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Il film da cui Ridley Scott ha attinto più di una cosa per il suo capolavoro peplum, Il Gladiatore. Un kolossal di tre ore pieno di fascino come di clamorose lungaggini. Su tre ore se ne poteva potare almeno una, perché l'occhio di Mann si perde così tanto nelle scene sfarzose e di massa da trasformare il film in pornografia dell'opulenza. Ed è proprio questo il suo punto di forza: se lo si prende per il verso giusto, lo spettatore non può fare a meno di perdersi dentro una ricostruzione storica faraonica (non a caso uso questo aggettivo, visto che il grosso delle scenografie sono rimasugli di Cleopatra), che alla fine è l'unico motivo di esistere di questo film. Immane sfilata di grandi attori, performance in altorilievo con tensione da dramma scespiriano.
Mah non so mi aspettavo qualcosa in più...una ricostruzione un pò più fedele alla realtà. Meraviglioso il set che ricalca la Roma antica. Gli interpreti non male...poi vabbè Plummer rende unico ogni personaggio a cui dà il volto.
Si distacca decisamente dalla media qualitativa di gran parte dei kolossal di quel periodo. Personaggi ottimamente interpretati(ma il buon Mason da una pista a tutti),scene di massa coreografate splendidamente e una storia che si dipana in maniera mai banale.
che film....ottime le interpretazioni, le ambientazioni, i personaggi e sopratutto la trama per un film che non era semplice da mettere sul grande schermo a quel tempo (almeno secondo me) e con tutti i dettagli... la frase finale ti fa capire che il film non voleva fare vedere come cadeva l'impero romano ma come, con le proprie mani, si è rovinato...
Un film austero, severo, forse poco accattivante, tanto da determinare (in seguito all'insuccesso al botteghino) la "Caduta del cinema péplum". Erano tempi in cui le scenografie erano vere, le comparse erano vere; e le scene di massa in questo film sono realizzate con impeccabile attenzione per i dati storico-antiquari e per il senso del decoro che si suppone abbia caratterizzato l'antica Roma almeno fino al periodo rappresentato nella pellicola. Ma con l'impero di Commodo siamo ormai al limite: e la causa dell'inevitabile decadenza di Roma non è da ricercarsi nelle pressioni dei cosiddetti 'barbari', o forse nemmeno nelle bizzarrie di qualche principe psicologicamente deviato, bensì nella corruzione della classe dirigente (senato) e degli stessi militari. La bellissima prima parte (da antologia il funerale di Marco Aurelio) cede il posto ad una seconda parte piuttosto confusa, anche a causa della necessità di mantenere forzosamente in vita la sorella di Commodo, Lucilla, storicamente defunta molto prima. Il punto debole del film, comunque, è la mancanza di un protagonista dai tratti 'eroici: umbratile e insignificante Stephen Boyd (il 'cattivo di Ben Hur, qui trasformato in 'buono'), isterico e sopra le righe Christopher Plummer(Commodo, che qui comunque si mostra leale nei confronti dell'amico/rivale Livius), petulante e invadente la Loren (Lucilla). Da salvere assolutamente: Peter Sellers (Marco Aurelio) e, come già detto, le magnifiche scene di massa. Certo interessante, ma storicamente discutibile, il personaggio di Timonide (James Mason), impegnato nella creazione di un "melting pot " di stampo più americano che romano. Si dimentica, qui come pure nel "Gladiatore", l'importante ruolo svolto da Commodo nel processo di accettazione dei Cristiani all'interno della compagine romano/pagana. Comunque, un film da vedere, se non altro per comprendere come il cinema americano sapesse ricostruire antichi scenari decine di anni prima dell' avvento della computer graphics.
Il film del quale "Il Gladiatore" è un parziale remake (la parte iniziale è pressoché identica) si discosta dal genere peplum per la qualità delle interpretazioni (soprattutto quella di A. Guinness) per l'impegno anche economico e per una certa accuratezza delle scene di battaglia. Nella seconda parte purtroppo il film si perde un po'. La Loren è veramente la moglie di Carlo Ponti (che se non erro produsse il film) in un ruolo che assolutamente non le si addice.