the tree of life regia di Terrence Malick USA 2011
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the tree of life (2011)

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locandina del film THE TREE OF LIFE

Titolo Originale: THE TREE OF LIFE

RegiaTerrence Malick

InterpretiSean Penn, Brad Pitt, Joanna Going, Fiona Shaw, Tom Townsend, Jessica Chastain, Jackson Hurst, Crystal Mantecon, Lisa Marie Newmyer, Pell James, Tamara Jolaine, Jennifer Sipes, Will Wallace

Durata: h 2.19
NazionalitàUSA 2011
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 2011

•  Altri film di Terrence Malick

Trama del film The tree of life

E' la storia di una famiglia del Midwest negli anni cinquanta attraverso lo sguardo del figlio maggiore, Jack, nel suo viaggio personale dall'innocenza dell'infanzia alle disillusioni dell'età adulta in cui cerca di tirare le somme di un rapporto conflittuale con il padre (Brad Pitt). Jack - che da adulto è interpretato da Sean Penn - si sente come un'anima perduta nel mondo moderno che vaga nel tentativo di trovare delle risposte alle origini e al significato della vita, tanto da mettere in discussione anche la sua fede.

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Voto Visitatori:   6,90 / 10 (168 voti)6,90Grafico
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su The tree of life, 168 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI Gabriela  @  01/06/2011 10:31:52
   7½ / 10
L'intento di Malick è quello di realizzare un inno alla vita.
Pensa di trovare le risposte alle domande scomode, personali e umane; attraverso un caleidoscopio intimo e cosmico che vanno dalle emozioni e dalla vita quotidiana di una famiglia fino ai limiti infinito dello spazio e del tempo .
La perdita dell'innocenza di un bambino, la sua trasformazione attraverso lo stupore, la meraviglia e la trascendenza.
Uniche e meravigliose sono le immagini ma si percepisce troppa religione infatti la natura è importante, ma poi è la "grazia spirituale" quella che disegna non solo la nostra vita come individui e famiglie, ma tutta la nostra l'esistenza.

Jessica Chastain è perfetta nel suo ruolo di madre amorevole e sofferente, la macchina da presa la ama e la insegue durante tutto il film…. ma io continuerò dirlo all'infinito: nonostante 5/10 minuti di apparizione… i love scionpenn!!!

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Ultima risposta 06/06/2011 23.22.24
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TheLegend  @  31/05/2011 15:43:13
   8 / 10
"Perchè dovrei essere buono se tu non lo sei?"
Questa è la domanda che Jack rivolge a D.io in un momento di crisi spirituale e che un pò tutti ci siamo posti ,credenti e non,dandoci alla fine risposte differenti.
Malick ci offre la sua "versione" e lo fa con un film sulla vita visivamente immenso,unico e raro.
Sicuramente i non credenti come me troveranno alcune parti distanti dalla propria interiorità,soprattutto la parte finale,ma non potranno comunque negare che in ogni scena ci sia una parte di Vita.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  31/05/2011 13:57:05
   9 / 10
Genesi 2:9: "Così il Signore Dio fece crescere dal suolo ogni albero desiderabile alla vista e buono come cibo e anche l'albero della vita nel mezzo del giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male".

La morte di un giovane ragazzo,di un figlio,di un fratello, porta la tempesta nell'anima di gente mite che giustamente si pone delle domande esistenziali!
La Madre cerca risposte sulla via da seguire,sul perche di questa morte ed ecco come un evento comunque comune che riguarda un'anonima famiglia Americana viene paragonato alla nascita del nostro pianeta!
Poi tocca al fratello che è quello con piu' dubbi anche perche nel suo animo c'è sempre stato un conflitto tra la Madre tanto amata e Credente e il Padre autoritario e distaccato dai problemi familiari...
Non a caso le prime cose che leggiamo sullo schermo sono prese dal libro di Giobbe,anche lui,infatti,dopo aver perso dei parenti chiedeva a Dio risposte!
Malick con questo film ci fa vivere un esperienza unica,difficile da trovare al cinema in questi anni,una storia "comune" che diventa un modo per comunicare con il Creatore!
I dubbi e le domande ottengono una risposta molto Cristiana in quel finale criticato soprattutto dai non Credenti...probabilmente anche quella parte della critica che non ha accettato il finale...e infatti con sorpresa e piacere ho accolto il premio vinto a Cannes!
Bisogna andare a vedere questo film preparati,sapendo a cosa si va incontro perche non è qualcosa che siamo abituati a vedere spesso e infatti ritengo giusti i paragoni con "2001" di Kubrick...ne sono passati di anni...
Poesia allo stato puro!

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Ultima risposta 01/06/2011 20.45.49
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googar  @  30/05/2011 16:08:05
   10 / 10
Non sò voi ma io ho l'impressione che davanti abbiamo una pellicola-fenomenoparanormale; nell'era del cinema fatto di macchine rombanti,notti da leoni e pirati vari,ci troviamo ad interpretare e giudicare un film fuori dal comune,anacronistico per mia opinione ma allo stesso tempo moderno.
Anacronistico perchè lo reputo una poesia lirica,ricco di significati allegorici che non hanno niente a che vedere con il cinema odierno(vedi nella lista affianco);
allo stesso tempo però mederno in quanto affronta tematiche che ci riguardano da vicino.

Il filmci tocca il più profondo tarlo della nostra mente.Malick ci stupisce con le immagini cosmiche che scaturiscono in noi un senso di quiete e armonia,ma allo stesso tempo ci mostra la confusione, l'irrascibilità e la debolezza del padre che altro non è che la figura rappresentate di ognuno di noi.

Con un dualismo di immagini,alternato alla storia della piccola famigliuola in un cosmo immenso,Malick ci REGALA un pellicola epica!

Legend691  @  30/05/2011 15:50:19
   10 / 10
Capolavoro.
Un film ricco di poesia e filosofia. Malick, con questo film, ci offre riflessioni sulla nostra società che cade a pezzi, su un dio sentito assente dall' uomo e sul modo di affrontare la vita.
Il lato tecnico è PERFETTO: dalla regia di Malick che ci regala delle inquadrature da brividi alla fotografia divina.
Bellissimo, da vedere e rivedere.

wuwazz  @  30/05/2011 13:58:43
   6½ / 10
Un film che, a causa della sua atipicità (comparato con la maggior parte dei film di oggi) ha diviso pubblico e critica.

Mi accingo a commentare questo ultimo film di Malick dopo un piccolo periodo di riflessione.

Il mio pensiero è che purtroppo Malick abbia fatto il passo più lungo della gamba. Purtroppo questo film è eccessivamente "costruito" e forzato nella sua globalità. Lo stile antinarrativo e la cripticità sono ricercati fino all'esasperazione, per un tempo eccessivamente dilatato.

Ciò non toglie che alcune sequenze siano a dir poco magnifiche: il senso della vita, la sua bellezza, la sua meraviglia, emergono e si impongono ad un livello non-conscio dello spettatore attento e rilassato, che vuole solo lasciarsi trasportare dal film, entrare in sintonia con questo.

Detto questo purtroppo, come prima ho accennato, questo film non si spinge molto oltre. Francamente non riesco a cogliere tutta quella filosofia di cui tanto si parla e si è parlato. Racchiude sicuramente delle tematiche interessantissime e molto importanti, ma forse i mezzi utilizzati da Malick per trasmetterle al pubblico sono esagerati. Mi riferisco soprattutto alla "digressione" spaziale e temporale che, pur nella sua spettacolarità, aggiunge troppo ad un film che sarebbe stato completo già soffermandosi ai semplici piani della formazione dell'etica nell'uomo e della percezione di Dio.
La parte finale l'ho trovata particolarmente spocchiosa ed assurda, un esagerato e non necessario salto nel simbolismo.

Infine, è un film spettacolare considerato in aspetti suddivisi, che però non riesce ad amalgamarli e a fonderli con eleganza e naturalezza.

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  30/05/2011 09:19:18
   8 / 10
10 ai contenuti, alla regia, alla musica, all'interpretazione, alla sceneggiatura.
6 alla esasperante lentezza del film. Di solito amo questo genere di lentezza, di contemplatività, di fluidità dilatata dei tempi cinematografici, ma questa volta non sono riuscito a tollerarlo.
Tante cose si possono dire sulla simbologia di questo bellissimo film di un regista che non conoscevo, se non di nome, ma mi limito a dare il mio commento personale, ovvero che pochi capiscono la reale portata di una frase come "padre, madre voi due lotterete sempre dentro di me".

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  29/05/2011 23:24:18
   8 / 10
Dopo la visione di un film del genere si riflette molto più del normale, cercando di trovare possibilmente una risposta il più possibile univoca su ciò che si è visto. Ma questa non è una pellicola sui generis ed una risposta univoca è difficile trovarla, ammesso che ce en sia una sola, cosa alquanto improbabile. E' curioso questo parallelismo di Malick tra l'infinitamente grande come il cosmo e l'infinitamente piccolo della storia di una famiglia e della sua ricerca di avere delle risposte, così appassionata e sentita da annullare il gap tra l'infinitamente piccolo e grande. Una Natura predominante e un dio che non si materializza, che non fa sentire la sua presenza (un'ossessione cinematografcamente bergmaniana), la ricerca attraverso l'etica del lavoro di un padre autoritario, un'etica rigida molto vicina al calvinismo.
In mezzo a tanti spunti che può dare un film del genere, un continuo flusso interiore di sentimenti ed emozioni che sono la cifra stilistica riconoscibile di Malick.
Una sola visione non permette certamente di cogliere le tante sfumature di un film complesso ma indubbiamente affascinante soprattutto dal punto di vista visivo, ma il bello del cinema è anche rivedere i film per tentare di svelare quelle domande che sono rimaste senza risposta.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  @  29/05/2011 15:37:48
   7½ / 10
Grandissimo, profondissimo, ipnotico, ultrasuggestivo (e suggestionante) film, meritata Palma d'Oro a Cannes, ma non -a mio giudizio- un capolavoro.
Una nota di merito a Brad Pitt che ci ha messo corpo, faccia e soldi producendo questo non facile "The Tree of Life"; altra nota di merito a Sean Penn che spesso mette a disposizione la propria professionalità al cinema indipendente americano accettando cachet ben al di sotto di quelli hollywoodiani: da due artisti notoriamente "democrat-progressisti", molto impegnati sul fronte sociale e artistico, non ci si poteva che aspettare questo.

