Al centro della vicenda una vedova di guerra, una contadina che porta i larghi pantaloni da lavoro, gli stessi di cui magari abbiamo letto ne "Il paese delle nevi" di Kawabata. Siamo lontani dalle grandi città, dalle geishe, dai bar di Ginza, dagli uffici, dalle periferie del mondo industriale; ci viene svelato il Giappone delle risaie, degli aratri, ancora legato ai ritmi arcaici che precedono la rivoluzione verde. Questo mondo vive il trauma e il fascino dell'impatto con la modernità e i suoi valori individualisti; la famiglia patriarcale è al tramonto e le nuove generazioni avocano il diritto di scegliere il propio destino, non più sottoposte imprescindibilmente agli interessi della famiglia. Anche una vedova di guerra, come la bella e intelligente Yae, protagonista del film, puo' innamorarsi del giornalista Okawa e ritagliarsi con lui uno spazio di felicità, di affermazione della propria identità, magari prendere lezioni di guida o fumare sigarette: uno spazio di felicità effimero, certo, come nella migliore tradizione giapponese.
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