Dopo il furto della propria bicicletta, mezzo che gli permetteva di lavorare, un uomo vaga per la città con tutta la famiglia sperando di poterla ritrovare. Preso dalla disperazione non gli resta che rubarne una a sua volta ma viene bloccato dalla polizia...
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Mi rincresce non poter utilizzare il superlativo assoluto per giudicare Ladri di biciclette. Perciò, poiché non posso definirlo il più grande capolavoro italiano di tutti i tempi, non avendo visto tutti i titoli sfornati dal nostro buon cinema, devo limitatamente definirlo 'uno dei più bei film italiani di sempre'. Spero di riuscire a rendere ugualmente l’idea… A parte il fatto di essere il manifesto del neorealismo, questo film presenta innumerevoli immagini di una sbalorditiva potenza visiva e trasuda perfezione in ogni scena. Cominciamo con la storia: tipico contesto neorealista, siamo nel dopoguerra, la classe proletaria stenta a risollevarsi, gli uomini cercano disperatamente un lavoro, anche umile e portano con sè i bambini. Tra i tanti disoccupati ce n'è uno, Antonio Ricci, che riesce a procurarsi un posto da attacchino. Durante la sua prima giornata di lavoro, mentre attacca un poster su cui giganteggia spensierata la Hayworth, gli viene rubata la bicicletta, essenziale per lavorare. La bicicletta in questo caso non è più semplice mezzo di trasporto, ma assurge a unico strumento di sopravvivenza, senza la quale Antonio non può portare il pane a casa. Perciò inizia la disperata ricerca della bici, durante la quale il popolo si dimostra solidale, verso Antonio prima e verso il presunto ladro poi. Quando è ormai chiaro che è un’impresa impossibile, Antonio prova a rubare la bici ad un altro povero disgraziato; si tratta di una sequenza di straordinaria bellezza, nella quale Antonio si trova in conflitto con sé stesso, di fronte a un dilemma atroce, al bruciante bivio tra sopravvivenza e onestà, assimilabile per un certo verso alla scena dell’elemosina di Umberto D, l’altro capolavoro neorealista di De Sica. E la fine rimane in sospeso, lo spettatore può solo immaginare gli eventi futuri, ma molto probabilmente i protagonisti si avviano verso un poco lieto avvenire, comprensibile dal pessimismo con cui si chiude il film e dal trionfo finale della disperazione. Gli interpreti sono attori di strada, come di consuetudine per i film neorealisti, ma il risultato è grandioso: il linguaggio popolare, l’accento romano, tutti elementi senza i quali il film perde metà della bellezza. Inutile stringere i voti, quando un film è da 10 merita 10 e credo che se nn glielo mettessi, stanotte potrei essere tormentato da atroci rimorsi. Intenso ed emozionante.