Un banchiere italo-americano, tipico self-made man, controlla rigidamente i suoi tre figli. Quando muore, dopo essere stato arrestato per pratiche illegali, uno dei figli si vendica dei fratelli, ritenendoli responsabili.
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Film immenso anche se ostinatamente misogino cfr. Conte che confessa tranquillamente al padre di essersi innamorato della sua donna nonostante sia promesso a un'altra, lo stesso personaggio della Hayward si presta ad equivoci: Femme fatale, donna facile oppure emancipata l'unica capace di tenere testa a un uomo rude e amorale!? Il film di Mankiewicz ha una struttura quasi Shakespeariana ("Re Lear") adattando il tutto alla contemporaneità del mondo dell'Immigrazione (Italiana), al Sogno Americano e al Nuovo Mondo dove adattarsi o combattere. Un film che parla di un Passato da dover dimenticare, come "Erano tutti miei figli" di un anno prima, del bisogno di mettere da parte rancori e vendette per ritrovare la felicità. Girato magistralmente anche se lievemente schematico, vanta sequenze stupende, come la Wellesiana - ricorda L'Orgoglio degli Amberson - salita alla scala davanti al ritratto del banchiere - o l'arresto di Conte mentre la "sua" donna in macchina lo stava aspettando. Su tutti, oltre a un Conte beffardo nel suo cinismo e una Hayward amante devota o traditrice, si staglia la magnifica prova di Robinson, gigantesco "Patron" o Padrino distrutto dal suo stesso immorale materialismo. Una grandissima pellicola da riscoprire e rivedere