non si uccidono cosi' anche i cavalli? regia di Sydney Pollack USA 1969
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non si uccidono cosi' anche i cavalli? (1969)

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locandina del film NON SI UCCIDONO COSI' ANCHE I CAVALLI?

Titolo Originale: THEY SHOOT HORSES DON'T THEY?

RegiaSydney Pollack

InterpretiJane Fonda, Michael Sarrazin, Susannah York, Gig Young, Red Buttons, Bonnie Bedelia, Michael Conrad, Bruce Dern, Al Lewis, Robert Fields, Severn Darden, Allyn Ann McLerie, Madge Kennedy, Jacquelyn Hyde, Felice Orlandi, Art Metrano, Gail Billings, Lynn Willis, Maxine Greene, Mary Gregory, Robert Dunlap, Paul Mantee, Tim Herbert, Tom McFadden, Noble Chissell

Durata: h 2.09
NazionalitàUSA 1969
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1969

•  Altri film di Sydney Pollack

Trama del film Non si uccidono cosi' anche i cavalli?

Durante la grande depressione una coppia partecipa a una maratona di ballo che mette in palio 1500 dollari...

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Voto Visitatori:   8,47 / 10 (30 voti)8,47Grafico
Miglior attore non protagonista (Gig Young)
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior attore non protagonista (Gig Young)
Miglior attore non protagonista (Gig Young)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attore non protagonista (Gig Young)
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Voti e commenti su Non si uccidono cosi' anche i cavalli?, 30 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

zerimor  @  07/10/2023 00:52:42
   9 / 10
Un film straordinariamente originale con un messaggio di critica potentissimo. Prova degli attori strabiliante, in particolare quella di Jane Fonda che è proprio fuori scala.
Epilogo che fa rabbrividire. È di una tristezza indescrivibile.
Pellicola superlativa. Fatevi un favore e recuperate questo piccolo capolavoro.

Thorondir  @  04/09/2023 11:03:47
   8 / 10
Pochi film nella storia degli Stati Uniti sono stati in grado di raccontare la vera essenza degli Usa come questo film di Pollack: la lunghissima gara di ballo non è solo una competizione (già di per se elemento profondamente statunitense, esemplare la scena della "corsa") ma è anche e soprattutto metafora di un intero paese: non contano le condizioni reali, il disagio, la povertà, la disillusione, la fame, la stanchezza. Tutto questo, in quel paese, è sempre e costantemente celato dallo spettacolo, dallo "show": il vero protagonista del film è lo show, lo spettacolo che viene messo su dal direttore Rocky: come più volte ripete lo stesso personaggio, quello è ciò che conta realmente. A nessuno interessa del ballo, delle coppie, di chi vince: si vuole assistere a qualcosa di unico, anche se palesemente finto, manipolato, costruito, per allontanare da se la tristezza e vederla in qualcuno che è ai gradini più bassi della scala sociale (ad assistere sono sponsor, borghesi, procuratori di Hollywood). E non a caso appena si esce da quello spettacolo tornano la tragedia, i dolori degli esseri umani, la loro condizione (quel finale così lacerante).

Qualche momento di stanca durante la parte centrale ma nel complesso è un film-allegoria in grado di raccontare un'epoca (la "grande depressione") e un intero paese. Umanità e tragedia.

Goldust  @  15/09/2020 18:27:48
   7½ / 10
Il male di vivere e la crudeltà della vita in un film. Grottesco e surreale, lancinante e deprimente. Invecchiato forse un pò male e anche claustrofobico nel suo lungo incedere circolare, ma trasmette benissimo la disperazione umana del periodo della Grande Depressione.

