Da ragazzini Jimmy Marcus, Sean Devine e Dave Boyle erano inseparabili. Ora, a distanza di molto tempo, i tre si ritrovano in occasione di un tragico evento: la morte della prima figlia di Jimmy. Sean, che fa il poliziotto, indaga sul fatto...
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A lungo troppo a lungo ho dovuto pensarci... lo squarcio indimenticabile delle prime immagini, quelle che riguardano l'infanzia tradita e negata o comunque allucinata dei tre interpreti, è da 10 tondo tondo: raramente il cinema ha fatto emergere (ehm) con altrettanta lucida radicalità il tema della ferita mai sopita o sepolta del passato (sociale, comunitaria, individuale)
Poi, la mano di Eastwood si estende alla contemporaneità, e sembra dirci cose importanti (ma TROPPE) e in ogni caso la sensazione di un film "costruito con l'intenzione di essere un capolavoro" permane.
Troppo "telefonata" la vendetta di Dave Boy che, in un'agghiacciante notte di violenza, sente la necessità improvvisa di sgominare il suo ingombrante e traumatico passato, e troppo ingenuo quel finale dove (spoiler)
Eppure Eastwood riabilita il cinema post-classico, e lo fa con un dramma di grandissimo respiro, di forte pathos emotivo e di notevole realismo.
Gli interpreti sono a dir poco eccezionali, soprattutto Robbins e Penn, prototipi di un'enfatizzazione che ricorre nel cinema americano fin dagli anni Cinquanta di Brando, Dean e del primo Newman.
Insomma, "Mystic River" non è il Capolavoro che ambisce d'essere, non è un film fondamentale come "Bird", "Gli spietati", "Million Dollar Baby" o "Lettere da Iwo Jima" , ma ti ritrovi lì, quasi complice del referente letterario, a divorarti il cuore per le immagini, quasi affini all'iconoclasta "21 grammi" di Inarritu, e sai che nessuno sa fare un film da 7 con la forza Miliare di un Melò moderno di cinema da 10