i protagonisti regia di Robert Altman USA 1992
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i protagonisti (1992)

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locandina del film I PROTAGONISTI

Titolo Originale: THE PLAYER

RegiaRobert Altman

InterpretiTim Robbins, Greta Scacchi, Fred Ward, Whoopi Goldberg, Peter Gallagher, Brion James, Cynthia Stevenson, Vincent D'Onofrio, Dean Stockwell, Richard E. Grant, Sydney Pollack, John Cusack, Peter Falk, Andie MacDowell, Bruce Willis, Julia Roberts

Durata: h 2.04
NazionalitàUSA 1992
Generecommedia
Tratto dal libro "I protagonisti" di Michael Tolkin
Al cinema nel Novembre 1992

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Trama del film I protagonisti

Griffin Mill - dirigente di una società cinematografica - passa ore a farsi riassumere 'in 25 parole', da innumerevoli soggetti e sceneggiatori, progetti da tradurre in film. Tempestato da minacciosi messaggi (probabilmente dello sceneggiatore David Kahane), egli lo trova in un cinema di periferia, litiga con lui, lo stordisce e finisce con l'affogarlo in pochi centimetri d'acqua sporca. Poi ne circuisce la fidanzata June Gudmundsdottir, e lascia per questa donna la sua segretaria-amante Bonnie, mentre un altro arrivista, Larry Levy, eterno rivale di Griffin, è sempre pronto a carpirgli il posto.

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Voto Visitatori:   7,73 / 10 (35 voti)7,73Grafico
Miglior film commedia o musicaleMiglior attore in un film commedia o musicale (Tim Robbins)
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior film commedia o musicale, Miglior attore in un film commedia o musicale (Tim Robbins)
Miglior regia (Robert Altman)Miglior attore (Tim Robbins)
VINCITORE DI 2 PREMI AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior regia (Robert Altman), Miglior attore (Tim Robbins)
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Voti e commenti su I protagonisti, 35 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  13/09/2010 11:02:39
   8½ / 10
Nella citazione dichiarata a 'L'infernale Quinlan', i primi minuti sono tutti altmaniani, un intersecarsi di personaggi e dei loro discorsi, uno scorrere della lente ora all'uno ora all'altro, un guardarli da dietro una finestra, o appostato a distanza: finché la moltitudine si stempera e l'obiettivo si sposta sul suo soggetto. Un dirigente cinematografico che si trova a vivere in prima persona in una di quelle centinaia sceneggiature che ogni giorno deve ascoltare; non la migliore, anzi una di quelle scartate, scelta dalle opportunità, variata da qual grande giocatore che è lo stesso Altman.
Vi trova dentro un'umanità, nel volto di quell’uomo vile, o un timore, anche in egli, nel protagonista finto di un film finto, non può esimersi dal soffermarsene.

Se con 'Nashville' raccontava attraverso la musica la desolazione del panorama dell'America di oggi, con 'I protagonisti' il regista non ha bisogno di uscire dal suo mondo; disincanta con ironia il cinema tutto, criticandone i miti, le false illusioni; dietro agli scenari di cartapesta, che nella pellicola sono perlopiù i luoghi frequentati dai potenti del cinema, c'è la stessa speculazione, la stessa industria, lo stesso arrivismo, il medesimo cinismo che vige al di fuori.
Un film per avere successo deve avere suspense, scene di sesso, un po' di violenza, un lieto fine, soprattutto un lieto fine: Altman ne 'I protagonisti' mette un po' di tutto questo.
Decine di altre opere famose menzionate, numerosi cammei di attori e personaggi importanti, ma Altman li cita come i musicisti di 'Nashville', non divi né gente speciale, sono i numeri di una moltiplicazione finanziaria.
E' un thriller? Sino a poco dopo la scena molto tesa dell'omicidio parrebbe di sì. Ma c'è un'altra sequenza, ancora più bella e significativa, in cui il sospettato siede alla centrale per un interrogatorio. Lui è agitato, gli altri strani personaggi ridono di lui come a dirgli: "Ma di che càzzo ti preoccupi? Non è mica un thriller, è un film di Altman'.. una grande commedia americana.