A mio modo di vedere, questo è un film sulla necessità di riconciliarsi con la propria storia di vita attraverso l'ineluttabilità del perdono. Tutta la "confezione" del film nonché l'esplicito, costante riferimento alla vicenda biblica di Giobbe, ci offrono un taglio innegabilmente "religioso": la stupenda visione finale della riconciliazione-incontro in una sorta di non-luogo paradisiaco commentata da un eloquente "Agnus Dei" da brivido, mi confermano ulteriormente in questa lettura.
La cosa interessante, però, è che questo perdono è l'atto più "contronatura" che esista (rispetto alla sete di vendetta, per esempio) ma è l'unico che possa consolare realmente l'Essere Umano di fronte all'ineluttabilità del dolore che contraddistingue la sua storia e la storia di tutto il Creato. In questo senso, mi sembra un film molto leopardiano, anche se più che una natura "cattiva e selvaggia", Malick ci mostri una Natura semplicemente indifferente e ineluttabile, che tutto crea e distrugge per poter poi ricreare a piacimento. A poco servono le nostre timide preghiere, i nostri irrisolvibili interrogativi esistenziali, la nostra acuta osservazione di ciò che ci circonda: tutto sarà ingoiato nel sempiterno circuito di distruzione-trasformazione-creazione-deterioramento-nuova distruzione e nuova trasformazione-creazione...
A questo noi, piccoli umani, possiamo contrapporre solo le nostre credenze, le nostre fragili fedi, il nostro sogno di poter riabbracciare per sempre chi ci ha lasciato in un luogo indefinito che non contempli più il terribile meccanismo quantistico della mutazione materiale.

Un nuovo "2001" allora? No, purtroppo. Perché la pellicola di Malick pecca proprio su questo versante non riuscendo a universalizzare il discorso sul dolore: partendo da uno dei peggiori eventi che possano capitare a un essere umano (la perdita di uno dei propri figli), Malick si butta troppo presto a capofitto in un caleidoscopio di immagini straordinarie che vorrebbero simboleggiare il flusso di coscienza innescato dal dolore stesso, lo vorrebbero universalizzare e contemporaneamente relativizzare. Il problema è che la vicenda rimane però troppo legata a "quel" dolore specifico, vissuto da "quella" famiglia, che vive in "quel" luogo (gli Stati Uniti), in "quella" epoca (gli anni Cinquanta-Sessanta), con "quei" protagonisti dalle caratteristiche estremamente caratterizzate. L'oggettivizzazione anarchica che Malick ci mostra mirabilmente attraverso sequenze da antologia del cinema, resta però inesorabilmente fuori contesto e purtroppo il commento in sala di molti spettatori me lo ha confermato: diverse persone hanno detto di aver riconosciuto immagini da "Quark" o da "National Geographic"... il peggio che si potesse udire!
Preso dall'impeto visionario, poi, Malick ha sontuosamente affidato il commento musicale di quelle sequenze a brani classicheggianti e solenni (autore: Alexandre Desplat, uno dei più grandi compositori viventi) che mi hanno però restituito un effetto di disagevole ridondanza: a differenza di Kubrick, Malick non ha impiegato in modo "eversivo" le musiche che ha scelto e, soprattutto, non ha osato il silenzio o il semplice commento naturale del "rumore della natura" ottenendo un (involontario?) effetto barocco che mi ha lasciato alquanto perplesso.

Tale perlessità è cresciuta rispetto a quello che secondo me è invece il tema centrale e magistralmente sviluppato dal film: il dolore di crescere vissuto da un uomo che rivisita il suo passato di infante e di adolescente. Un intensissimo, tormentatissimo Sean Penn (comparirà pure poche volte, ma "buca" davvero lo schermo!) rivive come un flusso di coscienza tutta la sua vicenda familiare prima di arrivare alla riconciliazione con se stesso, col padre e coi fratelli.
Il suo è un percorso tutto interiore (al quale il regista aderisce, evidentemente) e tutto rivolto alla "sua" storia; certo, con inevitabili interrogativi esistenziali universali, ma pur sempre "proprio". Ed è proprio affidandosi alla virtuosistica fotografia di un immenso Emmanuel Lubezki (interi piani-sequenza con steadycam, ottiche grandangolari ultradeformanti, prospettive vertiginose dal basso verso l'alto che amplificano il senso di maestosità dell'ambiente "rimpicciolendo" il protagonista umano di cui si suppone sia lo sguardo) che Malick segue e ci restituisce tutto il dramma e il patire della crescita. I bravissimi ragazzini protagonisti hanno sempre la cinepresa spietatamente addosso, sembriamo poterli toccare dallo schermo; i loro turbamenti diventano i nostri, le loro crudeltà le nostre, la loro vitalità pure. L'irrompere della morte è per loro un inspegabile incidente -e tale rimarrà anche per lo spaesatissimo Sean Penn adulto almeno finché non ripercorrerà la sua vicenda- e solo da adulti cominceranno a chiedersene il perché e a comprendere i profondi turbamenti dei loro genitori fino alla riconciliazione catartica finale. Come dire: solo assumendo il dolore della perdita su di sé è possibile diventare adulti e uscire definitivamente dal ruolo di figli per riconciliarsi coi propri genitori.
Sui quali va fatto un discorso a parte.

L'altro tema del film è, infatti, il perché del male e del dolore. Ma soprattutto del perché il male e il dolore colpiscono anche "l'uomo giusto". E' una tematica tipicamente ebraica e calvinista, due visioni che hanno in comune il correlare la propria condotta con il "premio divino". In realtà a me è venuto in mente un altro passo biblico, quando Dio parla di come rovescerà potenti e superbi: il personaggio del padre dipinto da Sean Penn adulto-Malick è il prototipo del padre ideale: bello, giovane, forte, integrato, "a posto", moralmente ineccepibile, fervente religioso, autoritario ma capace di gesti d'amore e di prossimità fisica e sentimentale ineguagliabili. Un essere perfetto, come solo un figlio devoto o succube possono dipingere. E' il protagonista adulto ad accostare quel padre a Giobbe (e la madre a una sorta di ******* da iconoclasta Sacra Famiglia) e a viverlo dapprima come una consolazione e poi come un ingombro insopportabile. A questa persona così piena di sé e dei suoi inflessibili princìpi morali (tanto piena da non ascoltare neanche la predica del prete sull'ineluttabilità del dolore e che si rivolgerà sempre a un Dio sordo quando in realtà è lui a essere muto), Dio (o la Natura) rovesciano tutti i dolori possibili forse dandogli la possibilità di "tornare a strisciare sulla terra" per comprendere i veri valori della vita (in poche sequenze passa dall'autoincensarsi per aver viaggiato in tutto il mondo ai dubbi sul suo ruolo nell'importante ditta per la quale lavora, fino alla confessione di aver saputo solo generare quei figli che sono l'unica sua vera ragion d'essere). Ma Dio non gli restituisce nulla (come invece accade a Giobbe alla fine dalla sua vita) se non la nuova consapevolezza del figlio superstite che si riconcilia pienamente con la sua famiglia dopo aver attraversato tutto il dolore della sua esistenza. Solo allora potrà vedere con altri occhi il padre e riabbracciarlo come bambino e come adulto (sempre magnifica la potentissima visione finale sulla spiaggia).
Curioso invece che la madre non subisca praticamente alcuna mutazione nella sua percezione se non quella di comprendere -prima a sprazzi e poi compiutamente- la capacità di sopportazione e di rielaborazione dei dolori a cui è stata sottoposta nella sua apparentemente dorata vita.

Depurato dunque dalle pretenziosità universalistiche simil-new age (con tanto di visione preistorica!), l'opera di Malick diventa un potentissimo affresco suggestivo sul dolore di crescere e di esistere da adolescenti, sull'ambiguità di una Natura ineluttabile e di un (possibile) Creatore che comunque "ha fatto cosa buona" pur restando dietro le quinte della sua stessa Creazione, sulla lancinante pena di diventare adulti perdendo ogni sicurezza e affacciandoci sul precipizio della morte che ci attende tutti ingoiando tutto quel che abbiamo fatto con immane fatica.


P.S.: Consiglio spassionato agli abituali frequentatori di multisale: lasciate perdere questo film, non sprecate i vostri soldi: vi annoiereste e basta, infastidendo quelli che invece accetteranno il gioco visionario e anarchico di Malick. Grazie.

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Ultima risposta 01/06/2011 01.15.57
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Egobrain  @  29/05/2011 12:42:42
   9½ / 10
"Ho vissuto per anni nell'attesa di qualcosa.Poi quel qualcosa è divenuto l'attesa"

Non è facile per lo spettatore inquadrare una pellicola come questa in un genere,in un canone che definisca concretamente la sua natura.
The Tree Of Life è altro,va oltre la realtà,oltre il raziocinio,raggiunge l'eminente nella sua espressione estetica e di contenuti.
Non è facile per un semplicissimo amante del cinema come me esprimere un giudizio sull'esperimento di Malick.The Tree Of Life è saturo di domande e questioni esistenziali che mettono l'uomo di fronte a un punto interrogativo assoluto.
Terrence Malick,un uomo riservato che ha all attivo cinque film in quarant'anni di carriera,un indice della sua ricerca della perfezione,una cura maniacale per l'estetica dei dettagli accompagnata sempre da una cura di contenuti impressionante.
Dopo questo accenno alla sua carriera cinematografica,longeva ma caratterizzata solamente da cinque film,ci si può concentrare negli aspetti più profondi di The Three Of Life,amore e odio,croce e delizia di chi si è cimentato nella visione.
Molti giudizi contrastanti emergono circa questa opera cinematografica,che a mio giudizio non può esser condannata in ogni caso,anche nel più terribile per un astante,cioè la noia.
Nel caso in cui sia emersa la noia penso seriamente che non ci sia stata la comprensione delle tematiche,
la lentezza è chiaramente un arteficio ricercato da Malick,è fuori discussione questo,se si considera l'attenzione ossessiva di Malick nei confronti di ogni singolo fotogramma.

