Voto Visitatori: | 6,05 / 10 (132 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 5,00 / 10 | ||
Ecco a voi il film più costoso nella storia australiana: due anni di riprese, 130 milioni di dollari spesi.
Presentato in anteprima mondiale a Sydney con un battage pubblicitario enorme, compreso quello di manifesto del continente lontano e balsamo lenitivo della sua zoppicante industria turistica.
Purtroppo l'ultima fatica di Baz Luhrmann mantiene solo quest'ultima aspettativa, rappresentando un gigantesco spot e poco più.
Dimenticatevi tutto lo strombazzamento pubblicitario sulla rinascita del cinema classico e neoromanticismi vari, scordatevi di intravedere i fulgori di "Via col vento" o la mano dell'anima trasmigrata di David Lean.
"Australia" è soprattutto un concentrato di stereotipi e l'annoso problema sociale sulla condizione degli aborigeni è trattata alla stregua di una barzelletta.
Peccato perché Baz ha talento da vendere, ma sembra che uscito dagli studios e chiusa la trilogia iperrealista con "Moulin Rouge!", capolavoro barocco di colori e musica, negli scenari sconfinati dell'Outback abbia perso la vena creativa e, come un bimbo agorafobico, smarrito la via estetica.
Il film fallisce proprio in ciò che era stato il punto di forza dei film precedenti, il trasmettere in maniera efficace le emozioni di base dell'essere umano: la passione, l'amore, la gelosia, l'odio. Qua la improbabile coppia Kidman-Jackman non trasmette nulla e il primo bacio che si danno è telefonato e ridicolo.
Ambientato nella seconda guerra mondiale, "Australia" racconta la storia della signora Sarah Ashley, una aristocratica inglese (Kidman), che eredita una enorme mandria di bovini nel territorio del Nord. Per impedire la svendita della mandria, con terreni annessi, assume un rude mandriano noto solo come "Drover" (Jackman). Insieme a lui e ad un manipolo di improbabili aiutanti, guida il bestiame per centinaia di miglia attraverso il deserto fino a Darwin, scoprendo l'amore lungo la strada. La storia romantica si colloca all'interno del dramma sociale dei bambini aborigeni, sradicati dalla loro cultura e costretti a civilizzarsi. I tentativi di un ragazzo aborigeno orfano, Nullah (Brandon Walters), per sfuggire alla cattura dei barbari bianchi, dovrebbe dare il film una nobiltà di intenti che compensi l'asettico romanticismo tra Sarah e Drover. Purtroppo gli aborigeni sono trattati alla stregua di macchiette e la vicenda del bambino è più accennata con toni fiabeschi o da fumetto.
Insomma, nessuno si appassiona alle vicende di un film troppo lungo.
In "Australia" si salva solo la splendida fotografia (ricalcata sulle pellicole anni '50) e la recitazione dignitosa della Kidman. Da stendere un velo pietoso su Jackman, assolutamente fuori parte e improponibile come compagno di Nicole.
Nonostante le operazioni di marketing cerchino di dire il contrario, si spiega perché l'Andrea Occhipinti australiano sia stato un ripiego per Baz, dopo i rifiuti di Crowe e del compianto Ledger.
Per tacere della tanto strombazzata scena della doccia, puramente gratuita, finalizzata a mostrare la parte più espressiva di Hugh, il suo busto palestrato, probabilmente usato dalla produzione come amuleto nella speranza di un fortunato successo, nel goffo tentativo di imitare la scena legata alle definizioni corporee del ben più carismatico Daniel Craig di "Casino Royale".
In definitiva il film fallisce nell'incapacità di Baz di dirigere con mano ferma all'aria aperta, facendo sorgere nello scrivente il dubbio che ciò che sembrava il punto di forza di "Moulin Rouge!" (l'iperrealismo kitsch e barocco) rappresenti il limite artistico dell'Autore.
Sempre in bilico tra dramma e farsa, "Australia" ha il difetto di non prendere una strada drammaturgica definita. Il risultato è spiazzante, come può esserlo il vedere delle figurine di un fumetto muoversi in paesaggi eccessivamente naturalistici.
I personaggini bidimensionali di Baz si muovono all'interno di un contenitore composto da tante microstorie prevedibili e rendono il film noioso.
Con i suoi innumerevoli finali, il prodotto sembrerebbe più adatto al kolossal a puntate di qualche tv a pagamento, o alle strisce del glorioso "Intrepido", piuttosto che ad una sala cinematografica.
Per non parlare del pistolotto finale sulla condizione aborigena attuale, assolutamente gratuito.
Insomma, cercando di imitare la grande scuola melodrammatica americana, Baz Luhrmann offre un lussuoso tour esotico accidentato ma, come per una Rolls-Royce sulla strada sterrata di un paese selvaggio, il film è pieno di buche rovinose.
L'ipotetica epica prevedeva l'accento su coloriti motivi tratti dai film western, di guerra, di storie romantiche e drammi sociali, ma il film fallisce alla radice: non emoziona ed è inutilmente lungo.
Un vero peccato.
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Recensione a cura di maremare - aggiornata al 19/01/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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