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Da un genio come Von Trier non mi aspettavo che questo secondo episodio della trilogia sull'America fosse così simile al primo. Stessa suddivisione in capitoli, stessa voce fuoricampo, stessa ambientazione "teatrale", sostituendo alla lavagna e il gesso una cartina disegnata. Anche la figura di Grace è tratteggiata allo stesso modo: agisce sempre all'interno di una piccola comunità, nel tentativo di migliorarla, di fare del bene, fondamentalmente non riuscendovi.Forse è proprio l'ambientazione in uno spazio così ristretto e con poche persone, che permette al regista di sviluppare facilmente dinamiche relazionali perverse, contrappassi, quasi tipici di un universo dantesco. Di diverso vi è l'aspetto trattato, i neri e la loro presenza nella società americana: un tema che lega il film ad una realtà storica e nota, molto più che in Dogville. La vicenda sembra quanto meno plausibile in questo caso. E il finale, con Grace diretta, lungo la mappa, verso la costa est, la canzone di Bowie in sottofondo e le immagini "storiche" dei neri in America sembrano quasi preludere ad un terzo film molto più reale e inserito nel contesto americano. Per concludere un film discreto, che non aggiunge nulla di più a quanto di bello (c'è sempre da sottolinearlo) si è visto nei precedenti lavori di Lars.