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Polar che definisce già l'autentica estetica del cineasta di Chicago, il fatto che non gli interessi troppo dell'azione lo si evidenzia dall'epilogo, che apparte qualche spinta virtuosistica sul rallenty è tutto molto sbrigativo e irreale, ma è la costruzione dell'atmosfera, con il suo bagaglio inconfondibile di temi sonori, a dire il vero mi ha irritato un po la 'Strong as i am' durante il pedinamento del killer, anziché incupirne la scena e cavalcando l'imminente omicidio la appiattisce, però come dicevo è tutta la costruzione dei tratti psicologici del killer, il rapporto con la ragazza cieca, non tralascia neanche i dettagli degli specchi sfumatura del suo essere autocelebrativo, riflettendo le sue vittime, sentirsi al centro dell'attenzione, non brama amore ma essere in una posizione in cui il prossimo debba dipendere da lui e la ragazza cieca in questo senso si presta bene col suo essere passivo. Lavora sopratutto sull'introspezione psicologica, cast permettendo, non ha il prestigio che ebbe un lustro dopo Demme, il quale anteponeva maggior rilievo sulla suspance e sul coinvolgimento, Mann lo conduce senza cadute di ritmo, ma preferisce forma e riflessione oltre che grande risalto dei colori ottimamente cromatizzati dalla fotografia di Spinotti.