Peping, giovane studente di criminologia, decide di seguire il vecchio compagno di classe Abyong in una missione al servizio di una gang di malavitosi di Manila. Nottetempo massacrano una giovane prostituta, rea di aver contratto ripetuti debiti con un boss senza pietà.
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Violenza, quella più condita di crudeltà, come le acque delle fogne, nei sotterranei, da ignorare e dimenticare. Burattinaia di una classe fuori classe, obbligata, disperata. Bocche da sfamare, sogni, corda che stringe al collo. Tuffo consapevole sul cemento, salva monete e scudo di salvezza. Giorno e notte come Urano e Crono. Scadenze, fiducia mal riposta e lo stillicidio del totem del male, monumento palpabile, dimensione umana di uno spettacolo imprevisto che stupra l'innocenza.
Padre amorevole, compagno attento e presente, allievo ligio presso la scuola di polizia; questo è Peping, nessuno potrebbe immaginare che il giovane sia parte integrante di una gang criminale. Il caos di Manila apre la pellicola: in mezzo al fiume di parole, volti, auto, biciclette, bancarelle e rumori di ogni genere spiccano preparativi e celebrazione del suo matrimonio. Pochi invitati, una festa ed un pranzo molto semplici in cui allegria e serenità non mancano. Poi scende la notte, il ragazzo è richiesto per un lavoro dal boss per cui lavora, impensabile rifiutare. Insieme ad altri uomini partecipa al rapimento di una prostituta, malmenata e tramortita, poi portata fuori città in una fatiscente villetta, qui si consuma l'orrore e il cuore fino ad allora puro di Peping si tinge assorbendo le tenebre che avvolgono le aberranti gesta. Mendoza dirige un film dal forte impatto realista, e per questo la violenza raffigurata, nonostante non venga mai mostrata in maniera chiara o compiaciuta, restituisce un senso di malvagità non comune e molto più disturbante rispetto la maggior parte dei tanto celebrati torture-porn. Tuttavia a tener banco è soprattutto il protagonista, indeciso se fuggire o meno, se utilizzare quella pistola appena concessagli in dono. Forse più facile scendere a laidi compromessi con la propria coscienza. C'è una prospettiva del tempo dilatata, l'interminabile viaggio punteggiato da momenti all'apparenza insignificanti (il passaggio del casello, lo stop per pisciare, l'acquisto di birra e vivande) con dialoghi ridotti all'osso, secchi, asciugati da ogni fronzolo. Si percepisce il rispetto per il boss, la paura che egli suscita, l'indifferenza del branco alla violenza e lo spaesamento del protagonista che alla fine scambia il silenzio e la vita di una donna con una manciata di banconote. Il buio lascia spazio al giorno, si rientra a Manila e lo strepitio del caos urbano riprende il suo assordante incedere mentre le prime luci dell'alba illuminano la feroce combriccola. Peping è ancora una volta indeciso sul da farsi ma sa bene che la sua anima è ormai corrotta, succube di un mondo in cui la perdita dell'integrità (come scritto sulla sua t-shirt) è un viaggio senza ritorno, perfettamente descritto da Brillante Mendoza.
Finzione. Dilatare il tempo, la pelle, le pupille. Finzione lacerante. Disossare il plot, scarnificare la regia - rimane solo il Cinema, potente e rarefatto. Tremolante - lo spettatore e la mdp. Messa in scena fredda, come la lama, come il sangue, come il silenzio. Il silenzio glaciale a fine visione. Noi eravamo presenti.
"Mi sono davvero sentito come il testimone oculare di un orribile omicidio. Ho creduto a tutto quello che ho visto..." - Quentin Tarantino -
La durata del racconto dilata il tempo che passa realmente.Non abbiamo ralenty,ne fermi immagine,ma una direzione immersiva di Mendoza che si prende la responsabilità di realizzare un film incentrato tutto sul protagonista,un aspirante poliziotto che per guadagnare qualche spicciolo in più per la sua famiglia appena formatasi si inserisce in un gruppo di malviventi per mettere a segno un massacro nei confronti di una prostituta indebitata fino al collo. Quello che viene mostrato senza fronzoli è una netta contrapposizione fra lucida,serena giornata mattutina piena di vita,di gioie e speranze per il giovane Peping(un Coco Martin trascinante,qui alla sua seconda collaborazione col regista),e il cambiamento di atmosfera essenziale per prepararci ad una discesa negli inferi che metterà a dura prova la psiche del ragazzo.