The Tree Of Life condensa sublimamente due mondi,due spazi cosi diversi tra loro nella forma,ma legati da un qualcosa di forte,che l'uomo spesso stenta a trovare,o molte volte non lo ricerca affatto.
Quel qualcosa è indefinibile,non è classificabile nemmeno in una sfera emotiva,è un qualcosa che Malick ci vuole insegnare;il regista è spavaldo,è temerario,si mette allo stesso livello di dio,orologiaio di un mondo imperfetto ma affascinante,e Malick,da amante della natura qual'è non fa nessuna fatica a spingere lo spettatore verso la sua direzione,un percorso teologico senza dubbio,un viaggio spirituale del perdono,alla ricerca di un bene che quasi mai l'uomo riesce a scovare.
Come specificato prima The Tree Of Life ha uno sfondo chiaramente religioso,e sebbene il film ci lasci con dei mille perchè,il proposito del regista è evidente in ogni parvenza,come a dire "cercate Dio,trovatelo e raggiungete la serenità".Forse in questo ho trovato qualche perplessità,ma Malick è stato autentico e sincero,ha rappresentato meravigliosamente tutto quello che gli passava per la mente,un viaggio denso di situazioni
e stati d'animo:l'amore,la sofferenza,il perdono,l'innocenza puerile e altri elementi ancora che molto probabilmente vi lasceranno indifesi e attoniti davanti a un gigante buono,una dimensione seducente che non fa altro che stupire nelle sue due ore di pura poesia visiva.

halflife  @  29/05/2011 10:18:46
   9½ / 10
film molto difficile da commentare, ma ottimo, ottimo brad pitt, ottima la moglie, ma sopra di tutto i ragazzi in primisi il primogenito. il film decanta l' inutilita' di tutto del materialismo dei soldi e tutto cio che allontana dalla natura, il filo conduttore e' il volersi bene, la cattiveria e' inutile, non porta a nulla, si forse al rispetto, ma poi??? dopo, tanto....arriva la morte e anche prematura a volte. La fotografia e' discreta nn ottima, l immagine delle galassie e nebulose sono viste e straviste, e l effetto di capogiro/vertigini come lo da odissea nello spazio non la da questo film, il tentativo di imitazione verso il capolavoro di kubrick c'e' secondo me, ma mentre 2001 scorre, anche se lungo, tree of life poteva essere accorciato soprattutto nel secondo tempo che e' stato inutilmente lungo, perche' cio' che odissea spiegava con le immagini qui viene anche e soprattutto spiegato da una voce che accompagna per tutto il film. aspettiamo il prossimo film di malick.

dagon  @  29/05/2011 08:36:02
   7½ / 10
Ho fatto passare qualche giorno dalla visione di questo film... ricordo bene che uscendo dalla proiezione de "la sottile linea rossa", a suo tempo, ebbi la sensazione chiara che il film mi stesse "crescendo"dentro. In effetti così è stato: ogni anno me lo rivedo un paio di volte e lo trovo sempre incredibile ed ipnotico. Non è successo, invece con questo "the tree of life". Sicuramente un'opera ambiziosa da parte di Malick (il regista che forse, per certi aspetti, si avvicina di più a Kubrick), ma mi ha lasciato molto freddo. non ho potuto non ammirare la bellezza delle immagini (su questo il regista è una garanzia) e l'uso delle musiche... però è il terzo film con la stessa voce fuori campo che si pone esattamente gli stessi interrogativi. Vengono usati di nuovo degli effetti sonori già ascoltati (primo fra tutti quella sorta di rintocco lugubre che è presente spesso anche ne LSLR) ma, soprattutto, si ricorre ad una simbologia talvolta molto ovvia e scontata.
Opera ambiziosa e maestosa, fotografata da dio, ripeto, ma che non mi ha soddisfatto del tutto. Certo, ad avercene di film così che ti lasciano "insoddisfatto"....

Gruppo COLLABORATORI SENIOR ferro84  @  28/05/2011 19:58:46
   9½ / 10
Passati tre giorni sono finamente in grado di esprimere un opinione riguardo questo film. Escludendo pellicole di mero sperimentalismo, The Tree of life è sicuramente il film più difficile che sia passato in sala nell'ultima stagione. Effettivamente in un contesto da multisala, composto in maggioranza da un pubblico non preparato le cui aspettative si limitano al concetto del "passare la serata", quest'ultimo film di Malick risulta essere decisamente insostenibile e in parte il regista non fa nulla per evitare ciò, vista l'estrema lentezza e pesantezza di alcuni passaggi risulta essere innegabile.

Chi scrive non ama in modo particolare il cinema di Terrence Malick, il suo perfezionismo, la monumentalità dei suoi lavori fa si che il suo cinema assuma un alone quasi mistico che nello stesso tempo rende i suoi film distanti, quasi eterei ma non coinvolgenti.

In un contesto prettamente filosofico è innegabile che però questi i difetti diventano veri e propri pregi ed ecco che The Tree of life si erge a vero e proprio capolavoro del cinema contemporaneo.
Quante volte al cospetto della magnificenza del creato ci si siamo trovati a dire "Cosa siamo noi in tutto questo?" oppure se si è religiosi "Cosa siamo noi per D.io che ha creato tutto questo?".

La prima parte del film cerca di dare questa risposta ed è sicuramente il momento in cui la visione di un film diventa ESPERIENZA DI VITA, esperienza artistica, emozionale. Grazie a poche parole, poche domande, Malick riesce a fondere il lutto che vive una famiglia negli anni 50 con la storia dell'universo. La capacità di sintesi narrativa in un contesto unitario è ecomiabile, il rischio di rendere la visione del tutto frammentaria era enorme e solo un vero e proprio genio poteva riuscire in una simile impresa dove TUTTI hanno fallito tranne il grande Kubrick di 2001.

La cura delle immagini utilizzate da Malick è M-A-N-I-A-C-A-L-E, Emmanuel Lubezki lo sostiene in questo estenuante viaggio alla ricerca del creato, del bello, del mistico. Tanto per avere un'idea della ricercatezza si possono riconoscere gli stormi di uccelli che volano abitualmente al tramonto sui parchi dell'Eur di Roma (non so se i romani possono confemare). E' un vero e proprio viaggio intorno al mondo e una vera scoperta della magnificenza del creato, una ricerca del sublime del mondo.

Purtroppo ben presto The Tree of Life si trasforma da film da contenuti filosofici a vero e proprio trattato di teologia e innegabilmente comincia a predere quel fascino di assolutezza che aveva sposando un'impostazione trascendentale cristiana che ahimè fa si che possa diventare discutibile in alcuni passaggi.
L'incipit rende da subito chiaro quale sarà lo scopo , forse perdere i primi due minuti del film avrebbe reso il tutto più interessante e aperto a varie interpretazioni cosa che è evidente che il regista non voleva.
Ad ogni modo qui c'è il coraggio di affrontare la tematica del male, del perchè esiste e di toccare tutti quegli argomenti più contraddittori e delicati con cui prima o poi un religioso deve fare i conti.

Verso il finale è innegabile che Malick si lascia prendere la mano da un eccesso di manierismo francamente evitabile, così come forse il ruolo degli attori risulta essere sacrificato al cospetto di tanta imponenza visiva.

In conclusione The Tree of Life è il film dell'anno, un capolavoro assoluto
LO SCONSIGLIO VIVIAMENTE.

1 risposta al commento
Ultima risposta 04/06/2011 01.55.16
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  27/05/2011 19:04:13
   7½ / 10
Mentre sto scrivendo, fuori s'è scatenato il finimondo: un violentissimo temporale, venti fortissimi che piegano gli alberi, fulmini che si abbattono, pioggia che cade a scrosci potenti.
M'abbandono alla forza della visione così come al cinema mi sono abbandonata alle fantasmagoriche immagini della Creazione del film di Malick: il rispetto dell'ignoto che si palesa attraverso la consapevolezza di non conoscere il perché dell'esistenza del tutto (magari sul come ci si sta lavorando) è, credo, una delle peculiarità che accomuna tutti gli esseri umani.
Così come la meraviglia della natura non finirà mai di incantare.
Là, nel film, la piccola e nemmeno troppo strana storia familiare vuole compenetrare nella grande storia universale e per far ciò sceglie la strada del divino, perlomeno a me è parso chiaro sia così.
C'è davvero incompatibilità tra Natura e Grazia?
Posta davanti a questa scelta sobbalzo, non la comprendo, mi sta stretta come una camicia di forza.
E il Tutto a cui infine si offre la vita del proprio figlio, dev'essere per forza quella riconciliazione “in fede” che infine sola libera dal dolore? Troppo spaventoso pensare diversamente?
L'idillio di quella spiaggia è quell'ordine superiore che contrasta e risolve il caos (senza regole?) iniziale?
Rimango perplessa.
E allora preferisco i dissidi interiori del ragazzino che nutrito di valori religiosi li vede disattesi e violentati dal suo stesso padre e preferisco ancora la debolezza del padre che non riconosce e non rispetta la natura del proprio figlio, preferisco il conflitto della crescita.
Rimango nel piccolo: nella rabbia, nelle sconfitte, nel dolore, anche quello inconsolabile, e nei momenti di felicità di una vita come milioni di altre, piccola e immensa semplicemente per quello che è.

Così come è arrivato, velocissimo il temporale è finito: ora tutto è quiete.

6 risposte al commento
Ultima risposta 31/05/2011 03.19.43
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  27/05/2011 10:48:54
   7½ / 10
Cinema e Vita.
Cinema è Vita.

9 risposte al commento
Ultima risposta 08/09/2011 10.26.43
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Littlebears  @  26/05/2011 18:35:33
   10 / 10
Un film del genere è anche sbagliato metterlo in concorso a Cannes: non è la stessa partita, non è lo stesso campionato e, forse, non è nemmeno lo stesso sport...

1 risposta al commento
Ultima risposta 26/05/2011 21.12.23
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gatsu  @  26/05/2011 16:15:20
   8 / 10
E' un film che ti scombussola e ti emoziona ad altissimi livelli. Un inizio difficile bisogna far abituare il cervello a connettersi perchè c'è il rischio di distrarsi almeno nella prima mezz'ora, poi tutto diventa più chiaro, mistico, palpitante, riflessivo, molto significativo. Toccante e impegnativo aiutato anche dalla superba interpretazione dei ragazzi oltre che a quella di Brad Pitt, d'impatto. Di natura troppo cristiana secondo me poteva durare di meno, forse l'unica grande pecca del film. Difficilmente consigliabile ma assolutamente da vedere.