_Hollow_  @  21/04/2018 23:45:24
   10 / 10
"Disagio", "America", "Grande depressione". Alle volte non vi capisco proprio. Dovete sempre cadere nelle etichettature inutili per cosa poi? Scrivere qualche parola in più?
Come chi, parlando di "Ikiru" di Kurosawa, se ne esce con "malattia", o "vecchiaia".
È un film sull'esistenza. Punto.
Che c'incastra poi "La lunga marcia" Stephen King quando il film è tratto dall'omonimo romanzo di Horace McCoy uscito nel '35. E non so se ho reso bene l'idea. Il 1935.
Praticamente attuale come non mai, rende inutili e sprecate tonnellate di carta stampata (e pellicola) utilizzate in tutti questi anni.
Il pessimismo, l'antinatalismo, non sono cose nuove. Non è un fulmine a ciel sereno un film del genere, non dopo il buddhismo o Schopenhauer. Ma qualcuno ha mai visto il messaggio espresso in modo tanto diretto, tanto crudo?
In Italia la cosa che va più vicino al capolavoro di Pollack è forse "Totò e Carolina", censurato fino allo sfinimento e, comunque, con un suo "lieto" fine.
Un'altra cosa comparabile al finale, all'abbandono della giostra, è "La ballata di Stroszek". Ma lì il messaggio è sublimato dal simbolismo finale.
Pollack, invece, per 2 ore e 10 riprende la condizione umana in tutta la sua miseria. Il finale poi, con lo spettacolo che va avanti, è un pugno nello stomaco.

C_0_  @  16/11/2017 10:02:01
   8½ / 10
Durissimo, amaro e spietato. Ci viene mostrato e anche molto chiaramente fino a che punto possa spingersi un essere umano quando è davvero disperato. Non rientra tra i miei preferiti ma è indubbiamente un ottimo film. Gli attori sono tutti in palla a parte Sarazin che sinceramente non mi è piaciuto molto.

Invia una mail all'autore del commento marlamarlad  @  17/08/2017 15:20:26
   10 / 10
Film che periodicamente rivedo con molto piacere. Jane Fonda strepitosa.

fabio57  @  14/12/2016 15:05:00
   7 / 10
Pollack è stato un regista e attore importante e questo è uno dei suoi film più celebrati, tuttavia personalmente non lo prediligo, anzi in tutta sincerità lo trovo molto angosciante, non è difficile però ritenere quanto fosse verosimile ,nel periodo della grande depressione, effettivamente la disperazione indusse la gente a compiere le imprese più stravaganti per tirare innanzi la carretta. Comunque questo estenuante gioco al massacro, stillicidio da incubo, con annessa tragedia finale, è veramente avvilente.

ZanoDenis  @  05/03/2015 20:02:27
   7½ / 10
Buon film di Pollack, con una Jane Fonda veramente in forma che sfodera una performance straordinaria, il film è uno specchio di quei tempi, ma oggi potrebbe essere più attuale che mai, il film paga probabilmente una parte centrale un po troppo statica. La parte veramente riuscita é il finale, molto amaro, dove tutto prende senso e si ricollegano tutti i tasselli. Ottima la caratterizzazione dei personaggi, il presentatore su tutti, secondo me uno dei personaggi chiave.
Tecnicamente discreto, carine le musiche, vale la visione.

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  19/11/2014 23:39:21
   8½ / 10
L'America opulenta che emargina e porta all'imbarbarimento del ceto più basso e malfamato, più che un reality ante litteram, una corrida umana, gladiatori che inconsapevolmente stanno mettendo in palio la loro vita nell'arena, palcoscenico degli istinti primordiali, della vendita disinibita della dignità, una beffa dietro l'angolo, un titolo profetico, un Gig Young alter ego del regista offre uno spettacolo, puramente intrattenimento.
Pollack allestisce uno spazio chiuso claustrofobico, lo dipinge di colori caldi pastello, allo spettatore offre una boccata d'aria viziata, il gioco gli riesce più di tanti melò che realizzerà in seguito, cinico e amaro lo è stato e lo sarà in conclusione a tante storie d'amore qui si riscopre sardonicamente grottesco. Pietra miliare.

DogDayAfternoon  @  19/07/2014 12:29:12
   8 / 10
Allucinante ritratto della miseria umana durante gli anni della Grande Depressione in un contesto molto atipico e originale, quello della gara di ballo. Che poi in realtà è molto più di una gara di ballo, è una lotta alla sopravvivenza dove l'istinto più egoista e animale dell'uomo viene fuori ai suoi massimi livelli. Un film semplice e diretto, merito soprattutto delle caratteristiche complementari dei suoi personaggi: soprattutto nei due protagonisti principali Robert e Gloria che formano una coppia straordinaria sotto tutti i punti di vista ma anche nei comprimari come il marinaio, l'attrice, la coppia in dolce attesa, ognuno dei quali dà il giusto apporto e la giusta drammaticità alla vicenda. Ma la cosa più "disturbante" è vedere il pubblico inneggiare ai propri idoli sofferenti che lottano come bestie feroci per un pezzo di pane: un antesignano dei reality show moderni, dove però la miseria dei concorrenti non sta tanto nelle tasche ma nel cervello.
Altrettanto importante e riuscita è la sceneggiatura, con un velo di ironia che compare ogni tanto ma che in realtà aggiunge ancor più profondità alla storia.

