Trama del film Indiana jones e il regno del teschio di cristallo
Siamo nel 1957. Sia Indiana che i Sovietici sono alla ricerca di un oggetto potentissimo: uno dei 13 Teschi di Cristallo della leggenda Maya. I Sovietici rapiscono Marion Ravenwood e ricattano Indy, il quale tra le altre cose dovrà scontrarsi con un archeologo suo rivale e con l'agente russo Spaiko, spalleggiato fortunatamente dal figlio.
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Quando ragazzina vidi al cinema I Predatori, fu COLPO DI FULMINE, così al termine della proiezione dissi agli amici che sarei restata in sala per godermi immediatamente una seconda visione. Da allora ogniqualvolta ascolto il motivetto di Indiana Jones e lo associo a fedora, frusta e bisaccia mi emoziono.
Anche ieri sera, dopo un primo sbandamento per l'incipit anni '50, mi è stato sufficiente vedere rotolare nella polvere il cappello di Indy e la proiezione della sua ombra sullo sportello dell'auto per commuovermi. Da quella scena mi sono concentrata sull'icona dell'affascinante archeologo, che tanto mi era mancata, e mi sono lasciata condurre attraverso una storia assurda di esplosioni atomiche e formiche rosse divoratrici, d'inseguimenti (classici) sull'orlo di precipizi e la comparsa di alieni da eleganti teschi. Tanto assurda questa storia da ignorarla completamente. Perché non è la storia in sé ad avere una qualche importanza, bensì lo spirito del personaggio e la sua cornice, capaci ancora di emozionare. Parlo per me naturalmente, posso capire chi ha provato una profonda delusione, forse coltivando un'aspettativa esagerata proprio sulla sceneggiatura.
Si sa, Spielberg ha due ossessioni: i nazisti e gli alieni. Impossibilitato dal tempo ad utilizzare i primi (che però da nemici possedevano assai più spessore dei freddi russi comunisti), si è sfogato con i secondi e, pescando nel torbido della propria cinematografia, ha ecceduto con un finale parossistico. D'altra parte I Predatori resta l'unico capolavoro della saga, i sequel sono sempre un po' cialtroni rispetto all'originale e di questo quarto episodio forse non si sentiva la necessità. E allora perché produrlo? Probabilmente Spielberg e Lucas da un lato sentivano il bisogno di omaggiare l'icona di un eroe assurto immediatamente all'olimpo dell'immaginario cinematografico collettivo; invogliati, dall'altro, da un sicuro successo commerciale di un progetto ormai improcrastinabile per limiti di età.
Beh, che dire. A mio parere il primo obiettivo è stato centrato, lo spirito del professor Jones è intonso, grazie soprattutto alla straordinaria bravura di H. Ford, che è riuscito a mantenere intatti la dignità e l'ironia del personaggio fino alla fine, senza cadere nella parodia di se stesso. Il regista maliziosamente ha saputo sfiorare con sapienti tocchi nostalgici la sensibilità del fan, riproponendo alcune mitiche battute, gesti, sguardi, personaggi. Che dire, ad esempio, del battito accelerato nel momento in cui è inquadrata la foto di Jones senior? Oppure quando Indy dice "Russi, io la odio questa gente" chiaro riferimento ai nazisti de I Predatori o quando Marion, rincontrandolo, con identica espressione dice: "Indiana Jones" e così via fino alla spiritosa inquadratura finale. La sceneggiatura non ha davvero importanza, in fondo questo quarto episodio racchiude in sé le icone-mito apparse negli altri tre e tutto ciò per la soddisfazione dei fan, forse unicamente per loro.
Anche io, appassionata da sempre del personaggio, sono uscita dal cinema soddisfatta, perché tra emozione e nostalgia mi sono pure divertita, OLE'.