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Torture-porn coreano da cui mi aspettavo un livello di violenza esagerato e poc'altro.....devo dire di essermi ritrovato in parte piacevolmente sorpreso. Nulla di rivoluzionario intendiamoci però questa specie di August Underground dagli occhi a mandorla ha un paio di idee che riescono a distinguerlo da gran parte delle pellicole del genere. La più importante riguarda sicuramente l'utilizzo della tecnica del POV,cosa abbastanza impressionante in quanto ci si ritrova praticamente ad assistere con gli occhi delle vittime alle varie torture subite. Ma il regista non si accontenta di questo e ci offre un doppio punto di vista,passando così ad osservare la scena dal punto di vista delle vittime a quello dei carnefici..... Meno violento di quello che mi aspettavo (anche se assolutamente sconsigliato a coloro che sono facilmente impressionabili) ma parecchio cattivo ed anche un pò angosciante. Per essere realizzato con due soldi ed un pugno d'attori,bisogna ammettere che il risultato è superiore alle aspettative,non annoia,dura poca ed intrattiene.
Superiore a tanti altri film dello stesso "sottogenere"....perchè qui (e probabilmente è il messaggio finale che ci vuol dare il regista)la violenza psicologica fa molto più male della violenza fisica.
Un August underground alla Coreana, con video meno sgranato e camera in soggettiva un pò meno traballante; violenza e sesso sono abbastanza espliciti (dita mozzate, occhi deorbitati e via dicendo), le urla sono tante ed il sangue è molto presente, ma oltre questo non c'è molto altro.
Bravi gli attori e buoni gli effetti speciali, ma il film segue i classici canoni del violento sottogenere horror al quale appartiene (isolamento, tortura, pestaggio, fuga, la circolarità si ripete insomma) senza innovare minimamente.
Per gli appassionati comunque risulterà senza dubbio interessante.
Quattro persone qualunque si risvegliano in un vecchio casolare di campagna, legate. Di fronte a loro, tre persone armate di videocamere. Vogliono realizzare uno snuff-movie.
Ormai il 50% dei film horror che si producono sono torture-porn, e se non lo sono riguardano l'ambito torture-porn della tratta di corpi o su malcapitati che vengono uccisi per svariati motivi dopo indicibili sofferenze ("Hostel", "Turistas", "Saw"). La moda è tornata anche in Oriente (perché, ricordiamo, i capi supremi del genere restano i Giapponesi che sfornano anno dopo anno, a partire dalla serie "Guinea Pig", ma anche prima, la loro ostentata visione dell'estrema violenza), e persino nella sempreverde Corea Del Sud, patria del cinema dagli incredibili mezzi, splendido e curato visivamente, raffinato anche in un genere come l'horror, che altrove viene trattato, spesso e volentieri, con un uso sporco dei mezzi. E per questo ci si sorprende di fronte ad un film indefinibile come "The Butcher", un efferatissimo torture porn girato in modo volutamente low-budget, amatoriale e con telecamera ballonzolante, per emulare il culto snuff. Il metodo di regia è singolare: le riprese avvengono tutte da telecamere attaccate alle teste delle stesse vittime, in modo che lo spettatore possa identificarsi il più possibile con loro e con le loro emozioni di terrore e dolore. Cominciamo subito con il dire che "The Butcher" è un film molto diretto, persino più diretto dell'agghiacciante delirio gore di Koji Shiraishi di "Grotesque", perché sebbene la carneficina in "Butcher" sia decisamente meno dell'episodio di Shiraishi, lo schock e l'impatto repulsivo dello spettatore sono decisamente maggiori. Kim Jin-Won lascia molta della violenza fuori campo (pur non rinunciando a particolari gore), preferendo (giustamente) tratteggiare il cattivissimo sadismo dei personaggi (sia vittime che carnefici vengono tratteggiati con una certa verosomiglianza), ma anche delle stesse vittime, disposte a tutto pur di sopravvivere, tratteggiandolo persino con ironia (illuminante la scena del caporegista al telefono con la madre) e concentrandosi sulle urla, sui suoni terribili e lancinanti che lasciano in sospeso. Perché è la violenza che non si vede che fa più male, è di questo è di certo complice anche la location: una spaventosa e claustrofobica cascina abbandonata in campagna con le pareti sporche di sangue. Un horror che, dalla trama, sembra la classica ******* che emula le cose inutili americane, ma che in realtà rivela un'anima ben diversa, più malsana e sporca, pur giocando con varie citazioni horror (da "Non Aprite Quella Porta" a "Saw"). Guardare "The Butcher" lascia sporchi dentro, questo è certo, così come lascia di stucco in modo quasi inverosimile, terrorizzandoci, impedendoci di capire se ci sia piaciuto o meno. Assolutamente sconsigliato ai deboli di stomaco.