Gruppo COLLABORATORI martina74  @  26/05/2011 13:33:33
   7 / 10
Il voto è quasi accidentale: è impossibile votare un'esperienza come questa perchè se, visivamente e musicalmente parlando, è uno spettacolo senza eguali, dall'altro porta avanti istanze che sono quanto di più lontano ci sia rispetto alla mia impostazione di vita.
Come scrive qui sotto Rask, la voce della madre ci avverte che siamo messi di fronte a due scelte: quella della Natura e quella della Grazia, ma per tutto il film percepiamo chiaramente che il regista ha scelto la seconda e, nonostante i personaggi siano continuamente messi alla prova e fatichino a trovare la Grazia seppellita dal dolore, il creatore-Malick ce la mette di fronte in ogni fotogramma.
La lunghissima sequenza che include la nascita dell'universo con immagini stellari ma che ricordano molto l'utero materno - e la presenza della Madre è fondamentale per tutto il film - assieme alla colonna sonora a tratti delicata, a tratti prorompente, è il corrispettivo attuale e pieno di Grazia del viaggio verso Giove di 2001.
Il finale mi ha invece infastidita: troppa insistenza, troppo manierismo, troppa religiosità, o forse sono io ne ho una percezione esagerata essendo fin troppo terrena.

Ma quello che mi ha maggiormente commossa è la capacità sublime di Malick nel rendere il rapporto tra i fratelli che, non a caso, sono mostrati nel loro percorso da neonati a ragazzini, ossia fino all'età più difficile e ribelle, quella in cui si prende coscienza di se stessi e del fatto che i propri genitori sono persone e non divinità onniscienti.
Quei tre ragazzini, con i loro gesti impacciati e i loro sguardi struggenti mi hanno per la prima volta nella mia vita fatto sentire la mancanza di un fratello.

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Ultima risposta 29/06/2011 17.09.23
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DiReCtOr  @  26/05/2011 05:19:43
   10 / 10
La mia tristezza è profonda nel leggere alcuni commenti a questa pellicola.
Commenti in cui si dice che solo dei finti intellettuali possono capire questo film.
Che è assurdo che quest'opera venga premiata, che non ha una logica, che ormai per fare cinema vero basti fare film "senza senso".
Bene, chiunque pensi questo, deve prima di tutto capire cosa sia il vero cinema.
Non voglio assolutamente che tutti capiscano o apprezzino questo film, ma devono almeno avere l'accortezza e l'intelligenza di capire che ciò che stanno guardando è qualcosa di grande. Sono del parere che l'arte, in qualsiasi sua forma, arrivi a chi deve arrivare. Puoi avere elementi che ti portano a capirla, oppure la si capisce e basta, o si può avere quegli elementi... ma non la si comprende ugualmente. Il problema, l'unico forse... è la presunzione del predicare una presunta verità assoluta. Ora, parlando oggettivamente di quest'opera immensa, non si può che esaltarne in primis la sua cura e la sua immensa perfezione a livello artistico visivo. La fotografia di un grandioso Lubezky, una regia distaccata e poderosa, delle inquadrature da brivido, veri e propri quadri animati (dai tempi di Barry Lindon non pensavo a questo), la loro luce naturale, le location esterne, gli interni, il design degli arredamenti, l'intera ricostruzione dell'origine del mondo e della vita, il tutto condito con opere musicali maestose, immense. Bene, tutto questo, escludendo (per ora) la storia... è da applausi a scena aperta. Ora qualcuno si chiederà... Ok, ma di cosa parla questo film? Cosa sono quelle strane immagini, quella strana "fiamma" marroncina tendente all'arancione che compare 3 DELINEATE e studiatissime volte nell'arco del film? Come mai gli attori parlano così poco? Perchè i dialoghi stentano a crescere? Beh... Se vi ponete queste domande, avete perso completamente quella che è la capacità di comprendere un'opera cinematografica vera e propria; o forse, non l'avete mai avuta questa capacità. Si è persa prima di tutto la predisposizione ad assistere ad un qualcosa di riflessivo, alla concentrazione e alla meditazione. Si è persa quella voglia di capire, pensando. Purtroppo questo discorso, non vale solo per il cinema; anche se io, reputo il cinema lo specchio della vita. "The Tree Of Life" di Terrence Malick è una poderosa messa in scena della vita tramite una potenza narrativa cinematografica senza precedenti.
Badate bene che per anni, decenni addirittura, non vedremo più nuove opere di questa caratura nelle sale. Per parlare correttamente e in maniera esauriente dei contenuti del film, contenuti universali, che chiunque, davvero, potrebbe capire, servirebbero almeno 900 pagine. La visione finale sull'opera è ben esente da restrizioni. E' un'opera aperta raccontata da chi ha le idee tanto confuse quanto chiare sul significato dell'esistenza. Una visione quasi agnostica dell'essere; inevitabilmente condizionata dalla società e dalle nostre convinzioni. Condizionate dall'invidia e dal desiderio di essere amati, un'invidia che spesso si prova per la propria madre, creatrice di noi stessi. Un invidia fraterna, un'essere estraneo che si avventa sul nostro più grande amore da nuove creature terrene. L'amore per il proprio padre, che crescendo si scopre essere un "umano". Non ritroverai tutti quanti, ma forse, se ci credi, così potrà essere. Mentre cerchi un senso al tuo io, metti ordine nel caos, una luce può guidarti. E quella luce sono i tuoi ricordi e le tue esperienze. Perchè ciò che ci differenzia dagli altri animali è che noi viviamo anche nel passato, condizionando inevitabilmente il nostro presente.
Per concludere questo mio commento, consiglio a chiunque abbia voglia e tempo di dedicarsi ad un vero e proprio capolavoro, di correre al cinema. Questo film diventerà presto un esempio da seguire in tutte le scuole della cinematografia, un cult intramontabile trai migliori film della storia.
La gente che ride in sala, che guarda l'orologio, che parla, non ha rispetto prima di tutto di se stessa. E comunque, alzarsi e uscire dalla sala, ancora non è vietato... per fortuna.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Rask  @  25/05/2011 21:44:48
   6 / 10
Ingiudicabile. Oscilla violentemente tra il 10 e l'1, come un 2001 odissea nello spazio girato da Ratzinger.
E' uno di quegli esemplari di cinema che ti strappano a forza nuovi stati di coscienza con le tenaglie. Ma dura di più la sensazione di clausura in un ambiente fosco, nonostante gli spazi interstellari e gli eoni temporali squarciati da poderose sciabolate sinestetiche. E' una sensazione di insoddisfacente opacità sicuramente derivante dal non condividere quell'ideologia salvifica del tutto è bello, al di là del bene e del male, che ti prende a sberle nonostante gli immani sforzi, e dico immani, di quella mente adorabile di Malick di renderla astratta e pudica.
La scelta tra la via della Grazia e quella della Natura è solo apparente. Malick ha già scelto per te, e ti aspetta in sagrestia. Ovvio, per essere del tutto giusti bisogna ammettere che questo The tree of life vale 10 trattati di teologia sull'unde malum. Non importa quando dolorosa sia l'esperienza di vita, c'è una struttura nascosta e meravigliosa, possente e aliena, fragorosa e silenziosa, che vive ben oltre le miserie umane, ti fa da faro, ti scioglie le contraddizioni logiche e ti rivela che tutto ha un senso. Te lo rivela, ma in ritardo. E no, non è una struttura impersonale, è proprio lui: Dìo. Cercato per tutto il film dall'uomo e provocatoriamente evocato come interlocutore del libro di Giobbe. E' un peccato che sia lo stesso Dìo che decide di abbandonare l'uomo alla sofferenza nel suo livello di realtà, sebbene gli mostri quanta serenità esista negli altri. Ma non importa, una percezione mistica del reale si pone al di là di un giudizio morale, figuriamoci uno su un presunto Dìo. E infatti è dove tacciono sia l'uomo che la divinità che il film raggiunge le sue vette di inesplorata poesia. Un complesso edipico grosso quanto un dinosauro cullato dalle astrali intuizioni di Mahler e della NASA; l'uomo e l'universo, di nuovo insieme. Fantastico, mirabile. Ma perché Terrence. Perché rovinare tutto con l'ottimismo ingenuo di eternità. Neanche a dire che si conceda ad un'altra eternità, aliena all'uomo e in cui comunque l'uomo avrebbe il diritto e dovere di naufragare dolcemente; è proprio la vita eterna, senza possibilità di replica o di smentita. Altro che opera aperta ed ermetica. E' un'opera chiarissima: l'uomo è il vertice di una creazione oltre l'uomo, ma l'unica creatura in grado di cogliere il Tutto, di parlare con Dìo e di godere della sua infinita, incomprensibile, misericordia.
Sarebbe bello lasciarsi cullare anche da questo tipo di eternità, probabilmente. Ma non mi interessa.

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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  25/05/2011 12:57:10
   9 / 10
"Dov'eri tu quando io gettavo le fondamenta della terra? Mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di D.io?" (Giobbe 38:4)

Proprio come Giobbe, Jack ha perso un fratello e non si dà pace. Non trova risposte, vaga in un deserto di lacrime, insegue la sua fede, le sue preghiere sono laiche, i suoi ricordi non contemplano il volto di Cr.isto. Cerca conforto nella durezza del padre, a cui assomiglia, e nella grazia della madre, che ama. Natura e Grazia sono in lotta dentro di lui.

"Ero sereno e D.io mi ha stritolato, mi ha afferrato la nuca e mi ha sfondato il cranio, ha fatto di me il suo bersaglio." (Giobbe 16:12)

Sin dall'inizio di tutto il caos costruisce e distrugge, come un dinosauro che senza motivo stritola il cranio ad un suo simile. Jack vaga per i grattacieli, è un architetto che dà ordine al disordine, ma non a quello della sua vita. Jack varca la porta della morte, la sua ultima immagine è un ponte, struttura che si spinge al di là dell'oltre e raggiunge un tempo inesistente.

