peppermint candy regia di Chang-dong Lee Corea del Sud, Giappone 2000
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peppermint candy (2000)

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locandina del film PEPPERMINT CANDY

Titolo Originale: BAKHA SATANG

RegiaChang-dong Lee

InterpretiIn-kwon Kim, Jung Suh, So-ri Moon, Kyung-gu Sol, Yeo-jin Kim

Durata: h 2.10
NazionalitàCorea del Sud, Giappone 2000
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 2000

•  Altri film di Chang-dong Lee

Trama del film Peppermint candy

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Voto Visitatori:   7,88 / 10 (8 voti)7,88Grafico
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Voti e commenti su Peppermint candy, 8 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  02/11/2022 21:59:32
   8 / 10
E' un viaggio a ritroso nel tempo per cercare di capire il gesto disperato e definitivo di un uomo che viene travolto di un treno ed i treni saranno sempre sullo sfondo di questa storia, quasi a presagire un futuro fosco e cupo. E' la storia di uomo e di una nazione fatta di traumi repressi, mai elaborati e di sogni ed amori infranti. Si viaggia iniziando dal passato recente fino all'evento fondamentale quando uccide involontariamente una studentessa quando era soldato. Passando dalla dittatura degli anni 80, passando alla democrazia ed boom economico capitalistico è la storia di un uomo e di una nazione che non ha mai fatto i conti con proprio passato, che ha dissimulato il proprio dolore cercando di andare avanti ma seppellendo lati oscuri e colpe fino a raggiungere quel limite invalicabile e definitivo dell'inizio film. Un bel film che riesce a coniugare il destino di un individuo con quello di una nazione intera.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  13/03/2013 11:31:32
   7½ / 10
A distanza di vent' anni un gruppo di amici si riunisce, tra loro c'è Yong-Ho evidentemente agitato e confuso. Dopo aver dato in escandescenze si arrampica su un ponte ferroviario in attesa di un treno che ponga fine alle sue sofferenze.
Cosa abbia scatenato tale disperazione Lee-Chang Dong lo riferisce con la consueta nitidezza stilistica e narrativa, un viaggio a ritroso nel tempo che da quel momento disgraziato, posizionato nel 1999, indietreggia sino al 1979, facendo scorrere in parallelo la storia del protagonista con quella della nazione sudcoreana.
L' iter prende poi forma circolare e finisce dove tutto era cominciato molti anni prima, un luogo in cui un giovane con tante speranze aveva incontrato quell'amore che in maniera viscerale e malinconica lo accompagnerà per il resto della sua vita.
Caramelle alla menta (quelle del titolo) come simbolo di purezza e felicità vissuta per poco, per troppo poco, un dolce ricordo travolto dall'imprevedibilità del destino confluente in un oggi in cui ogni occasione sembra perduta.
I binari sono quelli che metaforicamente introducono a delle scelte, come quelli sui cui viaggia all'indietro il treno deputato a intermezzo tra i vari capitoli che costituiscono le tappe fondamentali della vita di Yong-Ho. La (de)formazione del protagonista si snoda attraverso gli anni e le esperienze partendo dal basso: in principio uomo disperato e disilluso, prim'ancora affarista cinico e quasi insensibile, poi scisso tra il dovere e la morale, quindi speranzoso e motivato dalla giovane età, fino a raggiungere quello status in cui pensare che la vita è bella per davvero.
Meccanismo del sistema come militare o poliziotto, vittima del boom economico, Yong-Ho si destreggia tra rivolte studentesche, feroci interrogatori, mogli fedifraghe, soci farabutti e ipocrite scappatelle, osservando il liquefarsi della sua esistenza in fin dei conti insoddisfacente perché privata del vero amore.
Lee-Chang Dong inquadra le cause del crollo sino a raggiungere un remoto senso di colpa mai espiato, tutto torna, col protagonista che quasi volesse autopunirsi decide sempre di far cadere la propria scelta sul binario sbagliato.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  24/05/2012 09:40:41
   8 / 10
Incipit: siamo nel 1999, in un picnic tra vecchi compagni di scuola; si canta, si balla e ci si diverte tranne Young-Ho, visibilmente allo sbando. Young-Ho si fa mettere sotto da un treno urlando "Ritornerò!".
Già questo (non) inizio dovrebbe darci l'idea di cosa andremo a vedere, ovvero un viaggio a ritroso nella morte continuata di un uomo; probabilmente lo spettatore penserà "adesso scopriremo il perché di questo gesto" e in minima parte è cosi già dal primo flashback (e il treno, a scandire i capitolo, va avanti senza mai fermarsi): Young-Ho è un uomo che ha perso qualunque cosa, materiale e spirituale. Il suo gesto estremo che nel primo flashback è ritardato in un modo o nell'altro ma minacciato in continuazione con una pistola puntata alla testa, è puntualmente avvenuto successivamente con il treno.
A questo punto, anche se ci sono suggerimenti e allusioni a personaggi che non conosciamo ma sappiamo conosceremo presto, il film potrebbe tranquillamente finire. Il senso lo capiremmo. Ma Peppermint Candy non è la storia dei motivi che portano il protagonista al suicidio, o almeno non lo è del tutto. Più si va indietro, più non si riesce a trovare un angolo di pace e serenità, una visione idilliaca come ad esempio quella di Gaspar Noé in Irreversibile, opera simile nella forma ma completamente distante nei significati; questa diceva infatti che "il tempo distrugge ogni cosa", facendoci partire da una situazione di violenza, per farci giungere al seme che questa violenza l'ha scatenata fino ad arrivare al finale-inizio calmo, tranquillo, pacificatore (in realtà, col maledetto senno di poi, "irreversibile" da ciò che poi accadrà). Non parliamo poi di Memento, per cui vale il discorso come sopra della forma simile ma significati diversi.
Chang Dong-Lee, uno dei registi coreani più grandi, "chiude" letteralmente questo suo Peppermint Candy come una gabbia senza vie d'uscita; è una strada che sempre porta allo stesso punto, circolare. Senza ottimismo. Spietata.
In tal senso, quel finale con il "ritornerò" urlato a pieni polmoni già sembra suggerire qualcosa, e quando il protagonista in uno dei capitoli del passato raggiunge l'orgasmo sentendo subito dopo il rumore del treno (vede Dìo o la morte o tutti e due insieme?) si fanno strada echi del concetto dell'eterno ritorno Nietzscheano di una vita condannata forse a ripetersi all'infinito ma cosa peggiore forse già accaduta infinite volte.
Arrivati al finale (l'inizio), che poi è una chiusura classica nei film circolari, si viene rimandati direttamente all'inizio (cioé, la fine) ma ancora una volta non viene mostrato alcun senso idilliaco nella spensieratezza della giovinezza laddove Young-Ho ha un qualcosa dentro che non gli permette neanche adesso di essere felici ma solo di versare lacrime verso un destino già scritto.
In tal senso, una delle opere più pessimiste che vi capiterà di vedere dove il tempo non corrode ogni cosa ma ogni cosa ha già corroso il tempo. Da sempre.