Il film è datato e in alcuni frangenti il ritmo si fa piuttosto pesante, di certo non si può dire che sia per tutti i gusti; pure la scelta delle musiche, visto che in fondo di una gara di ballo si tratta, poteva essere più curata e personalizzata. Ma resta comunque uno di quei film che bisognerebbe aver visto almeno una volta nella vita.

Lucignolo90  @  01/07/2013 02:26:53
   8½ / 10
Amaro film di Pollack (regista un pò sottovalutato) sulla Grande depressione, l'enorme spartiacque per tutto il nuovo continente che ha segnato irrimediabilmente la fine del sogno americano.
E' il 1932 e la crescente miseria spinge un centinaio di coppie a partecipare a una maratona di ballo di oltre mille ore con brevi pause tra un'ora e l'altra. La coppia vincitrice si porterà a casa 1500 dollari.
Quella che all'inizio sembra solo una festa si trasforma col passare dei giorni in un vero e proprio tour de force a eliminazione fisica dei partecipanti, che abbandoneranno via via per esaurimento nervoso e fisico. Tra i partecipanti un giovane quasi costretto a partecipare (Michael Sarrazin) e una donna insoddisfatta con una visione della vita sotto il più totale cinismo (Jane Fonda), che formeranno una delle coppie partecipanti.
Il film in più oltre a essere uno spaccato del degrado creato dalla crisi economica è anche una critica alla spettacolarizzazione crescente data in pasto allo spettatore, gente pagata per vedere altra gente che soffre e balla sino allo sfinimento, il malvezzo di offrire di tutto e di più all'occhio scrutatore di chi "paga" per cui ha sempre e comunque ragione nel pretendere ogni volta qualcosa di vario e più estremo. Il presentatore/organizzatore della serata è il prototipo dei futuri conduttori di reality show, spietato, incurante del sempre più degradante e insensato spettacolo che stà offrendo, fervido sostenitore del motto "show must go on" (attore premiato addirittura con l'oscar se non sbaglio), una competizione che trova come punto culminante una corsa a passo veloce di 10 minuti, in tondo attorno a un palco, momento di forte intensità drammatica, dove il gioco al massacro viene fuori ancora più evidente.
Finale da vero pugno nello stomaco e quasi impossibile da prevedere nella sua inaspettata durezza.
Lo spettacolo và, deve andare avanti con i sopravvissuti, in fondo è anche la metafora del nostro vissuto: siamo tutti ballerini che quasi inconsapevolmente si ritrovano a danzare in coppie nel grande valzer della vita, tutti destinati comunque a soffrire, c'è chi riesce a stare al passo più a lungo, chi crolla e chi rinuncia ancor prima.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Angel Heart  @  25/03/2013 20:17:34
   9 / 10
Siamo negli anni della grande depressione, e in America, lo spettacolo più in voga è una spietata ed allucinante maratona di ballo. 100 coppie maledette prendono parte all'evento: c'è chi lo fa per sfida, chi per bisogno, chi per caso, chi per notorietà, chi per disperazione. Premio in palio: 1500 dollari. Regole della gara: ballare ininterrottamente fino a quando non rimarrà una sola coppia in piedi.

Un capolavoro insuperato, ancora oggi potente come un macigno, che mostra senza mezzi termini quanti dolori, torture ed umiliazioni sia disposto a patire l'essere umano se preso dalla disperazione. E tutto questo, sotto gli occhi di un sadico pubblico che applaude ed incita per vedere di più.
Un gioco al massacro senza eguali, scioccante, disturbante, tragico, deprimente, e che oggi, in un'epoca di reality show dove le disgrazie e le sofferenze altrui diventano spettacolo di massa nonchè pretesto per sentirsi migliori degli altri, risulta più attuale e sconvolgente che mai.

