All’inizio del XX secolo, la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi. L’improvviso benessere di questi nativi americani attirò l’interesse dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio. Una storia d’amore e tradimenti, delitti e misteri in un intrigo avvincente per la scoperta della verità.
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Martin Scorsese sta concludendo la sua carriera con un adagio di straordinaria fattura. Un artista ed un uomo come lui, che ha già completamente dato sé stesso al cinema e al pubblico, nel suo ultimo lasso di carriera, avrebbe poco da dire ancora, ma parliamo pur sempre del regista vivente americano forse più importante, forse migliore, in un momento del mondo in cui ritorna forte il senso filosofico-religioso della redenzione e del peccato che, per quanto passato, deve essere espiato, secondo alcuni e secondo lo stesso regista. E si parla ovviamente dei peccati dell'uomo bianco occidentale. Nell'epilogo geniale lo stesso autore si prende le responsabilità, mettendo letteralmente la faccia, di fare un mea culpa sulla questione dello sterminio degli indiani d'America, approvato e liberalizzato in maniera informale da parte delle caste del tempo. Questo rende chiaro il senso e l'esistenza di questo KILLERS OF THE FLOWER MOON, aldilà della sua bellezza di scrittura, recitazione, fotografia, scenografia e tutto il resto: l'unica maniera per redimersi è dire la verità, raccontare cosa è successo, abbracciare il paradiso e lasciare alle spalle l'inferno anche solo con l'uso delle parole, in un'idea di cinema che lascia alle spalle l'idea di cinema di inchiesta o di cinema verità e diviene un confessionale per il pubblico occidentale. In un momento in cui il mondo che spesso definiamo "civilizzato" si contrae, si ritira, abbandona le sue colonie, rilascia spazio alla natura e ai suoi frutti, si reprime e si deprime, senza però retoriche o sviste di troppo, questo film diventa importante e attuale. Va menzionata anche, inevitabilmente, una costruzione cinematografica monolitica e non-frammentabile che lavora sul western, modernizzandolo attraverso la storia e non la bugia, e quindi trovando il perfetto ponte tra questo e il noir, che usufruisce degli spazi bucolici e del marcio del tempo. Un vero gioiello teorico sui generi.