Un sassofonista, dopo aver ricevuto da uno strano individuo cassette in cui viene ripreso in casa sua durante la sua vita quotidiana, viene accusato dell'omicidio della propria moglie. Ma, una volta in carcere, si trasforma in un'altra persona, che viene scarcerata e inizia una vita in qualche modo parallela a quella precedente...
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La bellezza, la magnificenza di STRADE PERDUTE è indescrivibile. La genialità visionaria di Lynch è poetica e sublime. Applicare Freud e il concetto del nastro di Moebius (confermato dallo stesso regista) al film è stato qualcosa di straordinario. Difficile interpretarlo a prima vista. Difficile interpretarlo alla seconda, alla terza e anche alla quarta. I particolari, però, sono la chiave vincente. Il cinema di Lynch è fatto di immagini e di dettagli particolari. Solo facendo una minuziosa attenzione a queste due componenti e possibile risalire gradualmente all'intera interpretazione di ogni sua opera. Insomma, il nodo della questione era quello di intendere che tutte le vicende del giovane Pete, altro non sono che le fantasie di un Fred Madison seduto su di una sedia elettrica e percorse da scariche elettriche (NOTARE I CONTINUI LAMPI SENZA PIOGGIA CHE CONTORNANO GRAN PARTE DELLE SCENE DOVE è PROTAGONISTA IL GIOVANE PETE, E IL SANGUE CHE SGORGA DAL NASO DEL RAGAZZO). Le fantasie di Fred sono l'ultimo suo disperato tentativo di fuggire da una morte che incombe; il desiderio di controllare tutto ciò che nella realtà è stato incapace di controllare. Immedisimandosi in Pete ci riesce, ma a poco a poco i sensi di colpa della realtà cominciano ad inquinare e ad invadere la sua fantasia e tutto gli sfugge di mano nuovamente. Oltre tutto questo sbalzi spazio-temporali, e la condanna ad un infinito di morte da cui è impossibile sfuggire. Grande Lynch. Questo è vero e puro cinema.