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Il ritardo del neorealismo socialista ungherese è dovuto solo e soltanto all'evoluzione identitaria del suo paese, con i suoi tempi e i suoi modi e le sue maestranze, come l'arte di Bela Tarr che arriva esattamente quando deve arrivare. CSALADI TUZFEDZEK (Nido Familiare) sorprende nella sua qualità, al netto dell'esperienza nulla dell'esordiente regista: nell'uso dello spazio che quasi si azzera, un vero e proprio strangolamento che lascia il segno delle condizioni indigenti e sconfortanti delle famiglie più povera; nella scrittura e nella conduzione dei dialoghi, ipnotici per quando ben eseguiti e che disegnano tutt'una storia mai mostrata o che ci espongono ad una vita priva di respiro e sottomessa; nel cinema verité che nel modo più assoluto non lascia alcun dubbio.
Se si guarda "Nido Familiare" (questo il titolo italiano) di Béla Tarr dopo aver già visto i suoi capolavori, non si può non rimanere spiazzati: non c'è nulla di estetico o allegorico. Anzi. è un racconto di disperazione umana realistico e girato in modo rozzo, quasi documentaristico, e con una fotografia che nega apparentemente l'illuminazione artificiale. Resta, anche per questo, un bellissimo film, dimostrando il talento poliedrico dell'autore ungherese, già capace con la sua opera prima di convincere e rimanere impresso.