Cast divino (dalla tenace Jane Fonda al sensibile Michael Sarazin, dall'impassibile Gig Young allo spavaldo Red Buttons, dal duro Bruce Dern alla tenera Bonnie Bedelia, senza tralasciare la bellissima Susannah York), regia splendida e spietatissima, e una dozzina di sequenze da infarto secco.

40 anni e sembra scritto ieri.
Eccellente.



Nota: curiosissime similitudini (nelle premesse) con l'agghiacciante capolavoro letterario di Richard Bachman (alias Stephen King) "La Lunga Marcia", scritto (a quanto pare) prima del film di Pollack ma pubblicato dieci anni dopo.

3 risposte al commento
Ultima risposta 17/08/2017 15.22.11
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gatsu  @  06/03/2013 14:51:52
   8 / 10
Meraviglioso film di Pollack sul degrado morale dell'uomo medio americano. Stava così avanti il regista all'epoca che ancora oggi la pellicola risulta attualissima specialmente in questo periodo di crisi che tutti noi stiamo vivendo. Jane Fonda superba ma anche il resto del cast non è da meno. Amaro, crudele e molto triste, assolutamente da vedere.

JOKER1926  @  29/05/2012 01:40:31
   7½ / 10
La metafora dello spettacolo, fenomeno per la massa, processo sublime dell'economia, trova rappresentazione, forte e violenta, in "Non si uccidono così anche i cavalli?".
Sydney Pollack nel titolo del suo film (1969) mette tutto quel che serve; l'uomo è trattato (e si fa trattare) come un animale robotizzato nel suo intento di riuscire a concretizzare un misero obiettivo che, nel film del regista, si presenta nelle forme di un premio di mille e cinquecento dollari.
La vena che affligge l'anima de "Non si uccidono così anche i cavalli?" è quella di una bordata di cinismo che, nell'ambito cinematografico, trova si e no qualche rivale, ma, effettivamente, la fantomatica cerchia di rivali è numericamente circoscritta.
Cinismo e drammaticità dunque muovono i fili di una sceneggiatura incentrata sulla miseria umana, fra situazioni incredibili e purtroppo pure ironiche.

La storia di Pollack vede anime di uomini e donne costretti, giocoforza, a dar vita ad una (presunta) spettacolare maratona di ballo, fra deterioramento fisico e mentale. In tutto ciò, lo spaccato temporale, gli anni della grande depressione americana, dettano le irrimediabili dinamiche.
In questo prodotto non esiste nessuna via di scampo, abolito il sentimento, "Non si uccidono così anche i cavalli?" si autoimpone come tremendo dipinto di un qualcosa di estenuante e di incredibile.
Le corse, per esempio, danno quel senso di tragicomicità e decretano la povertà mentale della massa americana che paga per "vedere".
La regia oltre ad addensare spietatezza e tristezza nell'apparato contenutistico sgancia una confezione tecnica di grosso rilievo. Fotografia di buon livello e attori di grande spessore. Ricordando tutte le prestazioni degli interpreti, sale in cattedra quella di Jane Fonda. L'attrice mette in scena la massima impassibilità , la malinconia e la frustrazione schiantano ogni animo, ogni spettatore.
Tutti questi sentimenti "grigi" si riconfermano a voce alta in un finale a circuito chiuso, ennesima batosta concettuale (e visiva), il pubblico, a questo punto, depone davvero le armi alla corte di un qualcosa di forte e di beffardo che fa capo alla pura e mastodontica povertà (i temi, oltretutto, sembrano pure attuali).
L'ultima inquadratura di Pollack è di quelle che sanciscono, a pieni voti, la potenza e la freddezza che il Cinema può e deve, alle volte, irrimediabilmente offrire.

"Non si uccidono così anche i cavalli?" a chi la visione?
Ad un pubblico che vuole vedere ciò che è l'anti commercio cinematografico. In questo viaggio, su questi binari, cadono i parametri convenzionali, si surclassano le illusioni. Non basta nemmeno quella simpatica e carismatica vecchietta spettatrice che "stravede" nel numero 67 a cambiare e ad indirizzare i fili della storia verso un finale "roseo" o, perlomeno, non così accanito.
Il film nelle sue due ore di proiezione mostra una freddezza e ritmi incredibilmente frenetici, insomma la staticità spaziale non frena quella incredibile competizione fatta di estenuanti risvolti.
Questo è Cinema per chi sa soffrire, per chi vuole soffrire. Logoramento potente.

