nostra signora dei turchi regia di Carmelo Bene Italia 1968
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nostra signora dei turchi (1968)

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locandina del film NOSTRA SIGNORA DEI TURCHI

Titolo Originale: NOSTRA SIGNORA DEI TURCHI

RegiaCarmelo Bene

InterpretiCarmelo Bene, Lydia Mancinelli, Ornella Ferrari, Salvatore Siniscalchi, Anita Masini

Durata: h 2.05
NazionalitàItalia 1968
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1968

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Trama del film Nostra signora dei turchi

Ricordi, visioni, ossessioni di un intellettuale pugliese (Bene, nato a Campi, Lecce, nel 1937) di estrazione cattolica e piccoloborghese, di cultura decadentistica con inclinazioni verdiane. Si mette in scena, e in immagini, con una forte carica di ironia e autoironia, un farneticante furore barocco, uno sregolato umorismo irridente ora divertente ora allarmante. Il punto di fusione di questi eterogenei momenti è l'atteggiamento di ricerca di un assoluto che sa irraggiungibile.

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Voto Visitatori:   8,60 / 10 (21 voti)8,60Grafico
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Voti e commenti su Nostra signora dei turchi, 21 opinioni inserite

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Niko.g  @  07/01/2016 16:34:26
   4 / 10
Capolavoro mancato… di tanto.
L'intenzione di Carmelo Bene è quella di cercare una nuova poetica, ristrutturare la materia, il linguaggio, ecc., ma chi sostiene le spese per i lavori di ristrutturazione? Di quali detrazioni irpef lo spettatore può usufruire? Questo è il punto.
Ci troviamo di fronte ad un autore sui generis, che porta in scena l'osceno (fuori scena), il non-attore, il non-racconto, ecc., ma è facile accorgersi quanto rischio di cadere in contraddizione vi sia in questa parvenza di genialità e quanto, a volte, cercare in maniera forzata la sperimentazione diventi puro velleitarismo.
A Carmelo Bene possiamo concedere il "vezzo" dell'incomunicabilità (quella del cosiddetto Grande Teatro), ma allora che facciamo, ci mettiamo a scrivere frasi prive di senso anche in fase di recensione?

Quella che sicuramente gli va riconosciuta è un'indiscutibile personalità d'ingordo visionario, come disse di lui Giovanni Grazzini, e dargli atto di aver percorso nel teatro e nel cinema una strada tutta sua, ma sul piano della fruibilità, il suo cinema appare insostenibile (alla prima di "Nostra signora dei turchi", il produttore dovette ripagare sedie e schermo del cinema dopo che la gente infuriata spaccò tutto, lanciando uova sullo schermo).
Davvero è colpa della mediocrità dei mediocri se questo cinema appare indigesto? Davvero è un popolo di zombi, quello che ne coglie l'insensatezza e l'utopistica dichiarazione d'intenti, o forse c'è qualcos'altro? O forse il cinema, senza un uso corretto della macchina da presa, non è cinema? Perché anche Dreyer ambiva all'astrazione, ma dell'armonia, dell'equilibrio e della linearità ha fatto i paradigmi della sua arte cinematografica e noi dobbiamo deciderci da che parte stare. Dobbiamo decidere se il lavoro dell'attore su se stesso sia un lavoro di distruzione dell'identità attoriale o se il personaggio sia un'entità che l'attore deve far vivere sulla scena attraverso la sua stessa psicologia e memoria emotiva, come sosteneva Stanislavskij, che non credo volesse tendere ad un'"Arte di Stato", quanto piuttosto a un Teatro dell'Arte. Decidiamoci una volta per tutte.

Il film è interamente girato negli ambienti reali (Castro Marina, Otranto, Santa Cesarea), un unicum per Carmelo Bene ed un punto a suo favore. Il girato è stato successivamente de-costruito attraverso un montaggio forsennato che cancella la narrazione per lasciare il posto alla demolizione: e qui nascono i problemi. La narrazione procede sconnessa, perché l'autore (dice) deve essere straniero a se stesso, oppure lo stesso straniero di prima (fate voi, io ho deciso che me ne lavo le mani perché tanto i vecchi film americani sono il top). Il protagonista è un sopravvissuto al massacro di Otranto ad opera dei turchi (e come ti sbagli…) che tra voli improbabili e cadute volontarie cerca la Fine, mentre Santa Margherita d'Otranto (personaggio immaginario e signora dei turchi) tenta di guarirlo e salvarlo, mentre lui la rifiuta.

Quello che si palesa allo spettatore è pura disgregazione, nel convulso tentativo di sfuggire alla camera, di essere dietro e avanti ad essa, in un turbine di scollata astenia, fra corazze di specchi e giocarte di vimini. Guardate non c'è nulla da capire, perché siamo in fase di demolizione pure del testo.
Dunque le immagini si rincorrono, n'è vero, come flutti sonanti tra le valli di Pizzocolle e we are the world, we are the children, we are the ones who make a brighter day so lets start giving.
Se cerchi la quadratura del cerchio o se quadri la cerchiatura del quadro, il risultato non cambia. Poi ad un tratto lo vedi. Ecco. Marino è il cavalluccio che guizza nel limpido mare, ma è un abbaglio che scopre l'intreccio e il corpo allude, sostiene… ma per chi, verso chi e soprattutto: come? Chi le sa le risposte.

Cinema del disossequio, del dissenso… al limite della dissenteria.

2 risposte al commento
Ultima risposta 13/07/2020 19.23.00
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