Un ex marine viene coinvolto suo malgrado nel tentativo di stabilirsi su di un pianeta particolarmente ricco di specie vegetali ed animali e di sfruttarne le grandi risorse: quando però la razza indigena si ribellerà a questo colonialismo cosmico, l’uomo passerà dalla loro parte per guidarne la rivolta.
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Cameron propone una favola moderna innalzando un’ode alla Natura e ad un ritorno alle origini mediante un’orgia di quella avanzatissima tecnologia figlia dell’intelligenza umana,quindi contrapposta per tradizione a ciò che si trova a celebrare in un’alleanza solo in apparenza curiosa.La comunione è infatti mirata ad un’esortazione ad aprire gli occhi e a vedere,non solo ciò che ci sta intorno,ma a scavare dentro di noi,nella nostra memoria storica e nelle nostre coscienze di uomini del terzo millennio,al fine di applicare il sapere per salvare ciò che ancora non è stato distrutto dalla stupidità e dall’arroganza umana. E’ vero che tutto è già stato visto e ribadito più volte,ma il regista canadese ha dalla sua la forza delle immagini e l’esperienza giusta per affascinare lo spettatore premendo con sapienza sui tasti giusti per aumentare l’effetto coinvolgente della sua ultima sfarzosa fatica.Il regista ci cala in un mondo di rara bellezza,curato nei minimi dettagli e dal realismo sbalorditivo,abitato da una flora e una fauna tutte da scoprire con il timore reverenziale che si prova dinnanzi un ignoto così immenso e suadente.Pandora insomma come il famoso vaso,che se violato può essere molto pericoloso,fattore ignorato dalla solita multinazionale senza scrupoli, decisa ad accaparrarsi le ricche materie prime di cui il lussureggiante habitat dispone in grande quantità, anche a costo di sterminare le genti che lo abitano.Tra gli intenti bellicosi del fumettistico Colonnello Quaritch, summa dell’ottusità militare,quasi stoico nella sua battaglia contro un nemico creatosi ad arte,ci sarà il solito eroe ravvedutosi grazie alla conoscenza. Molto esile nella prima parte,dove gli unici motivi di interesse sono le mirabilie visive ideate dal regista e dal suo staff ed esaltate dall’ormai strapubblicizzato 3D, “Avatar” esplode nel secondo tempo,grazie ad un crescendo fenomenale verso una resa dei conti che entra di diritto nella storia delle battaglie più spettacolari mai viste al cinema. Inutile cercare significati reconditi,sono tutti facilmente spiattellati sotto il naso dello spettatore che non avrà problemi ad identificare il popolo indigeno come quello dei nativi Americani,perseguitati con violenza in quanto “rei” di abitare una terra troppo florida per scampare all’ingordigia del più forte. Interessante l’idea di unire fisicamente le due parti in causa mediante un “Avatar”.La tanto decantata unione tra i popoli in questo caso si materializza fisicamente,creando così le giuste fondamenta per la comprensione del prossimo troppo spesso oggetto di pregiudizi infondati. Il connubio è armonico,come quello dei Na’Vi che rispettosi della Natura ne comprendono il valore unendosi ad essa mediante connessioni fisiche,idealizzando così un unico essere del quale ogni creatura vivente è tassello irrinunciabile. “Avatar” non è esente da difetti,primo tra tutti quello di utilizzare gli arcinoti cliché in maniera opportuna solo a sprazzi,ma nella sua semplicità contenutistica,affiancata ad una complessità creativo/visiva raggiunge un risultato apprezzabile.Non è il capolavoro che mi aspettavo ma non nego che riesca a centrare l’obiettivo,ossia intrattenere piacevolmente e ad esporre un messaggio elementare ma importante,regolarmente ignorato dall’uomo che nella sua lunga storia continua a commettere gli stessi errori.