vado a vivere da solo (1982)

La battuta sempre pronta di Jerry Calà salva un film che altrimenti sarebbe banale e noioso. Molti sono i momenti azzeccatissimi, durante i quali si ride di gusto. Pessimo il seguito.

Il povero Jerry Calà, dopo aver pensato a lungo tra un flop e l'altro a come sfruttare la moda dei revival dei cult anni '80, deve aver pensato che, ehy, un bel remake di "Vado a vivere da solo" ci sarebbe stato veramente bene.
Beh, qualcuno gli spieghi che questa robaccia di Marco Risi non è mai stato un cult, né un simpatico trashone, né un simpatico filmetto di serie B: è e rimarrà sempre, al di là di ogni rivalutazione, un film di mer.da.
Ah, già che ci siamo, qualcuno gli spieghi pure che dire "LIBIDINE!", "CAPITO?!" e "OCIO!" non fa ridere.

A me Jerry Calà sta simpatico, ma questo film è un cesso! Le battute si contano sulle dita della mano, e la trama è inesistente. Da evitare.

E' forse solo per nostalgia che commento questo modesto filmetto solo ora, a distanza di oltre vent'anni dall'ultima volta che l'ho visto.
Fa ridere (moderatamente), anche se mortifica qualsiasi appassionato di buon cinema con la sua pochezza. Per inciso: Calà fa il "bambinone" e trova rifugio nella baraccopoli di quel coattone di Di Cioccio, poi pero' c'è un vicino stravagante (Buzzanca, l'unico che fa davvero ridere) e una bella serie di bonazze vent'anni prima di Pieraccioni (e ugualmente, meritatamente scomparse nel nulla) e qualche gag. Il momento piu' divertente è mamy che si fuma il cannone. Il peggiore, il finale.
Bruttino, ma in giro c'era ben di peggio