Film immenso, biblico ma non vangelico, dell'uomo ma non della scienza, umano ma non etereo. Film spirituale, che si apre e si chiude all'interno di una coscienza, che percorre un cammino universale, così come universale è ognuno di noi.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Silly  @  25/05/2011 11:45:07
   9 / 10
"Papà, mamma, voi due siete in lotta dentro di me. E lo sarete sempre."

L'ultimo lavoro di Malick mi ha colpito in modo incredibile. Le immagini e le musiche hanno rievocato emozioni arcaiche, emozioni che sconvolgono le corazze più cementate, come la mia. Mi ha toccato nel profondo, dalla prima immagine, ho capito che mi aveva incastrata. Un viaggio intenso nel dolore, nella frustrazione, nell'odio e nell'amore... E in quella cosa così difficile che è il perdono.

"Se non ami la tua vita passerà in un lampo."

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Invia una mail all'autore del commento logical  @  25/05/2011 11:30:28
   7 / 10
La deriva protestante della terza età di Malick ha creato sicuramente un'opera che va vista sia per l'intensità con cui riesce a raccontare una storia sia per le tecniche di ripresa e di montaggio che spesso si fanno perdonare enormi voragini nella sceneggiatura. Si cade spesso, un po' tra i finti dinosauri che zampettano e litigano su un fiume, un po' in un'onda marina che ritorna, in una cascata che ritorna, in un mondo da microscopio elettronico che non ci abbandona, ma anche in un finale che nemmeno Banca Mediolanum avrebbe osato, dove decine di correntisti della felicità si rincorrono amorevolmente sopra un famoso lago salato.
Si perdonano anche le smorfiette da Omer Simpson di Brad Pitt, molto al di sotto della media, forse a disagio con il ruolo di papà cattivo vista la sua fama acquisita di patriarca e ambasciatore della bontà americana, e ci si può concentrare invece sulla tenera Jessica Chastain, sempre perfetta in stile Tilda Swinton. L'allure da sermone e le voci sempre sibilate lo trasformano a volte in un santino senza via di uscita, come la vita in provincia con le sue problematiche middle class, il prato, i cani, gli amici, la preghiera della cena. Ma tutto questo nuvolone di vita, pesante e animato di gesti ripetibili e ripetuti all'inifinito, consente - forse consapevolmente - anche una lettura gioiosamente nichilista, riduzionista: il mio strappare le erbacce in giardino mentre mamma cuoce il tacchino ha lo stesso indifferente destino dell'acqua di un fiume, può essere un'infida piscina come un'enorme cascata. Siamo liberi e condannati a servire il Signore, direbbe il pastore. Andiamo in pace.

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Larry Filmaiolo  @  24/05/2011 16:32:59
   6½ / 10
ho aspettato un paio di giorni prima di commentare, per vedere se mi veniva in mente qualcosa, se ragionandoci sopra arrivavo ad una conclusione seria. purtroppo non è stato così. finito il film ero lì a chiedermi: "di cosa mi sono fatto?". ho colto solo a sprazzi l'intricatissima morale filosofica che sta dietro alla stupenda fotografia e alle splendide musiche del film. Per tutte le due ore e mezza ho avuto l'impressione che qualcosa di veramente potente, come la Moldava, mi stesse scorrendo sopra, tuttavia solo alcune immagini mi sono rimaste veramente impresse. metà film l'ho passata a bocca aperta, resistendo alla tentazione di dare un senso a ciò a cui stavo assistendo, oppure rifiutandomi di farlo, limitandomi a capire un paio di cose basilari. Leggermente infastidito dagli stralci di dialoghi sovrapposti alle immagini, in un'estasi perpetua e volutamente confusionaria. Non mi va di riflettere ulteriormente o di rimanere a speculare sulla questione delle due vie o sul simbolismo che gronda da ogni immagine. Alcuni film riescono a stimolare una ricerca filosofica intrecciando sapientemente la morale alla storia; questo non ha avuto tale effetto su di me. mi ha lasciato così, leggermente distaccato, anche se fortemente impressionato: dalla storia della natura alla storia della famiglia, nulla di tutto ciò mi ha veramente coinvolto o mi ha parlato da vicino. forse è un problema mio.
Detto ciò, non potrei mai dare un voto inferiore, vista la potenza e l'accuratezza delle immagini (soprattutto nel finale) e della musica.

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Ultima risposta 24/05/2011 19.05.43
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Satyr  @  24/05/2011 15:43:38
   8 / 10
Forse il limite più grande della pellicola è quello di non concedere nessuna via di mezzo allo spettatore: abbandonarsi al flusso dell'opera o rimanerne fuori, ai margini, cercando un interpretazione plausibile ad ogni singolo elemento.
Un film che si ama o si odia, meno criptico di quel che può sembrare a una prima visione, ma forse troppo compiaciuto e ambizioso per essere apprezzato fino in fondo. Mi limito a un 8 pieno, anche perchè ancora devo capire se di capolavoro si tratta. Una seconda visione potrà essere in tal senso rivelatoria.
Come scritto prima l'opera è ambiziosa, Malick ci infila dentro di "tutto" creando uno spettacolo che avanza su due binari paralleli: la creazione dell'universo contrapposta alla storia di una famiglia della middle-class americana degli anni 50. E lo fa con una tale efficacia da meritarsi un applauso a scena aperta. Il suo stile e il suo credo cinematografico sono un marchio di fabbrica, The Tree Of Life è solo una visione accentuata e aggiornata di quanto fatto in passato. Del resto, il regista texano in carriera ha lavorato poco propio perchè un certo tipo di cinema gli andava stretto. Non stupisce che solo ora, a quasi 70 anni suonati, trovi spazio, soldi e stimoli per girare opere di tale potenza espressiva. Film che non si preoccupano del botteghino ma che puntano dritto alla testa dello spettatore.

La forza delle immagini, soprattutto nella prima parte, è talmente epica da far impallidire o incazzàre più o meno tutti. Quello che non è possibile fare è rimanere indifferenti...come citato da molti a livello concettuale siamo vicini a 2001 Odissea nello Spazio ma con le dovute proporzioni: The Tree Of Life non è un trattato di filosofia, i grandi temi e le classiche domande che ognuno di noi si pone sono li, sullo schermo, con una cornice di dettagli pronta a invaderci ogni mezzo minuto. In questo senso il film è straordinario, rapisce, coinvolge, commuove e scuote in maniera decisa, conservando una sincerità d'intenti più rara che unica. Rimango un pò frenato da alcuni aspetti, ma se dovessi votare il film sulla base delle emozioni che mi ha regalato, non potrebbe che essere un 10.

dio padre  @  24/05/2011 10:11:57
   10 / 10
Mentre le immagini si susseguivano, ci sono stati momenti in cui mi sono sentito trasportare, come da un fiume incantato...
Un fiume che narrava attraverso ogni singolo fotogramma, una poesia per ogni inquadratura. Mi sono svuotato innanzi a tale sensibilità... ed ho lasciato che mi attraversasse.
Ad un certo punto qualcuno si è alzato per uscire dalla sala. Gli ho guardati. Nessun giudizio, era anzi, comprensibile. Anche se... credo che una parte di loro sarebbe rimasta a vederlo tutto. Daltronde la mente concettuale ha bisogno di una trama, necessita di un filo conduttore ben preciso e scorrevole, e questo film non la da. Da, invece, Qualcos'altro... collegato all'emotivo.

Non credevo che il cinema potesse elevarsi tanto.
Attraverso una tale pellicola è possibile intuire che siamo "contenuti"...

E NEL COMPLESSO COTITUISCE UNA POSSIBILITÀ PER AVVICINARSI AD UN ALTRO MODO DI VEDERE LE COSE.

valis  @  23/05/2011 17:26:12
   10 / 10
rapporto tra padre e figlio, tra l'uomo e dio, tra uomo e natura, tra vita e morte.
quando questo film sarà ricordato tra qulache anno come uno dei monumenti del cinema mondiale io potrò dire che c'ero.
film complesso, denso, a volte struggente, che, una volta volta tanto, non stimola i più bassi istinti dello spettattore (vedi i film dei Vanzina), ma la sua intelligenza, la sua sensibilità, la sua "morale", parola che oggi in Italia è quasi un'offesa.
Malick ci travolge, in due ore di film, con le sue riflessioni sulla nostra società declinante, su un dio sentito come assente dall'uomo, ma che riempe di sè ogni angolo del mondo, sulla sofferenza e, infine, sul modo di affronare la vita, secondo natura o secondo la grazia.
Elemento centrale del film, secondo me, è il passaggio tra la dimensione della vita e quella della morte, simbolicamente rappresentata dalla porta oltrepassata da sean penn, il quale ritrova se stesso adolescente, i suoi genitori, e il fratello morto, lì si riconcillia con il padre, imparando come tutte le cose che avevano importanza durante la vita nell'assenza non ne avevano più.
certo il film è antinarrativo, però non si può negare che sia un 'opera d'arte, con il raro dono di far pensare lo spettatore.
Unico appunto, dato che quando lo sono andato a vedere c'era gente che ha sghignazzato durante tutta la proiezione, consiglierei a quelli che non amano malick di andarsi a vedere uno dei tanti film per celebrolesi che stanno nelle sale e di non rompere i c.o.g.l.i.o.n.i a quelli che lo lo vogliono gustare in santa pace.

