Voto Visitatori: | 7,40 / 10 (377 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
Il numero due è sempre il più difficile, è sempre così. Troppe aspettative che rischiano di rimanere disilluse e il rischio di flop è dietro l'angolo. Casi di sequel non all'altezza del primo episodio se ne contano a iosa nella storia del cinema e il timore che questo Spider-Man confermasse la regola era più che tangibile. Fortunatamente "Spider-Man 2" non rappresenta la regola, bensì l'eccezione, la degna prosecuzione di un percorso intrapreso con il precedente episodio, solo migliore.
Mentre nel primo film si doveva fare i conti con la genesi del supereroe, qui il regista Sam Raimi può finalmente concentrarsi sulle dinamiche psicologiche dei protagonisti che, di fatto, agiscono da elemento trainante dell'intera pellicola, poiché tutto ruota attorno alle loro incertezze, timori, e debolezze, specie quelle di Peter Parker, ragazzo normale che più di ogni cosa brama la normalità senza però poterla realmente ghermire.
Peter desidera essere normale ma non può, perché il destino ha dato lui un potere troppo grande per poter essere ignorato, un potere tale da richiedere enormi sacrifici.
Sam Raimi parte da questo presupposto, tirando fuori un plot robusto e convincente, dosando con sapienza e metodo la componente introspettiva a quella invece relativa all'azione, riuscendo a mettere d'accordo chi da questo genere di pellicole si aspetta adrenalina e divertimento, ma anche chi invece non disdegna maggior spessore, attraverso una lettura psicologica dei personaggi.
La forza di questo "Spider-Man 2" sta proprio qui, nel suo svelare il lato umano di un supereroe che non è né ricco né affascinante, ma al contrario spiantato e un po' sfigato. Peter Parker non ha le capacità economiche di Bruce Wayne o Tony Stark, è brillante e dotato intellettualmente, certo, ma non ha lo stesso "appeal" dei suoi "colleghi". Peter condensa in se le frustrazioni dell'uomo comune, in lui la componente "umana" prevale su quella "super". Peter ha problemi comuni come pagare un affitto, procurarsi un lavoro o non fare tardi alle lezioni, ed è questo che crea quell'empatia con il pubblico, è questo che lo rende tanto amato, a tal punto che lo spettatore è portato a tifare per lui non tanto perché è l'eroe ma, paradossalmente, per le sue debolezze e le sue fragilità: in altre parole perché è umano.
Facilmente etichettabile come film "esistenzialista", "Spider-man 2" è un film in cui le scelte sono protagoniste, entrano in gioco e mischiano le carte, mettendo in atto un conflitto che dilania Peter, mettendolo in balia di una forte crisi di identità. Non sa più chi o cosa vuole essere, tanto da mettere in dubbio le sue priorità, combattuto come è tra il desidero di vivere una vita normale con la ragazza che sogna da sempre e il senso di responsabilità nei confronti delle persone che ama. Deve scegliere quale parte di se stesso vuole essere.
Sam Raimi attinge al numero 50 della serie "Amazing Spiderman", albo in cui Peter Parker vive una situazione amletica. Emblema di quell'albo è la tavola che ritrae un ragazzo che, sotto la pioggia, volta le spalle a se stesso, volta le spalle ad un costume che è molto di più, è un simbolo, un'incarnazione di ciò che Spider- man simboleggia: il coraggio del sacrificio. Il tema della crisi di identità rappresenta una bella sfida e, sotto questo punto di vista, la scelta di Tobey Maguire appare quanto mai azzeccata. Più a suo agio rispetto al primo episodio, Maguire mette in scena una convincente proiezione dell'impacciato Peter Parker. Attraverso i suoi occhi si riesce perfettamente a percepire tutto il disagio e l'inadeguatezza che il suo personaggio prova, ma insieme ad esso si evolve, cresce e acquisisce consapevolezza del proprio ruolo, ed è tutta la pellicola che ne beneficia.
Nemesi ufficiale di questo sequel è invece il Dottor Octopus, interpretato da un versatile Alfred Molina, incarnazione del bene che diventa male. Come nel primo film, anche qui Peter si trova a dover affrontare qualcuno che stima e rispetta, sebbene il Norman Osborn di Willem Defoe e il Doc Ock di Molina siano due personaggi diversi nell'animo, accomunati solo dall'ambizione e dalla genialità. Distanza che si conferma anche sotto il profilo tecnico, con i tentacoli di Octopus che riscuotono un certo "fascino visivo", al contrario del Goblin che, invece, appariva un po' piatto e passato dal punto di vista estetico.
Se nel primo film Peter Parker e Spiderman erano presentati come due figure distinte, qui invece si fondono e dalla lotta che ne scaturisce emerge un'unica entità che impara ad accettarsi e ad accettare le responsabilità che ne conseguono. In una società come quella attuale la gente ha bisogno più che di eroi invincibili di buoni sentimenti, di sapere che in giro ci sono ancora persone pronte a sacrificare se stesse in nome di un ideale, in nome di ciò che è giusto.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità, ricordava lo Zio Ben, ma perché? Perché il potere è un'illusione che irretisce, e il desiderio di cedervi è una debolezza che nasconde una sottile manifestazione del proprio ego. Peter vince la battaglia più importante, quella contro se stesso, quella che determina chi siamo veramente, perché tutti prima o poi dobbiamo fare i conti con noi stessi, e l'esito non è mai scontato quanto potrebbe sembrare.
"Io penso che ci sia un eroe in tutti noi, che ci mantiene onesti, ci da forza, ci rende nobili... E alla fine ci permette di morire con dignità anche se a volte dobbiamo mostrare carattere e rinunciare alle cose che desideriamo di più, anche i nostri sogni..."
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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 21/12/2011 17.22.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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