la commedia del potere (2006)

Con una certa dose di ironia Chabrol inscena un aperto conflitto di poteri. Da una parte un sistema consolidato di clientelarismo e corruzione con evidente sperpero di denaro pubblico, dall'altro un giudice che forte di avere la legge dalla parte cerca di "cambiare le lenzuola". Una guerra logorante per entrambe le parti che si muove più sul versante privato rispetto alla sfera pubblica. Un logorio delle relazioni interpersonali in cui compagni di merende ed affetti familiari vengono sacrificati nel conflitto. Messa in scena orientata ad un attento studio dei personaggi, piccoli e grandi, con le loro piccole e grandi miserie.

Chabrol affronta la tangentopoli francese senza affondare troppo il colpo e senza fare nomi, perchè lo spunto è utile per tornare, da altre angolazioni, su temi a lui cari come i rapporti nella medio-alta borghesia.
In questo caso i rapporti non sono solo familiari, ma anche di potere, ma adire il vero l'interesse per l'evolversi dei fatti diventa secondario rispetto alla bravura quasi imbarazzante della Huppert, probabilmente la più grande attrice in attività. E anche per questo i personaggi secondari scivolano presto nel dimenticatoio, come la storia stessa.

Chabrol abbandona la critica all'alta borghesia per addentrarsi nel torbido mondo della corruzione politica ed industriale francese. Lo fa partendo e mantenendo come perno del film la figura del temerario e intransigente PM, interpretato dall'ottima Isabelle Huppert. Il suo personaggio è totalmente dedicato al lavoro, ossessionato dall'idea di dover fare pulizia, trascurando per questo tutta la sfera sentimentale e privata.
Film interessante e molto elegante, ben diretto e ben interpretato.
Il finale lascia decisamente una sensazione di amarezza.

Non siamo di fronte al miglior Chabrol,ma cio’ probabilmente si avverte perché guardando “La commedia del potere” è evidente che la pellicola tratti temi cari al regista, ma che questi vengano contestualizzati in ambienti e in situazioni piuttosto insoliti ,se rapportati alla filmografia dell'autore ,che non sempre riesce a colpire nel segno affidandosi ad una narrazione a tratti farraginosa e un po' forzata.
Chabrol è comunque tutto sommato efficace,ci parla dell’ “ivresse du pouvoir” (titolo originale del film), ovvero sia l’ebrezza del potere che colpisce un magistrato ,l’ottima Isabelle Huppert, che affascinata dal potere che puo’ esercitare sugli uomini si getta a capofitto nel lavoro,giocando con le sue “vittime” come farebbe un gatto con il topo,non riuscendo a focalizzare,almeno inizialmente la pericolisita’ delle sue indagini e soprattutto tralasciando tutto cio’ che le sta intorno a partire dal marito,colpito da una forte depressione che sfocera’ nel momento piu’ drammatico del film.
E’ chiaro che l’intento di Chabrol sia quello di descrivere un personaggio negativo,basti pensare al nome che da’ alla protagonista, Jeanne Charmant-Killman che tradotto suona piu’ o meno come “affascinante ammazzauomini”,un personaggio estremamente ambizioso, incapace di miscelare con successo la vita lavorativa con quella famigliare al punto di perdere completamente di vista cio’ che esula dalle sue indagini.In definitiva il punto focale del film è la trasformazione della protagonista e non lo svolgimento delle indagini, che sono un espediente per giustificare i comportamenti di Jeanne.
Il film non sempre è perfetto,qualche lungaggine di troppo durante gli interrogatori,qualche personaggio non perfettamente definito,un finale un po’ precipitoso,ma le opere di Chabrol sono sempre indiscutibilmente affascinanti.

PIacevole ed impegnato film/inchiesta sul potere dei PM francesi e sul rapporto che essi hanno con la politica. Si basa su fatti realmente accaduti (una sorta di tangentopoli d'oltralpe) ma non si perde mai nel documentaristico, anzi, Chabrol riesce a costruire una storia che non annoia mai e che ci rapporta anche a quella che è la vita quotidiana di una donna piena di potere.