Un percorso misterioso, dove la realtà si confonde con il mistero, il sogno, l’amore, la morte... Una macchina procede lentamente nella famosa Mulholland Drive con a bordo una bruna fatale. La donna non è sola, qualcuno le sta puntando addosso una pistola. Ma il destino è più veloce, dalla direzione opposta, spunta un bolide che travolge la vettura.
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Sul dizionario alla voce “onirico”, dovrebbe esserci un riferimento a questa pellicola. Lo stesso Freud, parlando di “lavoro onirico”, considera i sogni come una sequenza irrazionale e alogica di eventi. Questo è Mulholland drive, diviso tra pensiero latente (il desiderio inconscio della ragazza di avere una vita migliore) e contenuto manifesto (quello che sogna e che effettivamente noi spettatori vediamo). In quest’ottica il concetto di tempo perde il suo significato, quello che per noi è un film di 2 ore e mezza, probabilmente non è altro che un pensiero, un desiderio, una paura fatta di pochi istanti da una ragazza oppressa dal rimorso e prossima alla morte. Dico probabilmente perché non deve esserci una ricerca esasperata di un significato; lo stesso Lynch riferito al cassetto e alla chiave: “non ho la più pallida idea di cosa significhino”. Eppure niente è fine a se stesso, niente è casuale quando parliamo di psiche, soprattutto se ti chiami David Lynch.