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E' facile tirarsi addosso tutto il pregiudizio possibile per la Riefenstahl (ma che vita affascinante, oserei dire) e per un film che sicuramente sarà un must nella videoteca ideale di ogni naziskin/decerebrato che si rispetti. Ma non è facile nemmeno acclamare un film del genere senza scontrarsi con l'ideologia nazista di cui è permeato, e al tempo stesso arrendersi davanti alla capacità tecnica della suddetta opera, che ha in tutto e per tutto (e nonostante tutto) la bellezza e, appunto, l'apoteosi (come il titolo di un episodio del film) del CAPOLAVORO. Film di propaganda nel senso piu' deleterio del termine, ma anche la consacrazione di una grandissima regista, capace di suggestioni visionarie (notevole l'influenza del surrealismo francese, di Vigo e del lirismo di Flaherty) a incentivare la bellezza fisica dello sport favorito, della competizione, della vittoria umana. Emblematiche le sequenze di nudo maschile e femminile atte a celebrare la bellezza fisica della razza ariana: sono sequenze affascinanti, e mentre dico questo già mi ribello al fatto che credo che questo film ideologicamente indifendibile (o magari solo ambiguo) sia una delle piu' grandi opere visionarie del XX Sec. E' altrettanto ambigua la vicenda della premiazione dell'afroamericano Jessie Owens, che viene immortalato durante la premiazione per pochi secondi. Come racconta la storia, il Fuhrer si rifiuto' di dare la mano a un'uomo di colore, e probabilmente parti di questa vicenda sono state tagliate in fase di produzione, su imposizione dello stesso partito nazista che finanziava il film. Insomma, opera da odiare per ovvi motivi, ma di una bellezza indiscussa. Sulla Riefenstahl, confesso che mi intriga molto: mi basta sapere cio' che è diventata negli ultimi due decenni di vita, paladina dei diritti umani proprio in Africa, per riabilitarla o, forse, confondere la mia opinione su di lei