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Salon Kitty è il film dove il sesso ha una funzione primaria e centrale nella costruzione della storia. Nell'ottica brassiana il sesso è un atto liberatorio e gioioso e metterlo accanto alla sete di potere e al mondo nazista perde totalmente la sua ragione d'essere. Tutto diventa meccanico, artificioso dove persono l'intimità del bordello viene violata. Il sesso quindi diventa mezzo necessario per acquisire più potere e assoggettare le persone. Stupenda la parte iniziale, bravi gli attori, notevoli le scenografie.
Non il miglior Brass, ma comunque un Brass che oggi proprio ci scordiamo: grandi attori internazionali, capacità registiche indiscutibili, mano autoriale.
Non mancano exploitation e morbosità (la scena con il nano, i nudi gratuiti) ma il tutto è perlomeno girato con convinzione.
Qualche rimando al Salò Pasoliniano dell'anno prima (e Valletti è presente pure in un cameo non accreditato!) - ed, in effetti, questi due film sono tra i pochi naziexploitation a valere davvero la visione -, buona fotografia e via dicendo, ma addirittura, a quanto ho capito, Brass tentò pure di disconoscere il film (forse per problemi di postproduzione, proprio come successe con Io, Caligola).
Nonostante la locandina e i voti di chi mi ha preceduto questo è un film d'autore. Abbiamo una grande regia, degli attori eccezionali come Helmut Berger, dei costumi perfetti e un grande montaggio...è giustamente classificato come un film drammatico e non erotico:sbagliato inserirlo nel filone del Nazisploitation. Un film consigliato a tutte le persone che non sono omologate e che amano il buon cinema.
Nell'immaginario erotico del primo Brass (dopo la svolta di questo film, ovviamente non prima) c'era una certa truculenza visiva, un bisogno estremo e radicale di esprimere la sessualità nella sua deviante forma di morte, dolore, sopraffazione, sofferenza... praticamente l'antitesi del sesso gioioso e godurioso (casereccio) del Brass del decennio successivo... Come nel successivo "Caligola" Brass è come una ferita aperta che ama indulgiare a corrompere gli schemi impeccabili dei cineasti à la page, e a farne le spese c'è lo stesso Visconti incontrato indirettamente nel discusso "Senso 45". Del resto ci sono due degli interpreti principali del magnifico "La caduta degli Dei" e Berger enfatizza la figura dell'ufficiale nazista cortoniato da adepti, nudi, qualche freak che sembrano usciti da un'incubo Genetiano, e via dicendo. Film, dunque, volutamente sgradevole, non privo di momenti di imbarazzante cattivo gusto, con il contrasto (puro o impuro?) dell'amore tormentato tra Fehmiu e una prostituta (Therese Ann Savoy, ma era davvero un trans???), privo forse del giusto pathos per confondersi con un seppur minimo referente al capolavoro di Visconti. Oscillando tra realismo di maniera (ma, ripeto, la sequenza delle celle dove si compiono atti impuri con alcuni internati è azzeccata) e grottesco, sembra proprio che questo film non riesca a imprimersi nella memoria più del dovuto, restando al livello comprensibile e fumoso di "pietra dello scandalo". Se ne "sparli" pure...