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9 risposte al commento
Ultima risposta 14/09/2010 20.39.03
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  06/11/2009 23:45:46
   8 / 10
Si tratta di un ottimo film che non annoia per niente e che si segue con interesse. La mano del grande regista la si vede eccome. Infatti questo film può essere visto da diversi punti di vista.
1) Un semplice thriller che appassiona e tiene in sospeso lo spettatore fino in fondo.
2) Una sottile ma feroce critica al mondo della cinematografia americana e in generale dell’intera società, con la sua etica cinica ed edonista.
3) Una riflessione sulla natura del mezzo cinematografico (è arte o industria?) e sul fatto che ormai il cinema ha creato una specie di mitologia di se stesso, di cui ampiamente si nutre (le citazioni di mostri sacri come ad esempio Orson Welles e tanti altri).
I primi 8 minuti sono un unico grande piano sequenza ininterrotto, scoperta citazione dell’Infernale Quinlan e di Nodo alla Gola. L’ambiente è quello della classe media americana al lavoro, con la sua frenesia, il girare continuo senza pausa, in un tritatutto che stritola, maciulla e livella. Dall’intrigo di gente indaffarata emerge il protagonista, un tipico “yuppie”, l’eroe sociale prodotto degli anni 80 americani.
Altman ce ne dà un ritratto critico ma allo stesso tempo partecipe. Le paure interiori del protagonista, i suoi momenti di crisi emotiva, lo fanno un essere umano degno di comprensione. Sono solo lampi, momenti, poi il turbine della vita pubblica lo rapisce e finisce così per vendere coscienza e rapporti interpersonali sull’altare del successo e del potere.
La causa scatenante della sua crisi è una serie di minacce da parte di un misterioso speditore di cartoline. Questa circostanza lo spinge a riflettere su se stesso e il suo lavoro, sul suo ruolo umano e sociale. La consapevolezza non lo porta però a cambiare vita, anzi fa di tutto per rimanere quello che è pur sapendo di essere “uno str.onzo”.
Il bello è che, a differenza di ciò che avveniva nei film classici, adesso non c’è più l’intervento risolutivo di un ente esterno come il rimorso o la Polizia o la punizione divina. No, in questa nostra società presente si può commettere un crimine e farla bellamente franca, senza tanti rimorsi. Questo film anticipa in qualche maniera “Crimini e Misfatti” di Woody Allen.
A questo tema s’intreccia la riflessione che fa Altman sul cinema in generale, sul suo essersi ridotto a merce, a prodotto che deve assolutamente vendere, nonostante la consapevolezza generale che il cinema è e può essere Arte.
La tentazione del successo facile, del guadagno rovina tutti prima o poi, anche quelli che si spacciano per “artisti puri”. Chi non si adegua a questa legge (procurare ricchezza o successo) viene inesorabilmente posto ai margini o buttato fuori.
La sorpresa finale ci fa capire che Altman odia a morte questo mondo e lo vorrebbe far fuori. Non gli rimane che l’ironia. Il finale del film è sì lieto, ma è una letizia falsa, convenzionale. Il quadro umano e sociale è molto amaro. La via è aperta a quel capolavoro che è America Oggi.

6 risposte al commento
Ultima risposta 14/09/2010 08.29.15
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alexp79  @  12/03/2008 15:14:58
   7½ / 10
bella fotografia del mondo cinematografico USA....

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1 risposta al commento
Ultima risposta 24/09/2008 10.36.45
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  12/01/2007 01:25:53
   7 / 10
Forse dovrei rivederlo, visto che è umanamente ritenuto un capolavoro, ma ho l'impressione che la sua potenziale cattiveria a mano a mano si perda... certo ritratto vetriolico del mondo del cinema e bla bla bla incredibile passerella di guest-stars (memorabile soprattutto l'amara ironia di Burt Reynolts che "scherza" col suo declino) ma non mi sembra che l'obiettivo sia completamente centrato. Cmq. un buon film

1 risposta al commento
Ultima risposta 18/02/2008 21.02.31
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