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Le questioni affrontate dal tedesco Jörg Buttgereit riguardano l'amore e la morte. La cosa che rende Buttgereit anomalo e incredibile è la trasversalità con cui tratta alcune tematiche. L'amore è disperso in una fattispecie assurda ove i canoni della logica sono stati sterminati brutalmente. Dopo "NekromantiK", pellicola funesta, la regia presenta, nel 1993, un altro film pesante e agghiacciante, ecco "Schramm". La storia attornia le gesta di un killer, deviato e degente, giunto alla morte. La narrazione vive pertanto in un intreccio particolare con delle sequenze che ritornano e si accavallano nel corso del tempo. Il lavoro della regia punta sempre a spadroneggiare sul versante dell'immagine, cruenta e folle come poche, però con il prodotto in considerazione la musica è un'inaspettata arma vincente. Questa infonde, insieme alle pene del contenuto, quella drammaticità che rende la disumanità più umana. In effetti "Schramm", nonostante tutto, ha un dinamismo, film pesantissimo ma non elefantiaco nei ritmi, le situazioni si avvalgono di una flessibilità, narrazione dunque in parte presente, fra dramma, ricordi e sentimenti deragliati.
"Schramm" l'underground di una psiche straziata
Schramm è un uomo abbandonato in un vuoto esistenziale, a distanze siderali dal mondo "vissuto" vive nel suo malsano angolo, fra masturbazioni deliranti e insignificanti contatti sociali con una prostituta. Il palco allestito parla chiaro, le dinamiche sono tristi e terminali. La morte e la decadenza dell'animo sono all'ordine del giorno, all'ordine del momento. Non esiste alcuna via d'uscita, si soffre in una scatola nera dove il carnefice forse è il primo martire, se inquadriamo la cosa in una fattispecie psicologica. Schramm è imprigionato nella sua macchinosità, nella sua chiusura sociale. La regia cerca, alle volte esasperando lo spettatore, di andare oltre (persino) la storia caricando ad oltranza sull'effetto visivo. Effetto visivo pesante e quasi estremo; concezioni di estremismo, comunque, non paragonabili a quelle di "NekromantiK".
Jörg Buttgereit ,ancora una volta, porta avanti con forza il suo disegno, che nella sua logicità paradossale, vuole esporre il suo manifesto mortuale e di tediosa violenza. Le allucinazioni sono significative e offrono altre chiave di lettura al film, l'uomo è ossessionato da desideri divenuti ormai incubi.