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Alcuni problemi di tenuta, verosimiglianza e recitazione nei tre episodi (non da parte di Ranieri però) limitano in parte la grande suggestione delle riprese dei "sipari" di raccordo fra i tre episodi, dove si racchiude il valore del film, a mio giudizio: in questo senso vedi la recensione.
IN DUE PAROLE: un film-documentario sul dramma della casa, più che sui poveri o sui barboni. Film lento e triste, con poca speranza. L'occhio della telecamera non è mai protagonista, ma è piuttosto spettatore di una realtà che spesso non vogliamo, o non vorremmo, vedere. Tre le storie, raccontate dagli stessi protagonisti nella vita reale: una clandestina africana, una romena (O. Muti) ed un italiano (M. Ranieri).
IN PROFONDITA': Un film lento e noioso: no, no... non è un difetto del film. Riflette proprio la vita dei tre personaggi principali. Il regista ha, secondo me, azzeccato le tre tipologie dei "senzatetto". Gli episodi sembrano andare da quello con più speranze per il futuro, a quello più fosco. Prima storia: una donna libica che incarna la classica "clandestina". Ma con un speranza: una figlia. Seconda storia: un donna questa volta europea, romena, che arriva in Italia senza neanche sapere una parola di italiano. Trova da lavorare come badante, ma in realtà è una reclusa. La speranza c'è ancora, ma è tremendamente in bilico. Terza: un uomo italiano, fruttivendolo, che per un evento della vita, che si verifica, prima o poi, per ognuno di noi (purtroppo), sprofonda in una depressione nera, diventando, di fatto, un barbone. E qui, di speranza sembra essercene veramente poca.
Fra un episodio ed un altro, riprese di una Roma grigia (come il colore predominante della pellicola), e di tutti i senzatetto che gravitano attorno a noi, quasi invisibili. Con l'occhio acuto del regista, invece, basta viaggiare in macchina su una qualsiasi grande arteria della periferia romana, per vederne a decine.
Un film che annoia un poco, perché sono le vite stesse dei protagonisti ad esserlo. I protagonisti principali sono mai come in questo film "protagonisti": i comprimari sono appena abbozzati, quasi di passaggio. E' quasi un monologo. Forse, subito, il film non dice molto di nuovo, se non lasciarci una profonda tristezza. Lasciando decantare il film, il giorno dopo, invece qualcosa rimane e, forse, quando vedremo dei "senzatetto", li vedremo con occhi diversi. Forse questo è l'intento del film.
Una menzione merita Massimo Ranieri, veramente bravo e credibile. La Muti non è male e recita anche in rumeno. Brutta e "sibilante" la musica di sottofondo: capisco che sottolineava la tristezza delle situazioni, ma non ce n'era molto bisogno. Io l'ho trovata abbastanza fastidiosa.
Un film sperimentale che si sofferma sulla quotidiana indifferenza della città e sulla estraneità degli emarginati rispetto al contesto urbano. Lontano dal romanticismo e dal sensazionalismo è un bellissimo sguardo doloroso a scenari di urbana desolazione.
Maselli è ritornato a parlarci dall'alto della sua esperienza con un film rigoroso, di grande impegno, che non ha paura di scavare nei drammi, e di lavare i panni sporchi fuori casa, soprattutto per chi una casa non ce l'ha. La fotogafia, livida e così ricca di chiaroscuri, lo sguardo impetoso e lucido del regista, la scelta di far parlare gli attori nella lingua dei protagonisti reali (la Muti non dice una parola di italiano, parla esclusivamente rumeno, una scelta, quest'ultima che denota un atto di grande generosità verso le storie raccontate), le musiche belle e toccanti di Angelo Talocci, gli attori tutti bravissimi ed intensi (la Muti è commovente): tutto questo contribuisce a fare di "Civico 0" un grande film. Peccato solo che probabilmente sarà stritolato dagli altri film, quelli a cui le distribuzioni consentono una versa uscita, non come in questo caso un'uscita poco più che simbolica, in due copie (una a Roma, una a Torino, per la cronaca). è davvero un peccato che questo film siano in pochi a vederlo e ad amarlo.