gli amori folli regia di Alain Resnais Francia, Italia 2009
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gli amori folli (2009)

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locandina del film GLI AMORI FOLLI

Titolo Originale: LES HERBES FOLLES

RegiaAlain Resnais

InterpretiAndré Dussollier, Sabine Azéma, Emmanuelle Devos, Mathieu Amalric, Michel Vuillermoz, Anne Consigny, Roger Pierre, Sara Forestier, Nicolas Duvauchelle, Cédéric Deruytère, Emilie Jeauffroy

Durata: h 1.36
NazionalitàFrancia, Italia 2009
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 2010

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Trama del film Gli amori folli

Marguerite non aveva previsto che le avrebbero rubato la borsa all'uscita del negozio, ancor meno che il ladro ne avrebbe gettato il contenuto nel parcheggio. In quanto a Georges, se avesse potuto sospettare, non si sarebbe abbassato per raccoglierlo.

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Voto Visitatori:   6,46 / 10 (13 voti)6,46Grafico
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Voti e commenti su Gli amori folli, 13 opinioni inserite

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isaber  @  17/08/2011 14:18:00
   8 / 10
Marguerite cammina per la strada e viene scippata della borsa. Georges trova un portafoglio accanto alla sua auto in un parcheggio. Appartiene a Marguerite. Mentre cerca di contattarla, inizia a fantasticare sulla donna, sulla loro prima conversazione, sul loro primo incontro. Una fototessera e un brevetto da pilota bastano a mettere in moto l'immaginazione di Georges. Eppure decide di consegnare il portafoglio al distretto di polizia. Ma la donna lo chiamerà per ringraziarlo, mettendo in moto una catena di eventi imprevedibili eppure, a loro modo, inevitabili. Alla veneranda età di 87 anni, con una filmografia alle spalle che non inizio neanche a citare, Alain Resnais, uno dei padri della Nouvelle Vague, firma un'opera di straordinaria potenza visiva in cui regna un'irresistibile anarchia. Il titolo originale, Les Herbes Folles (rovinato nella traduzione italiana) racchiude il senso dell'opera e spiega anche le numerose inquadrature dei fili d'erba che crescono tra l'asfalto. "Mi sembrava che questo titolo rappresentasse bene i protagonisti: due persone che seguono impulsi totalmente irragionevoli, come quei semi che germogliano tra le crepe dell'asfalto o tra le rocce in campagna, dove nessuno si aspetterebbe di vederli spuntare" spiega il regista in un'intervista diffusa alla stampa. Gli "amori" del titolo nostrano possono trarre in inganno: dopo il primo contatto non si scivola in una storia d'amore clandestina tra i personaggi. Raccontare altro di questo capolavoro sarebbe sciuparlo. Resta solo da guardare, ammirare, queste vite che si intrecciano e, guardandole, non si può non amarle e sorridere delle loro piccole debolezze, dei loro capricci, delle loro esitazioni e insicurezze (deliziose le finestrelle che si aprono a mostrare Georges e le varianti possibili della sua prima telefonata a Marguerite). Rimane impressa nella mente la gialla borsa di Marguerite che, strappatale dal borseggiatore, fluttua nell'aria al ralenti, seme che il vento porterà a germogliare lontano.
A coloro che amano trovare un senso a tutti i costi probabilmente questo film, che si conclude con una bimba (ma chi è?!) che domanda alla mamma se quando sarà un gatto potrà mangiare i croccantini, non piacerà. Quelli che accolgono nella loro vita la fantasia e un pizzico di follia se ne innamoreranno.
Eccezionali per i ruoli di Georges e Marguerite due attori che hanno già lavorato diverse volte con il regista francese: André Dussollier e Sabine Azéma.

