioni inattaccabili e inappuntabili. La tradizione di un modo di pensare e di agire si radica a tal punto da trasformare un dubbio in una certezza in un batter d'occhio. Circa la protezione del contesto famigliare, giacché ho rivisto di recente Another Year di Mike Leigh mi sovviene la sequenza nella quale Mary mostra una gelosia maldestra e viscerale per la nuova compagna di Joe. Da quel momento viene tagliata fuori perché ha "osato attaccare" la felicità della famiglia. "E' la mia famiglia" risponde un'acida Gerri ad una devastata Mary. Non esiste nient'altro che quel valore per difendere il quale ci si arrocca in maniera tale da non considerare tutto il resto.

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Ultima risposta 14/01/2013 19.59.48
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  24/11/2012 18:33:38
   8 / 10
Poche storie, il film è magnifico, uno dei migliori di Vintenberg e sicuramente quello dove la direzione degli attori è perfetta in ogni aspetto e personaggio. Uno di quei film in grado di rilevarci verità scomode puntando su una sorta di surrealismo stilistico molto acuto. A tratti, lo spettatore prova la sensazione che tutto quanto sia accaduto sia frutto di una pura immaginazione. Mettendo in discussione anche la verità che avevamo accolto con tanta fatica e dolore, l'ottimo danese racconta una comunità dove innocenza e colpa finiscono ingabbiati nella stessa lugubre palude. E' un'umanità quasi pagana come quella di Dogville o capace di trapiantare l'odio nella vittima inerme, come nel Cane di paglia di Peckinpah. Tutto questo serve quasi a prepararci a un epilogo ora splendido, ora assurdo (spoiler) che io stesso, francamente, ho fatto fatica ad accettare.
Mikkelsen è a dir poco straordinario: la sequenza della messa di Natale, tra redenzione e vendetta, andrebbe consegnata alla storia del cinema moderno. Un film che VA VISTO senza la minima esitazione

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Ultima risposta 14/01/2013 15.04.24
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