minority report regia di Steven Spielberg USA 2002
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minority report (2002)

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locandina del film MINORITY REPORT

Titolo Originale: MINORITY REPORT

RegiaSteven Spielberg

InterpretiTom Cruise, Colin Farrell, Samantha Morton, Max Von Sydow, Lois Smith, Peter Stormare, Tim Blake Nelson, Steve Harris, Kathryn Morris, Mike Binder, Daniel London, Spencer Treat Clark, Jessica Capshaw, Neil McDonough, Richard Coca, Patrick Kilpatrick

Durata: h 2.25
NazionalitàUSA 2002
Generefantascienza
Tratto dal libro "Il rapporto di minoranza" di Philip Kindred Dick
Al cinema nel Settembre 2002

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Trama del film Minority report

Washington 2050. Un mondo vicino, ma diverso dal nostro, governato da tre veggenti in grado di prevedere ogni accadimento, che fanno arrestare in anticipo gli assassini, scongiurando ogni reato. Ma un giorno, John Anderton, comandante della pre-crime, viene accusato di un omicidio che ancora non ha commesso...

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Voti e commenti su Minority report, 295 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  24/07/2010 16:21:53
   7 / 10
Minority Report è il classico film di Spielberg: ritmo sostenuto, tensione, interesse, spettacolo, grandi riprese. Tutto è studiato e cadenzato per tenere sulle spine lo spettatore fino all’ultimo secondo (vedi la prima scena del salvataggio e la scena cruciale della “scelta”). Scenografie, attori, sequenze di ripresa sono di prim’ordine. Il cinema fatto in questa maniera è un cinema di qualità e Spielberg è uno dei più grandi cineasti “tecnici” della storia del cinema.
L’unico problema è che alla fin fine questi film rappresentano l’ennesima riproposizione di schemi collaudatissimi e strausati. Spielberg fa del mestiere la sua grandezza e sa come trattare lo spettatore per catturarlo. Certo uno spettatore più “smaliziato” riesce anche ad astrarre dal vortice procurato di emozioni e tensioni, in qualche maniera ne coglie la struttura e capisce che appartiene a qualcosa di già “visto” e prevedibile. Ormai si sa che il salvataggio avviene quasi sempre all’ultimo secondo, che l’eroe se la cava sempre nonostante gli intoppi, che riesce ogni volta a trovare un appiglio o un trucco casuale che risolve tutto. Altro punto obbligato è il lieto fine e l’accomodamento finale, come pure l’intoccabilità di certi valori come quelli di famiglia, patria, religione.
Detto questo, bisogna però ammettere che il film interessa e diverte lo stesso e che alcune scene (poche) sono originali e sorprendenti.
Ciò che salva questi film di stampo hollywoodiano è il fatto che trattano sempre un qualche argomento scottante d’attualità o di interesse universale. Minority Report ad esempio ipotizza un modello futuro di società con caratteristiche sociali ed etiche di grande interesse.
Quello che teme Spielberg è l’invadenza dello Stato nella vita individuale e nella libertà delle persone. Già è sconcertante il fatto che ognuno sia schedato e catalogato grazie all’iride oculare e sia tenuto tra l’altro a farsi riconoscere (la scena un po’ grottesca dei topini elettrici che vanno a scannerizzare gli occhi degli abitanti di un palazzo dei bassifondi, dove se ne fanno di tutti i colori). La pubblicità subito approfitta di questo “riconoscimento” forzoso e dà il benvenuto a ogni persona che entra nel negozio, ricordando gli acquisti effettuati (alla faccia della privacy). Questo succede anche camminando per strada o scendendo dalla metropolitana. Il controllo ossessivo arriva fino alle intenzioni e a perseguire chi “pensa” di commettere un crimine e arriva a farlo.
Tutto questo avviene grazie al progresso tecnico e alla ricerca. Rimane però ancora irrisolto il grosso problema della gestione dei progressi tecnici, cioè quello dell’imperfezione umana e del progredire lentissimo dell’animo umano rispetto agli istinti distruttivi e “primordiali”. Il pericolo più grave è l’abuso di potere, il cattivo uso che ne può fare chi lo gestisce senza limiti e contrappesi (è l’incubo di Spielberg da Schindler’s List in poi).
Comunque, nonostante i controlli più capillari e insistiti, si riesce a creare delle vie di fughe, delle zone d’ombra e queste possono addirittura tornare utili per sconfiggere il potere deviato.
C’è poi il fatto che l’uomo riesce per sua natura a conservare un margine di libero arbitrio. Nelle cose umane non esistono fenomeni e teorie assolute, c’è sempre un margine di incertezza o varianza.
Morale della favola: meglio lasciar perdere i sistemi di controllo totalizzante o preventivo e tendenzialmente mai fidarsi di nessuno. Il colpevole potrebbe essere innocente e l’innocente colpevole. Insomma le apparenze ingannano. C’è molto Hitchcock in questo film.

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