Crimson  @  01/08/2011 21:48:57
   8 / 10
Le erbe folli.
"Le erbe" che appaino nell'incipit e nella meravigliosa serie di carrellate che precedono il clamoroso epilogo; quelle manifestazioni selvagge e libere che s'inerpicano ovunque e in qualunque modo, facendosi strada persino nel cemento.
Il sentimento dirompente e irrefrenabile che pervade questo film non sono "gli amori", come la traduzione italiana in modo approssimativo e generico traduce in conformità delle solite esigenze di botteghino, semmai il desiderio unito alla disperazione.
"Folle" è l'aggettivo più adatto per connotare tale devastante connubio.

Non so in che misura ricalchi il romanzo trasposto; Resnais modella la materia secondo il suo inconfondibile modo di fare cinema.
Un film che fluttua nel tragicomico ma che possiede una verve unica e anticonvenzionale.
L'ho amato fin dalla sua uscita nelle sale e ora dopo averlo rivisto nuovamente in dvd ho riso di gusto in molte scene e mi sono entusiasmato dinanzi ai soliti aforismi e freddure di uno script taglientissimo.

Georges e Marguerite sono due personaggi assolutamente fuori dagli schemi e si fanno adorare per i propri complessi e imperfezioni.
Due persone molto sole che in maniera sconclusionata si lasciano trascinare in qualcosa di indefinibile, anomalo.
Non saprei come definire la pulsione ai limiti (e talvolta ben altro) del patologico che li trascina. E non c'è una vera e propria causa che la scateni.
Apprezzabile l'elemento narrativo del destino, come tassello da cui cronologicamente ha tutto inizio.

La prima parte è bellissima, avvincente.
Focalizzandosi su Georges viene ritratto il quadro famigliare e la prima fase del singolare stalking.
Questo frammento narrativo relativo al "corteggiamento" (definiamolo così) è il migliore: si fa strada tra telefonate ripetitive e lettere-fiume sulla propria vita, fino a esacerbarsi nell'azione vandalica.
Da questa serie di comportamenti ossessivi e di repentini cambi di umore di Georges viene tratteggiato sapientemente e approfondito il tutto-nulla che caratterizza la sua personalità disturbata: secondo un'ottica "non francese" potremmo constatare che egli presenta numerosi tratti in comune con un disturbo di personalità di tipo borderline, come la forte instabilità nell'immagine di sé, l'instabilità emotiva, il pensiero dicotomico, l'iperidealizzazione, la rabbia, i comportamenti impulsivi e lesivi.
Ma è proprio il modo di lasciar fluire il fascino del film e viverlo nell'ottica di Resnais a rendere il protagonista molto meno "malato" di quanto possa sembrare secondo un taglio analitico differente.
Ci spinge a concentrarci sulla forza magnetica che coinvolge queste bizzarre relazioni interpersonali, piuttosto che sul giudizio dei singoli.

Georges è stato sicuramente traumatizzato dal tentato suicidio della madre e i sogni spezzati del padre (amava gli aerei ma è finito a riparare le moto – questa scena è magistralmente ambivalente: tanto spassosa quanto triste).
L'intervento di una spaesata coppia di poliziotti (tra cui Mathieu Amalric, che specie qualche anno fa spuntava come il prezzemolo in quasi tutti i film francesi), "moralisti" e fin troppo comprensivi (ma prima ben poco ligi in servizio, trascinati in una festicciola in ufficio) sembra placare le acque: avviene il punto di frattura del film, in cui avviene un quasi rovesciamento dei ruoli tra "stalker" e "perseguitato".

A questo punto la personalità di Marguerite emerge accompagnata da maggiori dettagli sul suo conto, malgrado permanga un alone di mistero sulla natura del rapporto con Josepha quasi fino alla fine.
Sappiamo poco sul suo conto, molto sulla sua solitudine e sulla sua lealtà (il colloquio con la moglie di Georges – possiamo intuirne il contenuto) e franchezza.