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Ultima risposta 23/05/2011 21.17.07
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scottlumber  @  23/05/2011 16:43:13
   6½ / 10
difficile restare insoddisfatti di un film del quale si ammirano intenti e (in parte) realizzazione, ma personalmente questo è il caso di questo Tree of Life fresco vincitore della Palma d'oro a Cannes. si potrebbe dire banalmente che questo è un film che si ama o si odia, e in parte questo è vero, ma maggiormente utile sarebbe cercare di capire per quale motivo le reazioni al lavoro di Malick sono così polarizzate. Da quello che ho capito, The Tree of Life è un boccone succulento per chi crede in una fruizione cinematografica dilazionata, che comincia prima di entrare in sala e finisce giorni dopo, quando si è finito di "metabolizzare" gli stimoli ricevuti. Ecco, io non sono di questa parrocchia, e tendenzialmente per me vale la sensazione che il film mi lascia appena uscito dal cinema. Ora, il film di Malick parte benissimo, con l'introduzione della famiglia alle prese con un lutto, che però resta un dato secco, non meglio specificato. Poi passa a mostrarci le difficoltà che uno dei figli - Sean Penn - continua ad accusare in età adulta, creando una drammatica ma al tempo stesso magnifica liaison tra infanzia e età adulta corredata da un campionario visivo e da un ritmo, di montaggio e narrativo, praticamente senza precedenti. La dimensione umana, rappresentata attraverso questi 2 piani temporali, si scioglie poi in un ritratto dell'universo con immagini e musica, una cosa da restare a bocca aperta. l'uomo è niente di fronte alla Natura, che all'inizio del film viene indicata come una delle 2 possibili strade per stare al mondo, insieme alla via della Grazia. le possibili valutazioni sul fatto che la famiglia ritratta nel film mettesse la religione al centro della propria vita sono molteplici e ognuno ha i suoi motivi di interesse, e in fondo non credo che sceglierne una sia opera necessaria. fino a qui tutto bene, chapeau per mr. Malick. ma per quanto mi riguarda il film finisce lì. torno a quanto dicevo all'inizio, all'idea di fruizione cinematografica. per farmi felice un film come questo, ad alta incidenza poetica e filosofica, dovrebbe funzionare come la prima mezzora di The Three of Life. Nascondere (come è morto il ragazzo), svelare (Sean Penn è uno dei 3 fratelli da adulto), estasiare (con la maestria della narrazione e la sapienza visiva), spiazzare (con l'improvviso switch verso la potenza estetica della fusione tra musica e immagini). E invece fa dell'altro. Diventa monotonico nella rappresentazione di un contesto familiare dominato da un padre padrone (Brad Pitt) e messo a repentaglio solo dalle tiepide ribellioni di colui che poi da grande avrà le fattezze di Sean Penn. Si perde in sottolineature sempre più ridondanti, sotto l'egida di una poetica estetizzante che alla lunga però colpisce sempre meno. E' provocatorio, per come la vedo io, nell'ignorare al 100% l'elemento narrativo non solo slegando tra di loro le sequenze, ma anche evitando di dare indicazioni sull'unico avvenimento del film, la cui comprensione ci avrebbe magari aiutato a definire meglio il turbamento di Sean Penn. Insomma, un film importante, noioso, ambizioso, controverso, visionario, che parla di tutto, ma che non parla di niente. Da vedere.

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Ultima risposta 24/05/2011 12.04.20
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Clint Eastwood  @  23/05/2011 12:31:43
   6½ / 10
Togliete la mistica personalità di Malick dal film e ve ne accorgerete quanto il resto sia più semplice e banale di un qualsiasi documentario esotico della National Geographic. La regia coi personaggi in scena stona nella sua lirica rappresentazione di (?) "chi ne ha più ne metta" come tutto il film d'altronde. Una regia che non riesce a gestire l'emozione nella messinscena dei rapporti umani. Queste sono le primissime caratteristiche del regista ambientalista.

Gli interpreti svolgono un ottimo lavoro come Jessica Chastain che non avevo conosciuto prima d'ora, il bambino molto bravo nel ruolo del figlio ribelle, Sean Penn pur nella sua breve comparsa dà un grandissimo contributo allo scenario complessivo e Pitt che se la cava egregiamente. Inutile dire che la fotografia è sorprendente sia al naturale che inventata alla computer grafica. La colonna sonora sceglie favolosamente al suo interno musica classica (o opera) e il tipico sound per un film di questa fattura che chiede molto a ricreare l'ambiente, è tra le migliori degli ultimi anni. Però ...

Non tutto quello che luccica è oro. Anche se è Malick, il regista fantasma venuto dal Texas, anche se l'approccio è quello più giusto e universale per parlare dell'origine della vita, dell'uomo e del suo rapporto con dio con un paio di altri attenuanti per non risultare del tutto sterile nella narrazione e altri fattori positivi esposti sopra di natura più che tecnica, il film complessivamente è duro da vedere. Non è noioso, ma proprio ridondante nelle immagini e nei continui monologhi delle volte stupidi e insensati che irrompono il meglio gradito silenzio. Il che a suo modo di vedere ha una motivazione.
Malick propone quasi a tutti i costi la sua intimissima visione delle vita, i suoi dubbi e incertezze. In questo ha il suo fascino e per questo che si hanno un paio di scene di difficile lettura che ad un'ulteriore visione probabile che risulti più chiara. Ma ora come ora non è riuscito a convincermi appieno.
Oltre alla rappresentazione dell'Universo e così via ho ammirato di più le scene del padre rapportate al figlio e viceversa che dice di rispecchiare alcuni tratti biografici del regista, ma solo quando interagiscono direttamente con veri e propri dialoghi non coi marasmi interiori del ragazzo.

Detto questo non mi illuderei di scoprire un giorno che ho visto un capolavoro ad occhi chiusi. E' già successo ma in questo caso ne dubito fortemente. 6.5/7

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Ultima risposta 23/05/2011 13.51.44
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valerio1989  @  21/05/2011 22:13:58
   9 / 10
E' davvero difficile recensire un film del genere, un film così potente, filosofico e per il quale avevo enormi aspettative. Dopo la presentazione al festival di Cannes è già stato detto di tutto e la critica si è spaccata tra chi lo ha fischiato, chi lo considera un capolavoro e chi è rimasto in silenzio, in meditazione. Io mi trovo a metà tra queste ultime due categorie di persone.

Voglio cominciare dicendo che non posso ritenermi un grande estimatore di Terrence Malick, un regista poco convenzionale, che fa un film ogni morte di papa, che si rifiuta di comparire in pubblico e che è venerato dai suoi fan. Tra i suoi film ho visto solo La sottile linea rossa e The new world – Il nuovo mondo. Li ho apprezzati entrambi e anche se quando ho visto The new world (prima dell'altro) non avevo la minima idea di chi fosse il regista, ho percepito subito che si trattava di una persona molto particolare. Poi quando è iniziato ad uscire il materiale per The tree of life ho recuperato anche La sottile linea rossa e ho trovato una conferma: il film mi è piaciuto molto; non mi ha fatto impazzire ma ho apprezzato la notevole sensibilità di chi c'era dietro e ho capito che le premesse per il prossimo film erano ottime. Così, dopo mesi e mesi di attesa, mesi in cui ho rivisto il trailer praticamente ogni giorno, è finalmente uscito nelle sale (pochissime, ahimè) The tree of life.

Ho letto commenti di persone che non riuscivano a dare un voto al film perché per loro è stato un'esperienza mistica che trascende la semplice valutazione che va da 1 a 10. Personalmente ritengo tutto ciò un'esagerazione. Il film è decisamente poco convenzionale e molto intenso ma io un voto potrei darglielo tranquillamente. Nelle recensioni si è parlato molto di 2001: odissea nello spazio. Ecco, quello è un film che trascende la sempliciotta scala di valori nella quale rientrano praticamente tutti i film che io abbia mai visto in vita mia. Quello non è neanche un film, è un trattato di filosofia, un viaggio che sconvolge nel vero senso della parola e per il quale molti (me compreso) non sono ancora pronti. The tree of life cita apertamente il capolavoro di Kubrick in diversi momenti e la cosa non mi ha dato per niente fastidio, anzi, però per quanto possa essere bello e intenso (e vi assicuro che bello e intenso lo è davvero!) non arriva ad essere un viaggio di quella portata, un'esperienza così innalzante.

L'ultima fatica di Malick è un film sicuramente poco convenzionale e poco commerciale (quando mai Malick lo è stato?). E' un film che tratta tematiche profonde in modo incredibilmente delicato e che probabilmente troverà molti impreparati. Io ho apprezzato molto il film, a tratti mi ha fatto commuovere e per praticamente tutta la durata mi sono ritrovato a bocca aperta, ad ammirare estasiato lo spettacolo che mi passava davanti agli occhi. Tuttavia non posso biasimare coloro a cui il film non è piaciuto: se non si ha una certa predisposizione per le tematiche trattate, se non si condivide la sensibilità e l'amore di Malick nei confronti della natura (che qui diventa un vero e proprio attore protagonista), allora il film può effettivamente risultare eccessivamente lungo e un po' noioso. Per me, comunque, non è affatto stato così.
Il film può spiazzare perché essenzialmente rompe gran parte degli schemi e delle consuetudini a cui siamo abituati: il legame tra la storia dell'universo e la storia della famiglia protagonista è sottile, sottilissimo, e in sala molte persone non hanno apprezzato né le bellissime immagini del cosmo, né l'indiscutibile poeticità dei dinosauri. Purtroppo in un mondo come quello odierno che gira veloce come una centrifuga sono poche le persone che riescono ad isolarsi, a lasciarsi andare alle emozioni e a saper apprezzare qualcosa che vada oltre la consuetudine, oltre ciò che ci viene spiattellato davanti ogni giorno. Non molti sono stati in grado di apprezzare due ore e mezza di preghiera. Ok, non sono molto originale (in questi giorni l'hanno detta tutti questa cosa) ma il film è effettivamente un preghiera corale e individuale al tempo stesso, una preghiera che si rivolge apertamente a Dio per porgli le domande che tormentano da sempre l'umanità. La cosa che ho trovato più interessante, comunque, è il modo in cui Malick approccia la storia: il film ci mostra la storia dell'universo, dagli inizi fino alla fine, passando per i dinosauri e per l'uomo. Ci viene mostrato il tutto con una concezione molto relativistica: l'uomo non è il centro di un bel niente e Malick ne mantiene sempre un certo distacco. Per gran parte del film ci viene mostrata la vita della famiglia perché è così che deve essere (e qui un compromesso per andare incontro al pubblico secondo me c'è stato, a differenza di quello che affermano in molti, ovvero che questo regista non sa conciliare la sua arte con i gusti del pubblico) ma un albero, un invertebrato, un dinosauro, l'acqua e la vegetazione sono importanti tanto quanto il personaggio di Jack. Malick ci comunica che noi facciamo parte del tutto e che la nostra natura non è molto diversa da quella di una farfalla, di un albero o anche da quella di un dinosauro che risparmia la sua vittima. Insomma, ci si concentra sugli esseri umani per ovvi motivi ma tutto è centrale in questo film, tutto è finalizzato a comunicare un messaggio e tutto è strettamente collegato. Il bello è che quello che per alcuni può essere un difetto del film, ovvero un po' di freddezza, per me rientra perfettamente in quella che secondo me è la visione del regista. L'uomo non è altro che un momento, un battito di ciglia nella storia dell'universo, qualcosa che è comparso milioni di anni fa e che prima o poi è destinato ad estinguersi, lasciando solo qualche traccia così come è successo con i dinosauri. Il bello, dicevo, è la visione super partes che Malick ci dà di tutto questo, dando all'uomo la stessa importanza che viene data ad un mollusco o ad un dinosauro e rappresentandolo con lo stesso, naturale, distacco, perché se è vero che il bacio di una madre al figlio può avere la forza di due pianeti che collidono, è vero anche che tutto fa parte di un qualcosa che è infinitamente più grande e che noi non riusciamo neanche ad immaginare. Ed ecco cheil bacio di una madre o la collisione di due pianeti sono allo stesso tempo qualcosa di immenso e di minuscolo. E qui giungiamo al punto fondamentale del film, ovvero il rapporto tra micro e macro. Se da una parte abbiamo la storia dell'universo (quindi un macro, che più macro non si può), dall'altra abbiamo la storia di una famiglia, ma una storia molto esile, molto contenuta. Uno spaccato di vita che è un niente in confronto al tutto che c'è dall'altra parte ma che è fatta di piccole, grandi cose. In tutto ciò si inserisce la caratteristica che adoro di più in Malick: l'amore spassionato e divorante per la natura, per il mondo, per la vita, un amore che buca lo schermo più di qualsiasi film in 3D che io abbia mai visto (coff coff!). Anche io, come Malick, sono follemente innamorato della natura e se lo siete anche voi allora vi ritroverete ad adorare questo film, in cui ogni immagine ha un senso, ogni inquadratura comunica qualcosa e in ogni scena c'è un "dettaglio" che lascia completamente sbalorditi. Malick, con l'aiuto indiscutibile del direttore della fotografia (al quale auguro una vita lunga e felice, Dio lo benedica! Io muoio ogni volta che vedo la scena delle ombre sull'asfalto), riesce a regalarci due ore e mezza di inquadrature sbalorditive, dove un semplice albero o un grattacielo ti fanno venire i brividi lungo la schiena. E badate bene! Il film non è solo immagini da wallpaper, nel film c'è molto altro che io sto cercando di illustrarvi in questa misera recensione che sinceramente mi sembra impallidire vergognosamente se penso al film a cui fa riferimento.

