jarhead regia di Sam Mendes USA 2005
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jarhead (2005)

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locandina del film JARHEAD

Titolo Originale: JARHEAD

RegiaSam Mendes

InterpretiJake Gyllenhaal, Jamie Foxx, Peter Sarsgaard, Jacob Vargas, Skyler Stone, Wade Williams, Katherine Randolph, Chris Cooper

Durata: h 2.03
NazionalitàUSA 2005
Generedrammatico
Tratto dal libro "Jarhead" di Anthony Swofford
Al cinema nel Febbraio 2006

•  Altri film di Sam Mendes

•  Link al sito di JARHEAD

Trama del film Jarhead

Swofford, da tutti chiamato 'Swoff', arruolatosi come suo padre e suo nonno prima di lui, passa dalla noiosa gavetta in campo all'azione di guerra durante l'operazione Desert Storm, nella prima Guerra del Golfo. In spalla un fucile da cecchino e uno zaino da 45 chili, attraversa i deserti mediorientali privo di protezione dal caldo tremendo o dai soldati Iracheni, sempre potenzialmente all'orizzonte.

Film collegati a JARHEAD

 •  JARHEAD 2: FIELD OF FIRE, 2014
 •  JARHEAD 3 - SOTTO ASSEDIO, 2016

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Voti e commenti su Jarhead, 147 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  20/02/2006 01:17:00
   7 / 10
"Dentro al nostro circo nessuno puo' ferirci, dentro al nostro circo nessuno puo' toccarci... ma siamo dei pazzi a crederci"

Il tentativo è nobile: la "maschera della guerra" lascia attorno belve ferite, calpestate dei loro diritti, offese dalla riproduzione tangibile ed esasperata di una disciplina "votata alla morte" (altrui). Emblematica la bellissima sequenza della proiezione di "Apocalypse, now" con la Cavalcata delle Valchirie in sottofondo e il fascino militaresco ma anche infantile che esercita l'abbattimento del nemico. Ci insegnano che l'uomo nasce guerriero, e il ring è un risiko messo insieme da altri uomini, in un processo continuo di emulazione, di gloria anche effimera, Solo che il nemico non arriva. L'attesa frustante è segnata dalla rabbia repressa, ma anche da quel clima goliardico che restituisce senso e diritto al senso puro della vita. Poteva essere feroce, l'odissea di Swaff, e in fondo lo è, ma se vomiti sabbia, in un'excursus horror, e nello specchio vivi solo la misoginia verso la tua donna (non servirà Freud per capire che nei soldati la femmina assume l'unica fisiologica necessità sessuale) qualche dubbio si pone... Inizio alla Full Metal Jacket, il solito Car durissimo, solito sergente carogna che usa il corporativismo per innescare una serie di beffarde umiliazioni alla dignità del prossimo.
"Sei una cacca, ma sei anche un marine" (controsenso atto a indicare che il principio dell'incertezza, del dualismo psichico, alberga in tutti noi... eroi e nullità all'unisono).
Si sentono i Doors e Wyllenhaam protesta "ma questa è la musica del Vietnam noi vogliamo la nostra...." E' cosa buona e giusta, il soundtrack per ogni conflitto. Ma a questo punto la libera scelta di Mendes è legittima oppure è costruita opportunamente?
Qualcosa tipo "Oh già saro' il nuovo John Huston, oggi un film bellico, domani chissà (magari lo vedremo girare tra i cowboys "particolari" di cui Wyllenhaam sa già qualcosa...).
In realtà Mendes sta lentamente liberandosi del suo odioso tentativo di entrare invano nella storia e nelle nomination (soprattutto dopo l'odioso "era mio padre") e lo dimostra una regia tutto sommato informale, che, a parte qualche immagine inutilmente poetica, crea qualcosa di realmente insolito nel genere bellico: ok convenzionali cameratismi stile "biloxi blues", chi legge Camus, chi ha la moglie fedifraga, chi (indirettamente cubano) si dice "fiero di combattere per gli States".
La lunga attesa disorienta, nel suo cronologismo, eppure provoca anche squarci di lirica suggestione visiva, con quel deserto infernale che implode nell'incendio dei pozzi di petrolio (odioso partigianismo impellente per lo spettatore "pacifista" in favore del Dittatore occupante), e un'apparizione di viandanti assai significativa, che trasmette l'irrilevanza dell'"altro" (nemico o straniero che sia), come un miraggio ostile.
Certo sto leggendo "mattatoio 5" e lì davvero mi torce lo stomaco, ma la visione di Mendes è tutt'altro che patinata o "cinematografica": è piuttosto e giustamente inedita, se immaginiamo la sporcizia e la coercizione a cui vengono sottoposti i soldati, a "teste di latta" che la fisicità riduce a rango di anti-eroi costretti a comprendere il prezzo dell'eternità anche nel ritorno a casa.
Un po' come un classico degli anni Cinquanta, "All'inferno e ritorno" con Audie Murphy, sostenuto da una seconda parte finalmente depurata dalle analogie con i temi classici del recente cinema bellico.
Biografico, depurato solo apparentemente dalla cognizione empatica, esasperato quanto basta per dirci che, comunque la si pensi sulla guerra, chi la vive è soprattutto colui che limita anche la dimensione privata in tutte le sue false o vere comodità

3 risposte al commento
Ultima risposta 28/02/2009 13.19.32
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