Progressivamente queste due vite vengono sovrapposte fino ad identificarsi in qualcosa che collima.
L'incontro sulla rampa col finto finale (geniale) suggella questo stato, prima che i due si perdano nell'alveo che li culla (l'aereo), in un viaggio finale metaforicamente brillante.
E' finita? Neanche per idea.
Con maestria Resnais evita di mostrare l'impatto, ce li fa immaginare ancora così, nell'ebbra contemplazione di una sessualità immaginifica, piroettando nel cielo.
E in un velocissimo viaggio altrettanto immaginifico tra rocce e natura selvaggia veniamo tutti catapultati nella stanza di una bambina che prima di addormentarsi chiede alla madre se quando rinascerà gatto potrà mangiare croccantini. Geniale, folle.

La qualità della recitazione è incredibile: Resnais non sbaglia mai un colpo con i "fedelissimi" Sabine Azéma e André Dussollier.
Da citare assolutamente anche la fotografia di un altro fedele ormai del regista, Eric Gautier (Into the wild).

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  12/03/2011 18:57:00
   6½ / 10
Che film incommentabile che mi capita davanti, un film strano, folle direi, come il titolo!
Per prima cosa noto che questo regista ha una grinta pari solo a quella di Clintone, a 87 anni gira una pellicola per niente facile! Si nota la sua regia esperta, non un'inquadratura fuori posto, e poi ci sono un sacco di scene geniali, tipo l'inizio bellissimo, l'esclamazione di Palet "Lei mi ama allora", il bacio con il tema della 20th Century Fox e il finale che è semplicemente S-P-E-T-T-A-C-O-L-A-R-E, tutto condito dalla stupenda colonna sonora. Però… la trama non mi ha convinto, di un grottesco che non fa né ridere né riflettere, ma solo mettere in dubbio la sanità mentale di Resnais. In alcuni punti iniziava a diventare abbastanza pesante e poi c'è la voce narrante troppo preponderante.
Si respira molta Nouvelle Vague, ma a parte qualche scena dopo la visione rimane un vuoto.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  07/08/2010 00:53:48
   7½ / 10
Tutto si può dire, ma le sceneggiature dei film di Resnais sono a dir poco formidabili. Non è esatto poi credere a un cinema classico se le percezioni che risaltano riescono a rendere il tutto così nobile e moderno.
Penso però che Resnais sia un inguaribile utopista - una storia che al giorno d'oggi potremmo trovare improbabile nei suoi sviluppi neutrali - e che creda ancora nella magìa del cinema di riprodurre quasi interamente l'arte del sogno. Non a caso questo strano incantesimo finisce per ricordarmi tremendamente il cinema di Michel Gondry, anche se qui il surrealismo non prevale mai sull'autenticità vera e presunta della vicenda.
E' come un gioco di specchi dove i francesi amano ritrovarsi, persi nella loro minuziosità, a volte (volutamente?) irritante, come in quest'ombra di sentimenti celati o espressi neanche fossimo davanti all'ennesimo ritratto di amare contraddizioni (laceranti, tra frigidità e desiderio) della metafora poetica del compianto Eric Rohmer.
L'attrice più meravigliosamente e insopportabilmente "francese" del cinema contemporaneo, Sabine Azema, celebra questo personaggio velando di mistero la sua vita privata (a un certo punto lo spettatore finisce per pensare che abbia una relazione saffica con la sua miglior amica e collega).
Incensato dalla critica internazionale come un capolavoro, non me la sento di obiettare tanto entusiasmo, ma nemmeno di condividerlo in pieno.
Il film è un miracolo stilistico, talmente pregno di classe e amore per il cinema (un bacio fugace tributa l'epilogo da metro goldwyn mayer dei tempi d'oro) da lasciare ammaliati, però è talmente permeabile alla sua perfezione - così rarefatto nel suo sentimento "puro" da lasciare talvolta qualche perplessità sulla sua... sincerità visiva.
C'è grande sfoggio di ironia, che ancora una volta concorre al bisogno estremo di questo ultraottantenne di navigare un immaginario che non esiste quasi più. Come se qualcuno dovesse rimpiangere l'amore di "Le grandi manovre" anzichè il romanticismo bellico di "I ponti di Tokyo-Ri".
Come nel suo eccentrico epilogo, c'è una cura di particolari che rivela l'immensa utopìa di un desiderio, che è poi quella dello spettatore di oggi quando celebra il suo sogno, e l'illusione di un cinema ridotto a "pura macchina di emozione"

