In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l'unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l'amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l'intero quartiere. Dopo l'ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall'esito inaspettato.
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Dopo l'incauto e fallimentare (parere mio) tentativo di avventurarsi in un genere che non gli appartiene, Garrone torna fortunatamente alle ambientazioni e alle atmosfere che lo hanno reso uno dei maggiori cineasti italiani viventi e fa centro ancora una volta. Prendendo spunto da una storia vera e raccapricciante ed epurandola dagli aspetti più truci e sensazionalistici che all'epoca sconvolsero l'opinione pubblica (sevizie e torture), il regista crea una parabola universale sulla paura, il desiderio di accettazione e la volontà di riscatto. Senza ombra di speranza, come di consueto. Davvero buona la prova del misconosciuto Fonte, mentre per Pesce onestamente non mi spellerei le mani considerando che per la buona riuscita di un ruolo come il suo è praticamente sufficiente avere una faccia truce e inespressiva e un fisico da energumeno. Ben riuscita la mescolanza fra neorealismo e astrazione. Non tutto gira alla perfezione però, e un paio di trovate fanno storcere un po' il naso.