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Dentro interni angusti di metafisica profondità, alcuni oggetti scostati: un fiore poggiato sopra il letto, un coltello, una chiave, il telefono staccato. Un uomo - l'amante? che ha per volto uno specchio: è forse il mistero stesso che regola la vita? Un donna (Maya Deren) s'assopisce sul divano di casa. Situazioni che si ripetono come in una spirale, la propria figura duplicata, la simultaneità degli elementi simbolici nella quale vengono omessi i passaggi analogici, tutto secondo l'illogicità onirica e surrealista. Meno dissacratorio del "Chien andalou" di Bunuel, l'incubo della Deren s'assurge in una dimensione di solitudine femminea e di angoscia universale.
E infine ecco svelato l'enigma: un uomo s'allontana sul vialetto, la giovane giace sgozzata, è l'ora del pomeriggio attorno alla quale ruota l'atto arcano d'un delitto.