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Il Natale, si sa, è il periodo più terribile dell'anno. Almeno secondo Massimo (Alessandro Cattelan), rampollo dei Marinelli Lops, miliardari residenti in uno stupendo palazzo nel centro di Roma. Ben di diverso avviso è Giulia (Alessandra Mastronardi, "To Rome with love" e "La bestia nel cuore"), giovane architetto di estrazione popolare, la cui famiglia, i Colardo, è insediata in un immaginario paese della Tuscia. In seguito ad un incidente con un finto Babbo Natale i due si conoscono ed è subito colpo di fulmine.
Dopo una decina di giorni di frequentazione arriva per la coppia il test più probante: il cenone e il pranzo di Natale.
Giulia convince Massimo a passare quel giorno che lui tanto malsopporta in compagnia dei suoi. Ma i Colardo si rivelano subito non essere esattamente quel che i tradizionali canoni comportamentali definirebbero "una famiglia normale". Tra riffe improbabili e assurde cacce al cinghiale, si consuma una nottata terribile per il giovane, che si trova oltretutto davanti ad un muro di ignoranza abissale nel quale non riesce nemmeno a spiegare in cosa consiste il suo lavoro di microeconomia, venendone anzi costantemente deriso.
Provato nella pazienza Massimo esplode e snocciola con veemenza le sue origini, cosa questa che urta la sensibilità di Giulia.
Inevitabile il confronto tra i due che porterà il ragazzo ad andare dai suoi per il pranzo. Ma la maledizione del Natale sembra non esaurirsi. Infatti il prossimo atto si gioca proprio nella reggia dei Marinelli Lops, dove non solo si assiste ad un tremendo imprevisto, ma si consuma anche quella che sembra la fine del rapporto tra i due giovani. È stavolta lei, infatti, che raggiunge lui provando a sistemare la storia. La famiglia di Massimo ha purtroppo tutti i difetti dei ricchi: insensibilità, ingordigia, e così invece di riappacificarsi arrivano ad una nuova separazione.
Ma proprio da uno dei personaggi che maggiormente sembra incarnare i peggiori difetti di quella classe sociale, arriva forse il suggerimento migliore per dare una svolta positiva ad un Natale assolutamente disastroso.
Alzi la mano chi non ha visto la serie tv "Boris". Chi non lo ha fatto, è pregato di procedere e colmare questa lacuna, perché siamo di fronte alla massima espressione della comicità italiana degli anni 2000, l'unica che potrebbe giocarsela coi mostri del nostro glorioso passato.
Detto questo, c'è ovviamente tutta la differenza del mondo tra un girato di ventidue, massimo trenta minuti, ed un film di un'ora e mezza. In quella differenza è racchiuso il confine tra un prodotto di qualità indiscutibile ed un altro che... sì, bello... sì, fa ridere... sì, però...
Però...
Però è d'uopo una spiegazione. Gli autori di "Boris" sono tali Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo, già sceneggiatori anche del film omonimo. In questo "Ogni maledetto Natale" ricompongono il cast ormai storico e aggiungono la bellissima Alessandra Mastronardi dei "Cesaroni" (sui quali stendiamo un velo pietoso, ma lei oltre che incantevole è anche discretamente brava) e il conduttore di programmi televisivi e radiofonici (di cui non si farà il nome per decenza intellettuale) Alessandro Cattelan. Che, come coppia, funzionano (in realtà lei funzionerebbe anche con Topo Gigio o col pupazzo Rockefeller ma questo è un altro discorso).
Ovviamente nulla da dire su gente del calibro di Francesco Pannofino ("I fatti della banda della Magliana"), di un sempre più bravo Marco Giallini ("ACAB - All Cops Are Bastards"), di Valerio Mastrandrea ("Romanzo di una strage"), e ovviamente del mostruoso Corrado Guzzanti (che non ha bisogno di nessun richiamo). Funziona in modo molto divertente lo sdoppiamento di tutti gli attori principali nel duplice ruolo: in casa Colardo prima e Marinelli Lops poi, creando quel contrasto tra classi sociali, ognuna coi suoi difetti, ognuna coi suoi "mostri".
Il problema è: si può tralasciare la storia in un film? La sceneggiatura sembra davvero uscita dai tre autori de "Gli occhi del cuore 2", con qualche F4 di troppo. Se l'intento era solo far ridere allora bene, tutto funziona, anche senza i famosi "tormentoni" recitati a memoria dagli appassionati per ricordare i film negli anni a venire. Parolacce usate il giusto, e in questo sta diventando un degno successore della scuola romana Giallini, che le rende sempre leggere, con quella sua pronuncia decisa ma impostata come se stesse recitando Shakespeare in teatro.
Con un cast del genere, anche senza una storia credibile sotto, vengono perdonate, e anzi sono molto puntuali, le battute ormai scontate sul Natale quando si vuole giocare con l'amarezza provata per una festa che, come recita Pannofino, "di religioso non ha assolutamente nulla". Mentre risulta anche divertente il cinismo di fronte alla morte del cameriere filippino, archiviata da un Giallini in splendida forma che così sentenzia: "un minuto di silenzio per il morto, poi chi se la sente comincia con gli antipasti".
E questo è il buon Natale augurato da un cast ormai collaudato, che forse non passerà alla storia per questo film, ma che certamente sa far ridere in un modo quasi infantile, senza quella fastidiosa ricerca dell'amaro o del concettuale che tanto si è capito: in Italia non lo sappiamo più creare.
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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 26/11/2014 10.24.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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