Zanibo  @  28/05/2012 18:39:08
   8½ / 10
Il film è originale e riuscitissimo.

Lory_noir  @  25/09/2011 15:42:09
   7 / 10
Ho apprezzato la cruda metafora della vita messa in scena da Pollack come una maratona, ma comunque, per gusto, mi ha coinvolto solo fino ad un certo punto. Bravissima Jane Fonda.

Gruppo COLLABORATORI atticus  @  24/08/2011 00:16:21
   10 / 10
Dedicato a tutti quelli che ritengono Sydney Pollack un regista sopravvalutato.
Non è un caso che questo film non passa sulle tv in chiaro da quasi dodici anni, ovvero da quando i reality sono approdati sui nostri schermi, e da quell'indimenticabile sabato notte in cui lo vidi e lo registrai. Da allora un pezzo della mia innocenza e delle mie illusioni è andato via per sempre.
"Non si uccidono così anche i cavalli?" (titolo emblematico) è uno sconcertante apologo sull'american dream disintegrato dalla grande depressione, ma anche un punto di vista spietato sulle regole dello spettacolo che macina anime senza alcun ritegno, che spreme corpi ed emozioni secondo la logica del guadagno, che plagia la realtà per assecondare il piacere del pubblico.
Probabilmente uno dei film più strazianti, disincantati e tragici che siano mai stati concepiti, con alcuni dei momenti più duri di tutta la storia del cinema: la corsa forsennata intorno alla pista, il rancio consumato mentre si continua incessantemente a ballare, la prostituzione e la rassegnazione alla follia, la dignità calpestata per poche monetine, le ginocchia che crollano, il cuore che scoppia, la mente che non ce la fa a resistere ad un gioco troppo crudele.
Capolavoro di lucidità sociale in straordinario anticipo sui tempi, diretto da Pollack con un nervosismo, con una passione ed una forza emotiva da non lasciare scampo, ed interpretato da un cast impressionante: grande, grandissima Jane Fonda, maschera spietata e lacerante dell'orrore del reale ("Alzati, mi sono stancata di perdere!"); superbo Gig Young, spalla comica in tante commedie rosa trasfigurato nell'imbonitore più mostruoso del creato; toccante la York, aspirante diva ridotta alla vergogna per il ludibrio della platea; e poi ancora il marinaio di Buttons, la giovane incinta della Badelia, il giovane sognatore di Sarrazin, tutti offrono prove sensazionali.
Il finale ti mastica il cuore, te lo strappa e te lo getta giù da un burrone.
Un film che tutti dovrebbero vedere, un classico scomodo che non potrà mai uscire fuori da chi l'ha visto, una grande opera firmata da un regista troppo spesso snobbato. Indimenticabile!

8 risposte al commento
Ultima risposta 01/09/2011 12.12.39
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  24/04/2010 22:52:19
   7½ / 10
Ecco come Pollak inquadra l'Americano medio durante il periodo piu' nero della storia Americana!
Gente disposta quasi a tutto per 1500 dollari...non proprio una grande cifra!E se poi a questa cifra vengono messe anche le tasse?
Davvero un gioco al massacro per niente...questa gente costretta a danzare,a correre,a stare in piedi e vivere in massa dentro degli sgabuzzini...come animali condotti al macello,e non è forse a questo che sono chiamati?
Nel sadico presentatore l'immagine dei media che speculano sulla situazione,anche loro cercano di portare il poco pane a casa...
Emozionante!

Gruppo STAFF, Moderatore Lot  @  15/12/2009 14:13:24
   8½ / 10
Amaro, lucido e distorto apologo sul degrado morale, 40 anni e sembra scritto ieri.
Jane Fonda magnetica.

The Monia 84  @  06/02/2009 22:43:40
   9 / 10
Controverso ed avvolgente film dal ritmo ipercinetico, con le sue traumatiche riflessioni morali sul degrado dell’umano sentimento, anche se il suo sconvolgente finale fa sì che la sua visione sia sconsigliabile alle persone più suggestionabili. Ma nonostante l’acuto pessimismo che pervade l’intera vicenda e l’alta drammaticità delle immagini siamo indubbiamente al cospetto di un’opera col respiro grande del capolavoro.
Jane Fonda brava davvero

Gruppo COLLABORATORI SENIOR pompiere  @  03/10/2008 23:44:49
   7½ / 10
Mirabile Gig Young, pronipote di tutti i conduttori degli odierni Reality Show.
Una pellicola ai limiti del grottesco, a tratti prevedibile (a parte il finale).