Chang-dong Lee poi è un autore straordinario perché a questa sua seconda opera, già di per sé pregna di significati profondi ed interessanti, unisce una spietata poeticità fatta di naturalezza, spontaneità, senza mai esagerare in virtuosismi, nascondendosi dietro la macchina da presa e lasciando parlare le immagini fin troppo reali. Peppermint Candy non ha comunque solo un risvolto intimistico ma anche sociale: il regista del futuro Oasis (un gioiello di inestimabile valore) anche in questo caso inserisce temi scottanti come quello della violenza nella polizia coreana (da lì sono un pò come da noi, almeno tempo fa lo erano). E di una società sempre più interessata al capitalismo spietato negli affari. D'altronde lo stesso Lee è diventato poi ministro della cultura e del turismo, e il suo cinema merita di essere visto proprio perché come pochissimi altri al mondo oggi (Loach in primis) riesce ad unire storie borderline di disadattati o diversi, con temi filosofici o comunque di un certo livello, ad altre di carattere impegnato. Ma riesce a farlo meglio di tutti.

ifry  @  30/08/2011 16:56:09
   7½ / 10
avevo letto in giro che il film è considerato ma molti tra i più bei film sudcoreani.
forse mi aspettavo molto. ma non va oltre il 7 1/2
sia chiaro che il film è bello. raccontare 20 anni di vita a ritroso con cliffangher non è facile.
mi aspettavo qualcosa alla memento di nolan.... quindi molto più veloce nel raccontare, invece, in un certo senso, rispetta i tempi della maggior parte dei film coreani, per cui c'è molto più introspezione psicologica.
va visto!

