Nella Los Angeles del 1969 in cui tutto sta cambiando, l'attore televisivo Rick Dalton e la sua storica controfigura Cliff Booth cercano di farsi strada in una Hollywood che ormai non riconoscono più.
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VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR: Migliore attore non protagonista (Brad Pitt), Migliore scenografia (Barbara Ling, Nancy Haigh)
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior film commedia o musicale, Miglior attore non protagonista (Brad Pitt), Miglior sceneggiatura (Quentin Tarantino)
Pellicola che è una dichiarazione d'amore per il cinema, sia il vecchio cinema di Hollywood, sia il cinema italiano, di cui non mancano citazioni più o meno esplicite. Tarantino riprende la narrazione ucronica di Inglorious Bastards (autocitazione: qui, il protagonista utilizza un lanciafiamme per arrostire dei nazisti) e la porta a Hollywood, intorno all'episodio nero più noto della cronaca di Los Angeles: il massacro si Sharon Tate. Il finale è un classico happy ending hollywoodiano, volutamente assurdo. Tarantino ricostruisce tutto con cura, dagli ambienti ai personaggi, e poi si diverte a distruggere tutto, a mandare tutto all'aria, riscrivendo la storia a suo gusto, la sua personalissima versione della fiaba, che sfocia in un delirio grandguignolesco. Perché il cinema racconta storie, non fatti storici; il cinema è arte, non giornalismo, e Tarantino trabocca di amore per il cinema in ogni sua produzione, e questa è una delle sue più riuscite.