Dan of the KOB  @  01/09/2008 23:06:14
   10 / 10
Non sono solito rilasciare il massimo dei voti, ma questo film di Pollack è sconvolgente e mi ha toccato in modo particolare e non posso dargli altro che 10!
E' un turbine di emozioni forti, pochi film mi hanno messo i brividi durante e dopo la loro visione, Pollack c'è riuscito!
Una storia spietata, cinica e cattiva, senza un briciolo di speranza, una storia che ti entra dentro e ti fa star male, i protagonisti del film (i protagonisti di quel periodo storico, di un'epoca) ci contagiano con la loro disperazione, il loro malessere!
Diretto in modo semplice, senza tanti fronzoli, ma scritto e sceneggiato in modo divino e interpretato da una Jane Fonda che ricorderò per tutta la vita!
Recuperatelo ad ogni costo!

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  21/07/2008 14:17:31
   9 / 10
Un capolavoro sconvolgente per cinismo e lucidità analitica nonché poesia cinematografica.
Jane Fonda firma una delle interpretazioni più intense e travolgenti della storia del cinema per la capacità con cui rende il suo personaggio un’incarnazione di un popolo, di una cultura, di una società, di un tempo, di una vita.
Commoventi le scene finali…
“anche i cavalli li finiscono no?”
di un’Umanità potente.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  14/07/2008 22:48:27
   9 / 10
Una maratona del genere avrebbe fatto la gioia della tv spazzatura di oggi, così prodiga di cattivo gusto e tesa a raccontare tutto l'orribile quotidiano. Questo campionario di disperazione, e l'America della Grande Depressione ne offriva tanta, cerca di ottenere quella piccola speranza di un futuro migliore per fuggire da un presente avaro di soddisfazioni, ma senza rendersi conto di rimenere in un meccanismo spietato di mercificazione delle proprie disgrazie e delle proprie illusioni. Uno dei migliori film di Pollack, amaro e senza speranza, che una volta visto ti lascia veramente il segno dentro.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  10/07/2008 20:17:23
   8½ / 10
“They shoot horses don't they?” rappresenta il punto più alto della carriera da regista di Sidney Pollack. Un amaro, disilluso e nichilista ritratto dei reietti della società, ridotti allo stato di bestie pur di tirare a campare.
Il personaggio centrale è quello di Gloria (interpretato dalla bellissima e bravissima Jane Fonda): una donna provata dalla vita, che tenta disperatamente l’ultima carta per emergere dalla mediocrità di un’esistenza fatta solo di delusioni e umiliazioni. E’ lei il soggetto latore del pensiero disincantato del regista (e prima ancora dell’autore del romanzo, da cui il film è tratto, Horace McCoy): Gloria paragona la condizione di tutti i disgraziati che si accingono a partecipare alla maratona di ballo a quella degli animali, con l’aggravante che essi, al contrario, delle bestie, sono coscienti della “mattanza” cui vanno incontro; si indigna di fronte alla donna incinta, accusandola di mettere al mondo un essere umano destinato ad una vita miserevole; e infine, quando ormai ha maturato la piena consapevolezza che dalla sua condizione non c’è via di scampo, si sfoga con il suo compagno di ballo facendogli capire che nulla potrà mutare nelle loro vite frustrate. La vicenda di Gloria si svolge all’interno di un’arena nella quale è stata indetta una assurda e massacrante gara di ballo, con la quale viene oggettivata l’agghiacciante metafora della esistenza degli emarginati i quali, come fossero sempre al centro di uno spettacolo che non offre scappatoie, ci vengono mostrati come degli eterni fenomeni da baraccone costretti ad esibirsi ed esporsi al pubblico ludibrio solo per garantirsi la sopravvivenza: sopravvivenza che spetterà solo ai più instancabili e tenaci. Eloquentissima, a tal fine, tutta la sequenza, allo stesso tempo grottesca e inquietante, della maratona forsennata attorno alla pista, simbolo di una corsa disperata verso una meta da raggiungere al prezzo della propria dignità. Ad assistere allo stillicidio-eccidio dei concorrenti vi è il pubblico voyeur e sadico che si pasce delle sofferenze altrui, traendone nutrimento per le prorie basse pulsioni (è inutile, siamo sempre al principio di tutto: dalle arene dell’antica Roma alle “isole dei famosi” di oggi). Lo spettacolo messo in scena da Pollack assurge, quindi, a drammatica rappresentazione dell’umanità, contrassegnata ciclicamente e inesorabilmente dalla prevaricazione e dall’assoggettamento, di cui è espressione la suddivisione in classi e, più in generale, tra privilegiati e miserrimi.
Il tragico epilogo ha richiamato alla mia mente il finale di “Accattone”, di cui ricalca la visione nichilista.