Altra nota sicuramente positiva è la colonna sonora del grande Alexandre Desplat, che mischia capolavori della storia della musica a composizioni nuove di zecca ma che, nel contesto, non sfigurano affatto. Per quanto riguarda il cast, mi ha fatto molto piacere scoprire la bellissima e bravissima (e perfetta per la parte) Jessica Chastain, mentre Sean Penn non ha molto spazio per brillare e Brad Pitt non aggiunge molto a ciò che ci aveva già mostrato in passato (che comunque non era niente di sconvolgente). Comunque, se c'è una cosa che non mi ha convinto in alcuni punti è la sceneggiatura: la preghiera del bambino protagonista che si protrae per quasi tutto il film mi è sembrata a tratti innaturale, artificiosa, costruita. Potrebbe essere frutto di una persona adulta ed estremamente sensibile ma non di un bambino di quell'età. Sarà una sciocchezza ma questa cosa l'ho notata spesso. I bambini sono diretti perfettamente e il protagonista regge sulle sue spalle quasi tutto il film ma spesso gli hanno messo in bocca frasi troppo alte, che secondo me sono l'unica, piccola sbavatura. Il resto è un tripudio pulsante di emozioni e di vita, una vita composta dalla natura e dalla grazia, dal bianco e dal nero, due elementi che inizialmente si ignorano, poi si scontrano e alla fine si ritrovano ad essere le due facce di una stessa medaglia. Non è proprio originalissima come idea ma se per realizzarla si usano i mezzi che ha usato Malick, allora mi va più che bene!

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Ultima risposta 23/05/2011 15.42.22
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  21/05/2011 12:42:44
   9 / 10
Partendo dal presupposto che questo film andrebbe visto più e più volte per essere giudicato in maniera maggiormente oggettiva, mi faccio coraggio e cerco anche io di scrivere un commento sull'ultimo lavoro di Malick.
The Tree of Life non è un film particolarmente originale per i temi trattati, ma Malick si sa non essere un regista (o meglio un autore) come gli altri. Lui ha sempre personalizzato ogni suo film, benchè non si sia mai spinto così oltre come in questo caso. Non basterebbero 10 ore per rendere un'opera di questo tipo veramente completa (figuriamoci perfetta), eppure Malick riesce a coinvolgere lo spettatore con immagini potentissime, che ti fanno entrare nel suo film poco per volta. Si ha l'impressione che l'opera stessa non tenti e non voglia essere compresa al 100%, anzi sembra che Malick abbia inserito un pezzo della propria vita personale in un ragionamento più ampio sull'esistenza umana (e non solo). Il regista texano con questa opera si è messo completamente a nudo, non per essere compreso, ma per condividere il proprio pensiero e le proprie riflessioni con tutti noi.

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Ultima risposta 22/05/2011 11.06.44
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  21/05/2011 01:40:56
   8½ / 10
Dissolvenza, cronologia, potere della scissione attraverso lo schermo, turbamento, spiritualità, misticismo, tatto, mantra. Tanti aggettivi possono stordire, e in effetti il nuovo Malick che fa del linguaggio spirituale l'assoluto segreto "divino" dell'esistenza può suscitare qualche perplessità. E' però un film che cattura piano piano, invade e "infetta" lo spettatore, ma per quanto io sia rimasto letteralmente affascinato dal tutto non mi riesce di premiarlo con il massimo dei voti (come mi era accaduto ai tempi di La sottile linea rossa). Attenzione: il nobilissimo incedere (e sottolineare) sull'esistenza spirituale di un mondo che ha le sue ragioni al cospetto di D.io non significa affatto che il messaggio debba bruciarsi tra incensi e preghiere alla vita stessa.
A tratti la percezione (sbagliata) che il cinema di Malick ostenti un lirismo trasognato e celestiale, e per questo avverso al meccanismo delle inquietudini, cambia radicalmente.
Non è vero che Malick tralascia questo aspetto, anzi lo rafforza: dentro l'esistenza anche solare di questa famiglia noi troviamo crepe (il rapporto difficile del fratello maggiore con il padre, il tragico lutto del fratello) che smussano il rapporto - faticoso, invadente, necessario - dell'umanità con l'esistenza di un D.io.
Armonia e disarmonia si corteggiano, si contrastano tra gli elementi della terra - evocati in maniera meno simbolica ma più attraente dell'ungherese M. Janckso' - e le speranze mal riposte di un genitore ferreo e invero debole e "vinto" come uomo e padre (un Brad Pitt sensazionale!).
"Non vede forse D.io anche colui a cui D.io volta le spalle?" si domanda il film.
Preda di un'assoluta, e forse un pò ingenua, rappresentazione dell'Assoluto come moralità interiore, "Tree of life" resta comunque una grandissima pellicola sul senso dell'esistenza, a cui nessuno può dare (nè Malick si affanna a farlo) un significato preciso.
La "comunione" con la vita naturale del resto si appresta ad essere recisa davanti agli angusti grattacieli di una metropoli dove conta solo il prezzo (non il senso) della vita

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Ultima risposta 21/05/2011 10.21.23
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ughetto  @  21/05/2011 01:31:59
   8 / 10
Più che un film si direbbe una sinfonia: una composizione in linguaggio non semantico, che accompagnia il divenire dell'essere dalla cosmogonia all'Edipo. Quello che amo di questo film, che più incontra il mio pensiero, è l'essere costruito in una specie di dialettica fra domanda ed esperienza. La più intima conoscenza del divino forse è proprio l'esperienza del divino, esperienza completa, sensibile, carnale... visiva!
Il voto 8 risponde alla domanda se vale la pena andarlo a vedere: per ciò che mi riguarda sì, moltissimo. Tuttavia creco chel'opera sia invalutabile, perchè non vuole essere valutata né, tanotmeno, interpretata.

WongKarWai  @  20/05/2011 17:22:36
   10 / 10
Un film per l'uomo e sull'uomo. Che cosa c'è dopo la morte? C'è un Dio? Perchè permette che accadano cose negative? Come va affrontata la vita: con la filosofia della natura, fatta di conflitti e di competizione, (impersonata da brad pitt) o con quella della grazia (la visione più cristiana di Jessica Chestein)? Malick non dà risposte, non le vuole dare. Certo sembra suggerire che Dio (se c'è) è in tutto ciò che ci circonda, si manifesta nella bellezza ma anche nelle cose negative, che accadono a tutti, anche a chi, seguendo i precetti cristiani, si è comportato "bene" nella vita (ma il concetto di bene e male non è forse un concetto umano, terreno, inavvicinabile a Dio?). Dio (o la forza della natura, come al solito al centro della poetica malickiana) che si manifesta nella maestosità della creazione (egregio il pezzo documentaristico che la testimonia anche se forse eccessivamente lungo e con parti evitabili, vedi i dinosauri) così come nel miracolo di una nascita nel microcosmo di una famiglia texana negli anni '50. La trama è marginale, il film è una summa della filosofia e del cinema del regista che ci ripropone il suo stile caratteristico e la solita fotografia impareggiabile. Capolavoro.

