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Rivisto oggi a distanza di anni dalla prima volta. Mel Gibson lascia poco spazio alle varie testimonianze di religiosità verso Cristo.La filologia e per molti aspetti anche la storia evangelica vengono messe in secondo piano consentendo al regista di inserire diversi espedienti decisamente particolari,possibili solo perchè il cinema ha la licenza di permettersi l'assurdo. Non avviene l'assurdo però.Mel Gibson intraprende una strada personalissima e con coerenza la porta avanti sino alla fine. La Passione del regista statunitense intimorisce.Il linguaggio (Aramaico e Latino) pone lo spettatore dinanzi ad una realtà remota di due mila anni.La scena d'apertura ci accoglie in un contesto di sacralità:La sagoma di Cristo,l'oscurità e gli ulivi.Tutto cio però viene interrotto dagli esiti della realtà storica e di colpo ci ritroviamo nel calvario del protagonista.Il film cambia volto e diventa iperrealista,pragmatico.Gesù è un uomo e quella croce pesa come un macigno,il dolore è reale e Dio non è di turno. La chiave del film è il racconto degli eventi che avvennero nelle aride colline di Gerusalemme più di due mila anni fa,questo è quanto.Quel giorno non si compì il volere di Dio (o magari si se credenti) ma fu un giorno di sangue,spasimo e lacrime.E perchè no,anche di Rivoluzione!