Nell'intermezzo la cosa che più mi ha lasciato senza fiato è quello che si avverte con Peping:entrando nella macchina dei criminali(e attenzione che gli antagonisti nascondono un dettaglio che bisogna scovare per capire al meglio la loro figura e quello che sono in verità)per dirigersi verso la casa dove attuare lo stupro e la violenza esplicita su quella donna indifesa,Mendoza si immerge con l'interprete principale dentro la vettura e da li non si schioda per una mezz'ora abbondante. L'abitacolo come un qualcosa di devastante che mette a soqquadro la determinazione raggiunta dal protagonista,e la fotografia si fa sempre più cupa,nera,tenebrosa.E il sottofondo musicale(la radio che viene ascoltata sia da noi che da chi occupa la macchina) funge da narratore intradiegetico,da Caronte che avverte l'unico personaggio positivo di aver compiuto un grave errore. Sino al momento in cui bisogna aprire gli occhi e guardare in faccia alle opere del Diavolo in persona in un inferno creato ad hoc per spiazzarci.
Il tutto seguito dagli occhi di Peping e la telecamera non si allontana mai da lui.Perché anche noi siamo spettatori innocenti che assistiamo impotenti alle efferatezze che siamo costretti a vedere e sentire.Noi diventiamo testimoni di un omicidio e non ci possiamo fare nulla.Ci sporchiamo la coscienza ma quello che riceve il danno maggiore è proprio il neo-poliziotto. Un'inquadratura sulla sua maglia che dice tutto"l'integrità una volta persa è persa per sempre". È così la sua vita cambierà,in un punto di non ritorno pregnante di maligno in ogni parte di location. Palma d'oro nel 2009 per la miglior Regia. Devo dire che il film è stato compreso da molti e Mendoza è stato premiato a dovere.Bene così.
Un film da consigliare e che mostra un altro mondo a noi sconosciuto sotto una direzione di camera a mano impietosa che coinvolge pienamente.
Manila, giorno e notte. Il giorno, la luce e i buoni propositi di un giovane allievo poliziotto che celebra il proprio matrimonio. La notte, le tenebre in cui i buoni propositi si sfaldano in maniera irrimediabile. L'iniziazione all'orrore di un futuro dove il male si maschera sotto le insegne del bene, dove l'orrore diventa quotidianeità a cui ci si abituerà nel prossimo futuro. In una sola notte si perde l'innocenza, l'ottimismo e la propria integrità. L'evidente contrasto di Mendoza fra la prima e la seconda parte è perfettamente funzionale allo scopo. Quello che convince di meno però è l'eccessiva dilatazione dei tempi della parte centrale che diventa un po' stucchevole. Comunque non è un film che lascia indifferenti, che ha momenti forti e disturbanti oltre alla buona recitazione del protagonista.
Benvenuti nel carnale inferno della marcia umanità.
Film splendido. Ancora una volta, Brillante Mendoza si dimostra un autore capace di comunicare con poco e di esprimere emozioni palpabili con la sola immagine, curata nei minimi particolari, alternando pellicola e digitale, inquadrature fisse e camera mobile.
"Mi sono davvero sentito il testimone oculare di un terribile omicidio. Ho creduto a tutto ciò che ho visto" ha commentato Quentin Tarantino durante la proiezione al festival di Cannes e, per una volta, sono d'accordo con lui. Film enorme, fatto di sospirate inquadrature e vertigini, con una prima parte colorata, molto parlata e affollata, fatta di sequenze soffocanti dove non appaiono meno di dieci esseri umani e una seconda, invece, silenziosa, morbosissima, violenta e oscura. Un viaggio di formazione all'incontrario, dove l'innocente prende coscienza che l'irraccontabile è a due passi da casa sua e, dove, diventa improvvisamente complice.
L'omicidio di ******* è tra i più brutali che si siano mai visti in una pellicola filippina e spiazza per il misto tra pudore e voyeurismo con cui è inquadrato. Meraviglioso il cast, su cui spicca, sicuramente, un bravissimo Coco Martin, attore feticcio di Mendoza, e capace di racchiudere in un solo sguardo smarrimento, dolore e determinazione.
Scena da non dimenticare: Peping, rimasto solo in un bagno pubblico, si guarda la fede nunziale e, convinto che sia sporca di sangue, la strofina con ostinazione, guardandosi continuamente allo specchio. Ed è il via verso una parte, dove ritorna il giorno e la sua gente, che sembra chiudere il cerchio, ma che inevitabilmente lo lascia aperto.
Nel finale, che pare tronco, ma in verità è azzeccatissimo, il messaggio si palesa: la famiglia non è riunita e il bravo marito, macchiatosi del crimine, non sarà più lo stesso, abbandonando alla felicità domestica solo moglie e figlio. Disturbante, cattivo, ma anche talmente neorealista da lasciar sbigottiti, "Kinatay- Massacro" è uno di quei film che, pur non raccontando molto, resta impresso. Per sempre.
"Una volta persa l'integrità, è persa per sempre".