la saggezza nel sangue regia di John Huston USA 1979
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la saggezza nel sangue (1979)

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locandina del film LA SAGGEZZA NEL SANGUE

Titolo Originale: WISE BLOOD

RegiaJohn Huston

InterpretiBrad Dourif, Ned Beatty, Harry Dean Stanton

Durata: h 1.50
NazionalitàUSA 1979
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1979

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Trama del film La saggezza nel sangue

Hazel, terminata la leva di quattro anni, decide di darsi alla pazza gioia, ma incontra un predicatore di strada, Asa, che lo convince ad abbracciare questa vita. Finisce in questa maniera in un mondo completamente nuovo per lui, dove si muovono truffatori, ""lolite"" e poveri di spirito in cerca d'affetto. A farne le spese sarà infine proprio lui, unico in mezzo a tanti a essere, a modo suo, sincero.

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Voto Visitatori:   8,50 / 10 (6 voti)8,50Grafico
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Voti e commenti su La saggezza nel sangue, 6 opinioni inserite

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stratoZ  @  24/04/2024 13:02:30
   8 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Altro gran bel film di Huston, che magari non rientra tra i suoi più famosi ma fa parte della grande quantità di ottimi film che ha fatto nella sua lunga carriera, "Wise Blood" si colloca nel contesto della realtà dei reduci della guerra del Vietnam, accodandosi a grandi classici che stavano trattando l'argomento in quegli anni come "Taxi Driver" e "The Deer Hunter" per citare quelli proprio famosissimi, lo fa analizzando la realtà di provincia americana della fine degli anni settanta tramite la visione di Hazel Motes, appena tornato dal Vietnam che si ritroverà senza più certezze in una realtà totalmente differente da quella che aveva lasciato alla sua partenza, il protagonista stesso, come il resto della popolazione rimane senza punti di riferimento, l'unico appiglio sembra rimanere la religione. L'incontro con un predicatore cieco sarà la scintilla che farà scoccare in lui la voglia di creare una propria religione e predicarla, immergendosi in un mondo di predicatori, spesso ciarlatani, alla ricerca delle insicurezze della gente a scopo di lucro.

La differenza principale che si nota è come Motes creda davvero alla sua religione, della "Chiesa della verità senza cristo", che si oppone fortemente a quelle degli altri predicatori, lo si può notare dal resto dei personaggi, da Asa e Sabbath, col primo che si finge cieco, anzi accecato, per voto religioso, che cerca di sfruttare a tutti i costi la finta condizione per guadagno personale fino ad arrivare al procuratore di predicatori che vuole convincerlo ad entrare in una sorta di società perché apprezza la sua idea.

Interessante anche come Huston sembri mettere sulla stessa linea i predicatori religiosi con i venditori d'auto, Motes che si era sempre opposto agli altri predicatori si fa fregare da un venditore d'auto che lo convince che la macchina che sta comprando è nuova, arrivando a adirarsi nei confronti di chi ritiene la macchina sia in pessime condizioni e non adatta a compiere un viaggio, meccanico compreso, una piccola metafora del fanatismo religioso e della propaganda applicata al marketing.

Huston si muove nella bigotta provincia del Sud degli Stati Uniti, rappresentando un mondo allo sbaraglio, con poche certezze e un calderone di ideologie che non porta a nulla se non ad una maggiore confusione, con l'ideologia meglio venduta che l'avrà vinta sulle altre, l'interpretazione di Dourif è straordinaria, col suo sguardo sempre più allucinato, probabilmente dovuto anche allo shock sia della guerra che della perdita degli altri effetti ed affetti al suo ritorno. Nel suo negare l'esistenza di un di.o, di un inferno, paradiso, peccato, perdono e via dicendo, finirà per essere risucchiato in una spirale di follia peggiore di quella narrata dai predicatori stessi, a cui si è sempre opposto - come si vede non solo nel finale ma anche nell'omicidio del predicatore interpretato da Hickey, perché ritenuto non sincero nei confronti della causa -

Altro personaggio degno di nota è Enoch, amico di Motes, totalmente impazzito e che crederà che un piccolo cadavere esposto al museo sia il nuovo messia, una sorta di attacco al simbolismo religioso che regala feticci da venerare.

In definitiva, Huston dirige un gran bel film, l'ho trovato molto deprimente, un film nero come la pece e senza speranza, che mostra una società allo sbaraglio, nel cuore della provicia americana, alla ricerca di un messia che li salvi dalla dannazione eterna.