Gruppo COLLABORATORI Invia una mail all'autore del commento L.P.  @  31/05/2008 15:42:55
   9 / 10
Un film straordinario, di una durezza e di un cinismo che ancora oggi, a quasi 40 anni di distanza, lasciano il segno. Pollack ritrae alla perfezione questo piccolo-grande gioco al massacro ambientato ai tempi della depressione e sfrutta un' occasione apparentemente frivola come una maratona di ballo per aggredire lo spettatore con scene di una crudeltà disarmante

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER. Il finale poi, davvero spietato, è la sola logica conclusione possibile per esprimere una visione del mondo e della vita del tutto ciniche e disincantate.
Mostruosa Jane Fonda.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  29/04/2008 22:27:18
   8 / 10
C’era una volta un bambino di 9-10 (agli inizi degli anni ’70) che viveva sereno con i giochi, la scuola e la televisione. Tutto sembrava andasse bene; in tv vedeva spettacoli o film anche drammatici ma che comunque avevano il lieto fine. C’era senz’altro il “cattivo”, ma a lui si contrapponeva l’eroe “buono” e alla fine il bene trionfava sempre. Insomma era convinto che nel mondo ogni cosa si sarebbe sistemata da sé per il meglio.
Poi una sera in tv ebbe la ventura di guardare “Non si uccidono così anche i cavalli?” e fu come se all’improvviso gli si fosse rivelata la verità. Il film sembrava si svolgesse più o meno come tutti quelli che aveva visto fino ad allora. C’erano due personaggi di carattere opposto: uno era un ragazzo sognatore, mite, gentile, amante della natura e delle piccole cose (il rumore del mare, un raggio di sole). Aveva però il difetto di essere forse troppo buono, di non sapersi a volte negare o farsi valere, in altre parole era un po’ debole di carattere. L’altro personaggio possedeva invece un carattere molto forte, deciso, spiccato. Era una donna indurita dalle vicissitudini negative della vita, piena però di voglia di riscatto, con una sete di cose tenere e piacevoli che però teneva ben nascosta dietro una ruvida scorza, giusto per non sembrare debole di fronte al mondo.
Tutto sommato i due erano persone buone, positive, simpatiche e si finiva senz’altro per affezionarsi e tifare per loro. Come in tantissimi film precedenti, i due protagonisti dovevano affrontare situazioni molto difficili, varie vicissitudini negative, però entrambi erano tenaci, stringevano i denti, miravano al successo e alla fortuna rappresentata dalla vincita di un bel gruzzolo che gli avrebbe sistemati, con la prospettiva di un amore che stava sbocciando.
Quel bimbo insomma si era fatta l’idea che i due eroi avrebbero vinto la maratona di ballo e si sarebbero sposati. Nel frattempo però il film faceva vedere uno spettacolo moralmente raccapricciante. Sulle quinte apparivano solo sorrisi, luci, colori, un bello spettacolo attraente e divertente; dietro le quinte invece c’era solo indifferenza, cinismo, materialismo e la spietata caccia a incassare più soldi possibile. Anche chi stava dalla parte “cattiva” si rendeva conto dell’abiezione, della crudeltà e della disumanità di quello che stava facendo e pareva soffrirne. Nonostante ciò accettava questo comportamento come l’unico possibile per sopravvivere e anzi rincarava la dose, umiliando e strizzando fino alla distruzione gli “oggetti” (cioè i ballerini) che gli procuravano il guadagno.
In un lento impietoso stillicidio si arriva alla prostituzione, alla pazzia, alla morte, al mercimonio dei sentimenti (fingere un matrimonio in scena). A questo punto anche in chi guarda la prospettiva si rovescia. Si capisce che lo spettacolo rappresenta la metafora del nostro vivere quotidiano (anche noi tutti i giorni siamo costretti a “ballare” per altri, non disponiamo certo del nostro tempo) e appare come un incubo, un meccanismo infernale stritolatore che non lascia via di scampo. Anche quel bambino sente dentro di sé tutto lo schifo, tutta la disperazione e il dolore dei protagonisti. Come loro non vede nessuna via d’uscita a una vita noiosa, senza senso, umiliante. Ecco che allora la scelta estrema di uscire dal gioco, cioè di abbandonare la vita appare come la più moralmente logica, quasi come una liberazione da una lancinante sofferenza.
Convincere un bambino che rinunciare a vivere in un certo mondo sia la cosa migliore da fare, significa avergli fatto vedere e averlo convinto della realtà di un meccanismo perverso che si nasconde dietro le belle apparenze. Certo è un film, la vita è bella in ogni caso, vale la pena comunque di viverla, c’è il gioco, le risate, le persone care. Un bimbo fa alla svelta a riconciliarsi con il proprio mondo, però quel bambino quel film non riesce proprio a scacciarlo dalla testa. E’ come se si fosse rotto un incantesimo. Adesso guarda a tutto con occhio dubbioso e disincantato. Ma sono proprio vere queste belle cose che fanno vedere in tv, non si nasconde qualcosa dietro? Il seme della critica era stato gettato e non avrebbe tardato a dare i suoi agrodolci frutti.
Lo avrete capito che questo è stato il film che mi ha fatto aprire gli occhi sulla realtà dell’esistenza quotidiana. Sono ancora molto legato affettivamente a quest’opera. Ciò non toglie che vista con gli occhi di oggi non si possa fare a meno di rilevare diverse imperfezioni. Quello che salta agli occhi è la mancata comunicazione del tempo che passa. La vicenda si svolge nell’arco di un mese e mezzo, ma sembra che si svolga in 2-3 giorni. I caratteri forse sono presentati in maniera un po’ brusca, come in maniera brusca avvengono i vari fatti, nonostante un ottimo montaggio. A volte può apparire monotono. In ogni caso bravissima Jane Fonda. Il film avrebbe potuto essere ancora più duro, più cattivo, ma in fondo va bene anche così. Dopo 40 anni continua ancora ad essere un’opera che conserva il suo grande impatto e che va senz’altro vista almeno una volta nella propria vita. E’ un’opera “seminale”, sempre che si riesca a trovare il terreno giusto …