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Tumassa84  @  20/04/2011 03:11:46
   7½ / 10
Uno dei film più chiusi e circolari che abbia visto. Già il fatto che la prima scena, esilarante fino al tragico epilogo, ci presenti il suicidio del protagonista la dice lunga sull'impostazione del film: quando andremo a ritroso a vedere i vari episodi della sua vita, noi sappiamo già quale sarà il drammatico esito finale. Quando poi l'ultima scena ci mostra lo stesso picnic che si svolgerà venti anni dopo, il protagonista andrà a sdraiarsi nello stesso punto in cui era sdraiato a inizio film, e al suono di un treno in corsa abbiamo lo stesso fermo immagine sul suo volto che abbiamo visto quando era stato investito, ecco che il cerchio si chiude completamente. Questa tecnica narrativa è indice di un messaggio fortemente deterministico: ogni avvenimento della nostra vita ha in sé delle conseguenze inevitabili, e nel nostro presente è già scritto tutto il nostro futuro (come testimonia il fatto che il protagonista abbia la sensazione di essere già stato nel luogo del picnic). Inoltre, oltre alla sua vita ripercorriamo a ritroso anche la storia della Corea del Sud: le lotte studentesche contro i regimi militari, l'imposizione della legge marziale, le violenze della polizia, i grandi cambiamenti che ci vengono riproposti al contrario (dalla Corea moderna si torna a quella più "arretrata"). Il film, infine, contiene anche un forte messaggio anti-militarista, perchè a conti fatti la vita del protagonista è stata rovinata dal periodo del servizio di leva, dove ha subito esperienze traumatiche che lo segneranno per sempre. E tale elemento è sottolineato in modo molto efficace anche dal fatto che lui rimarrà per sempre zoppo dopo essersi preso una pallottola nella gamba durante una missione militare.

Tuonato  @  16/11/2009 00:45:54
   7½ / 10
Si apre col suicidio di un uomo - che si fa investire da un treno - durante un picnic-ritrovo tra compagni di scuola di vecchia data.
Ma cosa c'è dietro tanta disperazione? Come è arrivato Kim - strepitosa la prova di Kyung-gu Sol - a decidere di farla finita?
Chan-dong Lee prende quel treno, lo stesso treno assassino, e - utilizzandolo come strumento di metafora della vita - riavvolge il suo percorso. Fermandosi di tanto in tanto a ritroso nel tempo e aprendo delle finestre sulla vita di Kim.
Nelle fermate più recenti ci viene mostrato un Kim cattivo e senza scrupoli, quasi privo di umanità. Ma andando avanti quello stesso Kim cambia via via colore, trasformandosi sempre più fino ad arrivare al Kim adolescente spensierato e sensibile.
Come se non ci fosse alcuna speranza. Come se il lento procedere della vita ci inquini nel tempo e ci porti inesorabilmente a perdere tutto quello di buono che c'era in noi, plasmandoci fino ad essere totalmente differenti da ciò che eravamo. Come se si dovesse pagare un conto salato al minimo errore compiuto.
Scoraggiante.

Ciaby  @  07/03/2009 13:57:13
   8 / 10
L'incredibile Lee Chang-Dong confeziona una storia originalissima ed ambiziosa, dove la vita parte dalla morte e finisce con la vita. Fenomenale, ma a tratti troppo pretenzioso per essere amato e OASIS è tutta un'altra cosa

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento matteo200486  @  03/01/2008 00:17:45
   9 / 10
" Tu credi veramente che la vita sia bella?"

Una domanda a cui il grande Chang-dong Lee dà una semplice e pessimistica risposta: la vita non è bella bensì è caratterizzata da momenti drammatici e di immenso dolore.
Il regista di due piccole perle come Oasis e Green fish sforna quello che è, a mio parere, il suo personale capolavoro Peppermint Candy.
Un film sulla memoria e il dolore, il tutto narrato con l'inconfondibile stile di Chang-dong Lee, privo di retorica e immerso in quel dolore esistenziale che stringe il cuore dello spettaore fino a provare la stessa sofferenza del protagonista della pellicola.
Il film si apre col suicidio del protagonista, seguito da una serie di flashback (in stile Memento per intenderci) che raccontano le origini dell'immenso dolore del protagonista. Violenza, tradimenti, e soprattutto la perdita di un sentimento come l'amore che il protagonista non riuscì mai a trattenere vivendo nell'infelicità. Chang-dong Lee sembra quasi ammonire lo spettatore evidenziando come il sentimento amoroso è fondante e fondamentale per una vita serena, l'unico rimedio al male di vivere e alle difficoltà del quotidiano. Ma tale messaggio è soffuso e nascosto tra le pieghe di una pellicola intrisa di dolore e di sofferenza ma anche di poesia.
Un film straordinario, con una regia ottima assolutamente essenziale che non si perde in virtuosismi ma ci permette di entrare nel protagonista nella sua psicologia complessa resa magnificamente da un bravissimo Kyung-gu Sol (già protagonista di Oasis).
Un film assolutamente consigliato ma difficilmente reperibile

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Ultima risposta 14/02/2008 22.57.51
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