Goldust  @  24/12/2018 09:25:44
   7 / 10
Non lo considero un capolavoro come gli utenti che mi hanno preceduto ma è senza dubbio uno dei film più interessanti e sottovalutati del buon Houston. Zeppo di temi cari al suo cinema - il gusto dell'imprevisto e dell'avventura, i personaggi votati alla sconfitta, lo stile asciutto che si fa beffardo - è una pellicola che sorprende per quanto riesca ad essere comica e sgradevole allo stesso tempo, trasmettendo un profondo senso di straniamento allo spettatore. Colpisce quindi la crudele apologia di un disperato reietto senza arte nè parte, che si inventa predicatore dall'oggi al domani cavalcando il fanatismo religioso del profondo sud americano, reso ancora più spiritato dalla monumentale prova attoriale di Brad Dourif. Belle le musiche scanzonate di Alex North, fedele collaboratore del regista.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  15/11/2013 15:07:39
   8 / 10
Il post-Vietnam e la provincia americana riassunta nella figura di un reduce che non crede più in nulla, emblema di una generazione di sconfitti che trova nel predicare l'assenza di verità l'unica verità possibile. Non c'è un Cristo che è morto sulla croce per salvare il mondo, non c'è nè redenzione nè peccato, ma allo stesso tempo il cammino di Hazel è cristologico, votato al martirio di un'America vuota che viene riempita da imbonitori e imbroglioni.
Un'altra delle tante perle che Huston ha diretto negli anni settanta a conferma del pieno raggiungimento della maturità artistica. Un universo assurdo di personaggi assurdi dove il regista non rispermia stilettate ai resti del sogno americano.

DarkRareMirko  @  28/07/2012 23:20:18
   9 / 10
Apparentemente un'opera minore, il film di Huston (pure presente come attore) stupisce per la sua crudeltà (tipo il finale) e per le riflessioni che è capace di fare sull'umorismo/leggerezza (visto come pure loro, in tutta l'opera, fanno riflettere).

Grande cast (perfetti Dourif e Stanton), grandi riflessioni su tematiche importanti (strumentalizzazione della religione, creduloneria, pazzia, ecc.), sublime gioco di regia tra registro serio e registro leggero/da commedia, a tratti pure ingannevole (intendo riguardo ciò che potrebbe pensare lo spettatore).

Perfetto anche lo script, seppur penso che anche il libro dal quale il film è tratto sia proprio di buon livello (e ciò senz'altro aiuta).

Meriterebbe molta più visibilità come film perchè, davvero, è tra le migliori opere del grande maestro.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  01/02/2010 09:40:08
   9 / 10
Non c'è bisogno di far crollare edifici per evocare situazioni apocalittiche, né d'inventarsi deserti post-nucleari: si noti, il protagonista è sì un reduce di guerra, ma è la sua psiche il vero paesaggio disastrato, ormai vuoto e privo di fondamenta. Non meno disperati, del resto, sono gli altri personaggi che lo attorniano.
Ecco il John Huston che personalmente preferisco: non il "classico" Huston hollywoodiano, non lo spettacolare del successivo "Fuga per la vittoria", ma il discreto narratore attento, perfettamente integrato con la storia che racconta; cinico talvolta, o sgradevole quando tratta argomenti sgradevoli, e brutale, anche, ma pur sempre rispettoso - specie riguardo al tema religioso, che qui racconta ma non commenta, che qui condanna senza puntare il dito - quasi livido nella sua ampia fotografia.

I predicatori, questi oratori di tormente, questi imbonitori d'una fede senza fede, di eternità a basso prezzo, questi miserevoli cialtroni! Se Baudelaire li avesse visti, ne avrebbe forse scritto un "fiore del male"; se Dante li avesse conosciuti, avrebbe dedicato loro con ogni probabilità un girone del suo Inferno.

Diversamente dall'istrionismo de "Il figlio di Giuda" di Brooks, Huston illustra l'assurdità, la confusione, il disorientamento, la dolorosa follia di uno di loro (un bravissimo Dourif) che culmina nell'auto-penitenza.
Tragico e grottesco, a suo modo ancora avventuroso e segnato da quella attitudine alla sconfitta che ha caratterizzato tutta l’opera del regista, il film mischia risate a pena, e lo si guarda come si stesse assistendo al racconto di un povero saltimbanco.

3 risposte al commento
Ultima risposta 03/11/2013 14.14.55
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benzo24  @  20/06/2005 20:18:31
   10 / 10
Film imperdibile del grande John Huston, l'ingannevole leggerezza con cui questo film è girato lo rende ancora più atroce e violento. A mio parere il migliore di huston.

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