Invia una mail all'autore del commento wega  @  20/10/2007 12:31:54
   8 / 10
ottimo film di pollack,la maratona come metafora della vita,il bisogno di espedienti per cambiarla,e la perseveranza nel raggiungere lo scopo.Ma stanca della vita la protagonista trova delusione anche in questo frangente,in questa occasione diciamo un pò goliardica.
Un film che può risultare lento e noioso ma un'ora e 55 di attesa viene pagato nella drammaticità delle ultime sequenze..

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d'altronde si uccidono così anche i cavalli.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  04/02/2007 19:18:13
   9 / 10
Film straordinario, probabilmente l'opera piu' intensa e appassionata della carriera di Pollack: la vicenda di una maratona da ballo negli anni della depressione americana, il disperato bisogno di denaro, l'american dream filtrato attraverso un'incombente disagio sociale e attraverso un crudele, barbaro rituale di sopportazione fisica e psicologica.
Un film sconvolgente, assolutamente da non perdere, soprattutto per la grandiosa interpretazione di Gig Young (che vinse l'oscar) nei panni del cinico e spregiudicato (molto moderno direi) presentatore

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  21/01/2007 12:15:38
   8½ / 10
Ambientato nel 1932 a Los Angeles questo è il film di Pollack probabilmente più claustrofobico. Un meraviglioso ed amaro ritratto dell'America durante la depressione racchiuso in una maratona di danza. Il film è duro, è incredibile la sofferenza subita dai protagonisti; per non parlare di umiliazione e di una buona dose di masochismo. Gli interpreti sono straordinari soprattutto Jane Fonda e M. Sarazin.

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