akira regia di Katsuhiro Otomo Giappone 1988
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akira (1988)

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locandina del film AKIRA

Titolo Originale: AKIRA

RegiaKatsuhiro Otomo

Interpreti: -

Durata: h 2.04
NazionalitàGiappone 1988
Genereanimazione
Al cinema nel Novembre 1988

•  Altri film di Katsuhiro Otomo

Trama del film Akira

Neo-Tokio, 2013, trent'anni dopo l'esplosione nucleare che rase al suolo la città e segnò l'inizio della terza guerra mondiale. Una gang giovanile di motociclisti, capeggiata da Kaneda, viene casualmente a contatto con uno strano ragazzino. Il giovane Tetsuo, che con la sua moto ha investito il bambino (rimasto inspiegabilmente illeso), viene portato via senza spiegazioni dai militari; Kaneda, venuto a contatto con un'organizzazione clandestina antigovernativa, cerca di scoprire dove è stato portato il suo amico.

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Voto Visitatori:   7,98 / 10 (84 voti)7,98Grafico
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Voti e commenti su Akira, 84 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

JoJoSan  @  23/02/2005 23:48:37
   4 / 10
"Akira" è un film ambientato in una delle tante Neo Tokyo che affollano le tremende visioni apocalittiche tanto care agli sceneggiatori del sol levante, nel più classico degli scenari post nucleari. Il primo pregio che salta all'occhio in quest'opera è la massima cura con cui è stato rappresentato lo scenario: una città riprodotta in maniera a dir poco maniacale, i disegni hanno un tocco di realismo che, specie per l'epoca d'uscito del film, è indubbiamente notevole, e l'intera ambientazione rappresenta alla perfezione uno scenario cyberpunk dove bande di teppisti motorizzati si scontrano mentre sullo sfondo infiammano le rivolte studentesche contro un'oligarchia corrotta e allucinati predicatori evocano la fine del mondo. Peccato che questa sia l'unica (o quasi) nota positiva dell'intero film.
Su questo sfondo, difatti, si prova a descrivere un sentimento d'infinita rivalsa d'un giovane, Tetsuo, vissuto tra i soprusi che ha sempre visto con malessere come una sorta di patetico disprezzo l'atteggiamento protettivo degli altri compagni della banda di motociclisti cui appartiene, a cominciare dal loro leader, Kaneda, uno spaccone di prima categoria: è questo il fulcro attorno al quale gira, o meglio dovrebbe girare, l'intera vicenda. Come base per costruire un'ottima storia un tema del genere è sicuramente eccellente, ma, non pago, Katsuhiro Otomo, forse costretto a pagar dazio al manga a cui s'ispira questo film, compie la scelta scellerata di appesantire la trama con elementi assolutamente estranei ad essa. Prendendo questo come punto di partenza, difatti, per complicarsi drammaticamente la vita il regista cerca d'introdurre in un alone di mistero filosofeggiante, il regista decide di inserire nel segretissimo "progetto Akira" (da cui il titolo del film), che permette la trasformazione di Tetsuo in una sorta di semidivinità, una serie di simbologie atte a confondere le idee allo spettatore, spingendosi però ad un punto tale da sembrare lui stesso confuso dalla propria opera che finisce col risultare inconcludente. La traccia del dramma di Tetsuo, proprio sul più bello, viene infatti completamente abbandonata a sé stessa per cercare di dare al film una sorta di tono intellettualoide senza capo né coda, facendo implodere una struttura che ha basi troppo fragili per poter portare avanti un discorso di tal fatta. Otomo giunge quindi al paradosso di narrare un racconto che si fonda su di una tematica emotivo-sentimentale, per poi lasciarla a metà e lanciarsi in visioni molto cerebrali che col sentimento non hanno niente a cui spartire. Il dramma interiore di Tetsuo, il suo coinvolgimento emotivo con la sua ragazza Kaori (personaggio che così facendo risulta essere sbattuto lì per semplice necessità di crescente patetismo), lo sviluppo del rapporto tra Kaneda (tratteggiato, come tutti i personaggi con l'eccezione di Tetsuo, in maniera assolutamente stereotipata) e l'affascinante ribelle Kay (è comunque interessante rilevare siano l'uno il complemento dell'altro per completare assieme la figura dell'eroe, che non è dunque un singolo personaggio) vengono trattati in maniera più o meno superficiale e messi presto o tardi nel ripostiglio per essere sostituiti da un crescendo di esoterismo posticcio che culmina in un finale d'una pretenziosità mostruosa: riuscire a coniugare due filoni così distanti (l'uno basato sul sentimento, l'altro sul simbolismo più astruso) in un'unica storia non è certamente facile, ma nessuno obbliga a cimentarcisi, ed in questo caso il risultato è un misero fallimento.
In conclusione, Katzuhiro Otomo, nella foga di voler affascinare il pubblico con un'opera che non vuol dare risposte, doveva ricordarsi di un aspetto fondamentale: in questo film, in fin dei conti, mancano le domande.

11 risposte al commento
Ultima risposta 12/03/2008 00.44.18
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