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento mkmonti  @  21/06/2010 14:30:45
   7 / 10
Due splendide interpretazioni (una conferma, se mai ce ne fosse stato bisgno dopo lo straordinario "Cuori" per Andrè Dussolier e Sabine Azema, veri alfieri del cinema d'oltralpe), un regista ottantasettenne simbolo della nouvelle vague e con la voglia di stupire se stesso e gli spettatori, una sceneggiatura "folle" tratta dal romanzo di Christian Gailly “L’incident”: sono alcuni degli ingredienti dell'ultima pellicola di Alain Resnais, presentata l'anno scorso a Cannes e meritatissimo Gran Premio della Giuria, con cui il cineasta si tolglie di dosso la neve di "Cuori" per realizzare un film passionale e caldo, infarcito della giusta irrazionalità a rappresentare la "follia" insita in ognuno di noi, repressa dalla società che ci circonda a cui Georges non si rassegna, tanto da condurre tutti alla "fine"; ma dopo una geniale falsa fine, un piano-sequenza ci conduce nella camera di una bambina dove la "follia" puà ricominciare.
Unica nota stonata, come al solito, la traduzione italiana che toglie gran parte del significato al titolo originale "Les herbes folles"

rappayuz  @  07/06/2010 18:00:33
   3½ / 10
Ciofeca. Inizia bene, l'idea di raccontare sentimenti e situazioni in modo giocoso, o tramite citazioni ad altri film è buono, ma alla lunga non regge. pure le battute alla fine sono irritanti e sconclusionate. non so ben dire se il regista prova a rifarsi ad antonioni o a qualche altro maestro capace di narrare attraverso simboli, il risultato è però disastroso. Non so perché lo abbiano distribuito in italia, meglio spendere soldi per produrre registi promettenti. che follia senza amore per il cinema.

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Ultima risposta 07/08/2010 00.30.20
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Doinel  @  30/05/2010 17:30:50
   7½ / 10
Alain Resnais ritorna alla grande, con un'impronta tipicamente surreale e narrativamente scompositiva, produce un'opera passionale e delicata, un inno alla follia e un taglio alla retorica, all'austerità dei luoghi comuni, per perdersi tra i flussi della natura selvaggia e ribelle.

"Quando sarò un gatto potrò mangiare croccatini?"

Giorgione  @  13/05/2010 15:12:41
   4 / 10
Inizio promettente, poi delude completamente le attese e diventa incomprensibile. Secondo me non é esatto dire che é surrealista. Se fosse surreale avrebbe, sotto la superficie, un contatto con la realtá: invece mi é sembrato solo sconclusionato.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  12/05/2010 13:00:42
   7 / 10
Un film surreale e ironico, anzi umanamente folle come l'erbetta che spunta tra il cemernto sfidando i gas di scarico.
Alain Resnais, non più giovincello, riesce ancora ad avere un tocco lieve e allo stesso tempo audace per raccontare la quotidianeità dei suoi personaggi.
Splendide prove di André Dussollier e Sabine Azéma.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  11/05/2010 17:25:10
   7 / 10
E' appurato che il maturo Alain Resnais gira in stato di grazia. "Les herbes folles" non è un'eccezione, per fortuna. Indugiando sulla folta chioma di capelli rossi e ricci di Azéma, sfarfallando all'interno di un appartamento per raccontare di un tormentato passato familiare che ridiventa presente e piacevole, allontanandosi timido per lasciare i personaggi alle loro confessioni, rabbuiando il filtro della sua macchina da presa per dar modo di accendere la luce e rendere magnificamente l'idea del trascorrere del tempo.
Imbevuto di una dolcezza ambiguamente crudele, lo stile di Resnais diventa quasi un fotoromanzo strambo con ricorrenti sfumature e chiusure su di uno schermo nero, che concede poco al sentimentalismo tout court perché si fa spumeggiante, emancipato e lacunoso come l'Amore.

