Earl Partridge, in punto di morte, desidera dopo anni rivedere il figlio che ha seguito le orme del padre nell'ambiente della televisione, attorno a questa situazione si intrecciano le vicende di altri personaggi.
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Nove storie di varia umanità si intrecciano in una indifferente Los Angeles, storie apparentemente lontane ma che hanno più di un punto in comune l'una con l'altra e che, legate insieme, compongono un affresco corale sul male di vivere, sulla solitudine, sugli errori dei figli e le colpe dei padri, sulle speranze svanite e su quelle ancora vive. Il modello è ovviamente "America oggi" di Altman eppure lo sceneggiatore/regista Anderson vi si avvicina senza timore reverenziale e con fare antropologico, mettendo in evidenza una tecnica registica non priva di virtuosismi eppure mai fine a se stessa. Sorprende in positivo anche la già matura direzione degli attori ( a proposito, un Cruise così bravo non l'avevo quasi mai visto ), tutti alle prese con personaggi ben scritti e dalle forti personalità. Certo in tre ore di film la tensione narrativa registra qualche inevitabile piccolo cedimento, e sebbene il lirismo tanto ricercato venga raggiunto solo in alcuni passaggi - anche grazie ad un intelligente utilizzo di musiche talvolta anche un pò furbette - Magnolia è da considerarsi l'ennesimo centro nella carriera del regista.