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Amore e follia secondo Park Chan-Wook.Il regista coreano dopo l’eccezionale trilogia sulla vendetta cambia radicalmente registro misurandosi con temi meno opprimenti ed angoscianti.Ambientato in un istituto psichiatrico, “I’m a cyborg but that’s ok”, è una commedia surreale a forte connotazione sentimentale,immersa in una realtà distorta che è poi quella percepita dai pazienti del nosocomio,in particolare da due giovani disadattati. Lei inappetente perché convinta di essere una cyborg e quindi terrorizzata dal fatto che il cibo possa danneggiare il suo organismo meccanico,lui tormentato dal ricordo dalla madre e ossessionato dalla pulizia orale. Il regista segue con grazia le gesta strampalate dei degenti,lasciando sullo sfondo medici e infermieri,che per quanto affabili ,diventano oggetto di una critica indiretta ma abbastanza palese sull’inadeguatezza dei metodi curativi,proponendo esclusivamente il punto di vista bizzarro dei protagonisti al fine di catturarne al meglio l’essenza. Sicuramente questa scelta non permette grande compattezza e spesso si procede a singhiozzo,alternando un po’ troppo velocemente situazioni e personaggi limite,insistendo molto su una volontà di rompere gli schemi non sempre necessaria.Resta impressa la grande attitudine visionaria del regista,sempre fenomenale nella messa in scena e nell’esaltazione degli ambienti,capace inoltre di produrre sequenze di grande impatto visivo/emotivo come quella del “convertitore di riso”. Non tragga in inganno l’approccio scanzonato,in realtà i temi profondi ,seppur mimetizzati sotto una gradevole coltre leggera, non mancano.Famiglia e abbandono,disordini alimentari e la difficoltà di trovare una propria collocazione in un ambito sociale sempre più alienante sono problematiche lette e riproposte in maniera mai banale da un regista che non lascia nulla al caso,nemmeno i titoli d’apertura,vedere per credere.