Si perde un po' tra i facili simbolismi del colore dei semafori, di soldi gettati su di un tavolo di un bar, tra occhi annacquati da elementari romanticismi e mani arrendevoli sulla poltroncina del dentista. O su di una cerniera lampo che invita a sfidare la gravità degli amori azzardati. Non sempre centra il bersaglio, perdendo per strada l'utilizzo della voce narrante la quale ritorna ad essere intensa solo in chiusura.

Tuttavia i grandi alleati (più che attori, oramai) del regista francese, giganteggiano senza pari. Creature superficiali e pitturate (!), brillano con discontinuità come desidera il Maestro e agiscono in modo illogico e un po' assurdo. Sabine Azéma recita con i piedi, e in questo caso non è motivo di dissenso: corteggia e accarezza un aeroplano allo stesso modo in cui lusinga un André Dussolier coraggioso e opprimente allo stesso tempo, tenacemente devoto alla fatalità e alla comprensione del destino.

Esistono erbe che nascono dove meno te lo aspetti. Spuntano improvvise in mezzo all'asfalto, si ergono verdi e rigogliose nonostante il cemento e i gas che le circondano. Fanno capolino da sotto le ceneri del conformismo. E a volte sopravvivono.

Gruppo REDAZIONE maremare  @  10/05/2010 00:52:49
   7 / 10
Il lieve e inconfondibile tocco di Resnein accarezza un film lieve, buffo, surreale. Alcune cadute di tono si perdonano all'anziano Maestro, rivestite come sono da perle di grande Cinema incastonate nella pellicola.

Bimbo84  @  07/05/2010 17:14:14
   4 / 10
Sconfusionato, incomprensibile, lento e noioso...

Gruppo COLLABORATORI matteoscarface  @  02/05/2010 16:00:48
   7 / 10
Che buffo questo film del giovane Resnais. Molto strano, quasi surreale in certi punti, com'è da aspettarsi da questo regista. Sicuramente lontanissimo dal tipo di cinema al quale siamo abituati oggi, perlomeno nella storia e nelle scelte registiche. A volte lento, con qualche sbandamento nei dialoghi, ma se si ha un pò di pazienza superato lo smarrimento iniziale si trovano dei particolari attraenti, atipici. Ma bisogna essere almeno un poco ben disposti, inutile vederlo credendo di trovare una commedia scoppiettante tra attempati signori. Non è così, è più vicino alle piccole follie quotidiane delle persone normali, ma tanto normali non sono, che portano a gesti più grandi e inattesi (particolare il finale, il banale imbarazzo per la cerniera, la bambina che vuole mangiare i croccantini). Non c'è da stupirsi se Resnais sceglie di inquadrare spaccature nel muro, erba mossa dal vento, rocce fiabesche, casette che sembrano uscite da un racconto sugli gnomi. Sono gli sprazzi di follia nella vita delle persone apparentemente comuni, come il buon Dussolier, un borghese che dipinge la staccionata, prova disgusto davanti al cattivo gusto, ma ha pensieri frequenti sull'omicidio, specialmente sulle persone che gli danno sui nervi. Tra un'inquadratura classica e l'altra questo giovanotto di 88 anni (88! Il cinema lo ha inventato lui!) ci spiazza con pianisequenza sbilenchi, louma crane che salgono sui tetti delle case, zoom vorticosi, riprese aeree. Eh, non è poco.

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