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Questo è il secondo film di Takita che vedo e ho avuto la conferma del mio poco feeling con questo regista, lo stesso che ho provato con Departures. La descrizione della fine dello shogunato e di conseguenza dell'epoca dei samurai ha un approccio molto buono, virato più sul versante realistico. Infatti la figura del samurai al contrario dei classici del genere è meno ieratica e più umana. Il protagonista stesso agli occhi degli altri appare sempre sotto una duplice veste, positiva e negativa, ma allo spettatore si evidenzia al contrario l'estrema coerenza del suo agire. Ciò che mi ha convinto di meno sono alcune cadute melodrammatiche, fuori luogo vista l'impostazione di base e una studiata e furbetta ricerca della scena madre specialmente nella seconda parte, dove comunque offre scene di battaglia molto buone. Un film che mi ha convinto a metà, come d'altronde Departures.
Buona trasposizione storica sulla fine dello shogunato giapponese, intorno al 1800, quando le armi da fuoco si imponevano definitivamente sulle katane (nettamente in ritardo rispetto all'occidente). Più in particolare è la storia di due samurai dell'epoca, travolti da un mondo dietro a quale non riescono a tenere il passo. Forse un pò eccessiva la drammaticità finale, che mi ha tenuti gli occhi lucidi per una buona mezzora.