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Un po' un'autobiografia onirica e un po' un tributo all'amato padre, Francesca Comencini dirige un bel film sul rapporto padre-figlia. Ci sono solo lei, la protagonista, e sua padre, niente madre né sorelle, solo il padre e il cinema, e il cinema è la fabbrica dei sogni, per cui non può che essere un'autobiografia sognata. Bel film.
Pochi riferimenti temporali, essenziali per collocare una vicenda lunga qualche decennio. Due soli personaggi, padre e figlia. Un film autobiografico quello della Comencini ma che ha il merito di avere una sua universalità, cosa non da poco e raccontato con estrema sincerità, non tanto su ricordi temporali definiti quanto su quelli emotivi che si sviluppano e si evolvono tra padre e figlia. Un padre autoritario e gentile, una figlia che inconsciamente sente la figura ingombrante di un padre famoso e rispettato. La balena di Pinocchio diventa il simbolo delle sue fragilità ed insicurezze, la paura di fallire, il conseguente scivolamento verso la tossicodipendenza dove il padre più di prima, diventa una figura concreta, reale anche nelle sue debolezze e di sostegno verso una figlia in deriva. Il tempo che vuole sembra quasi un riconciliazione fra due generazioni diverse e contrapposte all'epoca, coraggioso per come la Comencini stessa si metta a nudo spogliando di qualsiasi enfasi il film che rimane toccante e poetico con due bravissimi attori come la Vergano e Gifuni.
Film profondo e delicato. Riesce ad operare una perfetta simbiosi tra i moti riposti dell'animo umano e l'impeto delle passioni. Anche i riferimenti interni sono ben centrati, congiungendo l'amore puro per il cinema con un'innata sensibilità valoriale.
Un film complesso che descrive le vicende di papà Luigi Comencini e sua figlia Francesca che vivono insieme, soli, affrontando e superando (?) ostacoli e problematiche di vita sempre più invadenti. Non è soltanto un film autobiografico, c'è l'amore e la passione che padre prima e figlia dopo nutrono per il cinema, per come si imposta un film e come lo si dirige, assaporando quella gioia di stare sul set. Non dispiacciono quando scorrono dolci alcuni frammenti cinematografici di un tempo che fu. Bravo, molto bravo, Gifuni nonostante la sua interpretazione sembra evocare ancora quella di Aldo Moro in "Esterno Notte". Brava anche la Vergano che interpreta Francesca Comencini, soprattutto quando dalla sua espressione sembra chiedersi come sarebbero andate le cose se non avesse avuto un padre così oppressivo (e sembra rispondersi: "in fin dei conti è andata bene così")
A tratti un pò troppo "onirico", ma film davvero bello, affascinante per la figura del "maestro" Comencini di cui qui si racconta la vicenda con la figlia Francesca (regista del film). C'è davvero "tanta roba" ma sempre ti chiedi dove siano le altre tre sorelle di Francesca...