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Ultima risposta 20/05/2011 17.47.12
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  20/05/2011 16:31:35
   8½ / 10
L'ultimo film di Malick celebra una filosofia dell'immaterialità che io non prediligo. La spiritualità che tenta di infondere è ai miei occhi una gabbia dorata. Confesso d'alto canto di non aver mai sperimentato la sofferenza totalizzante della perdita, il che mi persuade a sospendere il giudizio. Probabilmente trascendere la realtà è la reazione umana più benefica di fronte ad un lutto terribile come quello inscenato. Certo è che "The tree of life" ha un potere di straniamento eccezionale, tale da sfuggire la comprensione e mirare diritto alla suggestione. Non di meno la mia è stata una visone sofferta. Ho ravvisato in più d'una scena un autocompiacimento opprimente da parte del regista, quasi un delirio di onnipotenza. Uno schiaffo alla parsimonia del mezzo cinematografico, un lirismo talora gratuito che mi ha irritato. Percezione che oggi, col senno del poi, è più fonte di perplessità che non di rincrescimento.
Ciò che mi spinge a premiare l'opera piuttosto che punirla è la sua straordinaria sensibilità. Malick restituisce al silenzio dei gesti e all'afasia del dolore una dirompente carica espressiva. Un meraviglioso cinema di volti, vera encomio alla forza ancestrale delle immagini: concedere il lusso delle emozioni.

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Ultima risposta 20/05/2011 20.35.17
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Rand  @  20/05/2011 16:16:56
   10 / 10
Ci sono film che escono in sordina, con cinque persone in sala, di cui 3/4 bisbigliano tutto il tempo, disinteressati, ma dato che vogliono far credere di essere degli intellettuali, come va in moda nel nostro paese, così con gli amici potranno ripetere frasi di circostanza che riempiranno il vuoto della loro anima..
Io non sono un intellettuale, ma sono un essere umano, non mi illudo di poter "capire" l'ultima opera di Terence Malick, anche se è dalla sottile Linea Rossa che sono rimasto folgorato dal regista più empatico che abbia mai potuto apprezzare. Le parole non sono così importanti nel film, Malick segue il suo personale circolo di pensieri e si abbandona alla coscienza di quello che siamo. Noi gli esseri umani, che cerchiamo le risposte, le solite, chi siamo, dove andiamo, quanto tempo ci resta...
Allora basta un guizzo nello spazio primigenio, mentre una voce chiede dove sei per fare un capolavoro? Basta e avanza, per me, certo è un film di difficile interpretazione. Le parole possono spiegare poco di quello che viene narrato, paradossalmente sono le immagini la forza più grande. L'acqua è l'elemento cardine di Malick, dall'acqua saimo nati, e alla fine sarà l'acqua che dilaverà il nostro involucro. Certo cosa si domanda il regista, se dio esiste, se c'è qualcosa al di là della galassia, perchè siamo soli? Perchè soffriamo, perchè (sembra) abbiamo bisogno di un entità che ci guida e ci protegge?
Le risposte siamo noi a darle così come le domande, gli uomini vivono, soffrono, crescono,muoiono, io penso che tutti ci domandiamo cosa c'è dopo, perchè questa è la domanda! Terence anche, si avverte, perchè nonostante sia uno dei più grandi registi umani anche lui è un essere umano. Come me, ma le parole servono poco, le immagini possono più dei concetti, un altalena, una farfalla, un fiume, dei girasoli, poi si torna all' origine, ed è stupefacente. La scintilla, il big-bang, la galassia che si forma, il pianeta che si addensa, la crosta terrestre che si raffredda, i vulcani, l'acqua, le prime forme di vita, quelle più complesse, i dinosauri, le foreste, la vita...
Nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, questo penso che sia ovvio, almeno per me, certo Malick da credente cerca di trovare le risposte nella fede, io le cerco nell'evoluzione. Ma ognuno può trovare la sua risposta, basta fare le domande. I bambini sono importanti, lui lo dimostra, perchè sono ancora privi di coscienza, poi crescono, e cercano le risposte, come tutti. Tutti cerchiamo quella scintilla, prima di finire su quella spiaggia, assieme a tutti, l'immagine più potente e quella che rimane fuori campo, l'essenza degli esseri umani è nella loro creatività, nel loro ingegno, nella loro società o è nel loro essere consapevoli?
Chiedetevelo....
La musica classica fà da padrone ed è come sempre essenziale: da Debussy a Mahaler, non vincerà a Cannes, perchè non è di questo mondo, è altro, è l'albero che ci nutre e ci protegge, che ognuno di noi dovrebbe piantarne uno nella sua esistenza, e ciò che ci circonda, è ciò che siamo.
L'albero della vita...
Dedicato a chi cerca le risposte.

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Ultima risposta 21/08/2011 19.00.14
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Gruppo COLLABORATORI atticus  @  20/05/2011 00:21:50
   8½ / 10
Sono ancora stravolto, credo sia impossibile ora tirarne fuori un'analisi quantomeno lucida. E' sicuramente un film da non perdere, di quelli che segnano la storia e che lasciano tracce indelebili in chi lo guarda.
Un'elegia sulla vita umana, un viaggio universale che parte dall'origine del cosmo, passa attraverso le gioie e i dolori dell'uomo, varca i confini del reale e oltrepassa la sfera dell'onirico, occasione magica per una riflessione vertiginosa sugli eterni misteri del creato. Tutto attraverso un'inebriante valanga di sensazioni ed impressioni visive e sonore, con alcune delle immagini più belle del cinema degli ultimi decenni. E mentre ci si lascia travolgere da quest'esaltazione del dono della vita, si resta anche interdetti di fronte ad un eccesso di simbolismi rarefatti (gente che cammina sull'acqua, porte sospese nel nulla, voli pindarici...) e di didascalismi spesso pesanti. Sta di fatto che questa sinfonia emozionale arriva dritta all'anima, mai nessun regista era riuscito a rendere in maniera così poetica, toccante e sincera la gratitudine verso lo splendore di ciò che ci è attorno. La famiglia è il 'medium' perfetto per rappresentarla.
Un esperienza dei sensi, totalizzante in ogni suo aspetto. Malick riconferma che ogni sua opera è un evento.
Chi l'ha fischiato a Cannes dovrebbe semplicemente interrogarsi con se stesso.

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Ultima risposta 02/06/2011 10.05.45
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Black Eight  @  19/05/2011 17:24:03
   7 / 10
E' veramente difficile dare un giudizio secco su questo film. Inevitabilmente The Tree of life dividerà il pubblico (come peraltro è già successo a Cannes) tra chi lo osannerà come capolavoro assoluto e chi invece si sarà annoiato mortalmente. Il film è di difficilissima lettura perché non c'è trama, non c'è senso apparentemente logico. Si assiste rapiti (positivamente o negativamente) a 140 min di impressioni visive, come se si guardasse un album di fotografie, che rimandano alla filosofia della vita, all'evoluzione del mondo e alla storia dell'uomo. Così Malick cerca di carpire l'afflato divino ponendosi in relazione (o meglio facendo porre i suoi protagonisti) con Dio. Così si spiega la voce fuori campo dei membri di questa famiglia americana che invoca dal profondo dell'animo una risposta al perché delle cose. Insomma, è veramente complesso anche cercare di comprendere effettivamente gli intenti del regista, che intanto ci consegna un'opera assolutamente strabiliante per quanto riguarda l'impianto visivo, merito di una regia talvolta sontuosa, degli effetti visivi accurati e di una fotografia unica. Come era già successo ne La sottile linea rossa l'intento di materializzare uno spazio onirico e indefinibile è riuscito perfettamente. Inoltre in questo caso anche la voce fuori campo stride meno con il contesto, non è fastidiosamente retorica ma assume i contorni di un grido interiore che non può non toccarti. Detto questo il film alla lunga tende a sfinirti (e parlo di sfinimento fisico), è stancante e prolisso. Si tratta ovviamente di un progetto ambizioso che è talmente estremo da non potere essere difeso dai suoi detrattori. Sarebbe stato un atto di umiltà imporre dei limiti (soprattutto temporali) permettendo così un coinvolgimento maggiore che non si limiti soltanto alla prima parte. Cosi non è stato e la quinta opera di Malick apparirà pretenziosa e senza criterio (contenutistico, non estetico ovviamente), una sorta di grande citazione di 2001 Odissea nello spazio (in un punto c'è un omaggio evidente all'opera di Kubrick) che già di per se era un film comunque controverso. Il cast è ottimo: naturalmente Pitt e Penn (che qui ha una parte abbastanza esigua) fanno ampiamente il loro, ma la sorpresa risiede soprattutto nei bambini che si comportano egregiamente e tengono alla grande il passo con questi grandi attori

willard  @  19/05/2011 12:14:20
   10 / 10
Per chi va a vedere il film perché c'è Brad Pitt, così come andò a vedere "La Sottile Linea Rossa" perché vi recitava George Clooney, beh... non fatevi illusioni: non è un film per voi.

Penso che vi siano film (o l'intera opera di certi registi) che non possono essere catalogati, si collocano sopra (o sotto) tutto il resto, in un luogo mentale ed astratto che appartiene solo agli occhi dello spettatore... e questo è uno di quelli...

Terrence Malick consegna al mondo un'altro capolavoro, una storia di vita e di morte incastonata nei tempi lunghi e visionari, nelle straordinarie immagini che fanno invidia al più elaborato wallpaper per computer e, soprattutto, nelle inquadrature sghembe e contorte e nella splendida fotografia che da sempre caratterizzano le opere di un regista con cui ci delizia mediamente ogni 10 anni, ma che non fa rimpiangere l'attesa.

Bravi ovviamente Sean Penn e Brad Pitt e gli altri attori che compongono lo scarno cast attorno a cui ruotano le vicende tra passato e presente di una famiglia della media borghesia americana.

Anche per questa pellicola si deve essere in un certo qual modo ispirati, prima di iniziarne la visione, così, senza aspettative, lasciarsi cullare e trasportare dalle stupende immagini, sulle bellissime note di musica lirica e classica che le accompagnano e uscire dal cinema su quella che nel film stesso è definita la "via della grazia".

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Ultima risposta 26/05/2011 12.06.40
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR williamdollace  @  19/05/2011 10:51:53
   10 / 10
Malick sfonda ogni canone visivo, estetico e intimistico per creare un'opera d'arte che è sinfonia totale, visiva e cosmologica su Dio, La natura, L'Uomo e tutto quel "qualcosa" che ricerchiamo disperatamente ovunque, come crollare su una spiaggia, come chiedere perdono e finalmente piangere e ricordarsi di ogni cosa, come avere, finalmente tutto chiaro, esattamente com'é, come un ponte fra la condivisione e la speranza di ogni possibile, sovrastando ciò che siamo, per guardare dentro di noi all'umano e al sovrumano, rincorrendo un atto di fede che ci restituisca il nostro innato senso di eternità.

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