Ore cutanee
Regia di Duilio Scalici
Cortometraggio drammatico
Duilio Scalici è nato il 1994 a Palermo. Ha realizzato diversi videoclip musicali per artisti italiani quali: Bologna Violenta, Jessica Brando, Simona Gretchen, The Barbacans ed altri. Fra questi, il video del brano "Time For The Choice" dei The Barbacans, arriva fra i finalisti del Premio Italiano Videoclip Indipendente 2010, accanto ai video di Max Gazzè e Il Teatro Degli Orrori.
Nel 2010 fonda l'etichetta indipendente Sinusite Records, che nel settembre del 2014 diventerà "Sinusite Associazione Culturale".
Nell'aprile del 2014, realizza il suo primo cortometraggio "Ore Cutanee" selezionato all'Etnaci Film Festival 2014, che immediatamente diventa virale sul web e viene proiettato in diversi cinema d'Italia. Nel giugno dello stesso anno, assieme ad altri videomaker, realizza il docu-film "Cuervoluciòn", per conto della famosa tequila "Jose Cuervo", che verrà trasmesso a fine anno su MTV Italia.
Sta attualmente lavorando come aiuto-regista al film "Erba Celeste" di Valentina Gebbia e sta realizzando il suo secondo cortometraggio dal titolo "La Colpa".
Attori: Paola Raeli e Clara Tramontano
Produzione, fotografia, sceneggiatura, montaggio di Duilio Scalici
Commento critico di Biagio Giordano
Il ventenne regista Duilio Scalici, esordisce nel cinema con il cortometraggio Ore Cutanee, un'opera elegante con un'andatura in stile cortese che via via diventa sempre più colorita di una passione senza confini.
Il film, che appartiene a un genere dai termini sfumati, collocabile tra il poetico e il drammatico, è stato selezionato dal Etnaci Film Festival 2014. La pellicola sta avendo un buon interesse anche nel web ed è proiettata in diverse sale cinematografiche italiane.
Il giovane Duilio Scalici sta da tempo sviluppando alcune idee letterarie per il cinema, che con questo film appaiono subito di un certo spessore elaborativo, sia contenutistico che formale. Durante la proiezione non si può fare a meno di essere attraversati da intense emozioni, le cui forme sono tra le più diverse, esse vanno dall'empatico all'estetico per finire poi nel piacere intellettivo: quello per lo più legato al senso logico delle cose che nel film è efficacemente intuibile.
Gran parte delle emozioni rilasciate dal film sono frutto di una composizione scenica non certo da manuale, bensì costituita da codici visivi liberi, sempre rigorosi, animati da una verve creativa dell'autore che sembra saper far brillare ogni cosa.
Il film ha una intelaiatura visiva priva di smagliature, grazie un occhio fotografico di rilievo sempre ben in sintonia con il movimento tecnicamente sicuro della mano sulla telecamera e con un gusto letterario raffinato manifestato dall'autore con il suo pensiero narrativo in più occasioni.
Il progetto sul cinema di Duilio Scalici appare quindi, da questi primi indizi, felicemente idoneo a realizzare un cinema di qualità, composto da inflessioni artistiche ben caratterizzate, lontano dall'intrattenimento. E' un pensiero quello espresso con questo film che sa di prezioso, qualcosa che sembra trovare alimento da una percezione viva e attenta dell'autore sulla complessità con cui si muove il reale di oggi, un mondo difficile, a cui Duilio, tra le righe, sembra voler porre grande attenzione.
Questa sua prima opera è quindi già qualcosa che sembra poter inaugurare un fertile rapporto di comparazione artistica, critica, con quella parte della storia del cinema più vicina a forme letterarie dal forte richiamo estetico ed esistenziale.
Ore cutanee è una storia d'amore semplice ma profonda, rappresentata con garbo poetico, supportata da finezza ed eleganza nei modi di riprendere che lascia meravigliati per senso del bello e del romantico.
Da sottolineare anche la parte che ha la musica nel film, del tutto appropriata al tipo di narrazione, felicemente sincronizzata con i toni narrativi scelti per il film che hanno in sequenze alternate, un po' paradossalmente ma artisticamente efficace, elementi romantici e neorealistici. La musica è sempre puntuale nel rafforzare o stemperare i momenti emotivamente più salienti delle scene del film.
Per finire i dialoghi, essi sono sobri ma di buon spessore comunicativo in quanto si è lavorato molto sulla scelta delle parole, selezionando ciò che meglio poteva dire di una situazione con poche parole, eliminando quindi lungo la ricerca quelle proposizioni prolisse sostituibili con frasi brevi senza perdere i contenuti.
Il film ha anche aspetti pedagogici di rilievo, sembra abbattere ogni barriera pregiudiziale rispetto ad appartenenze sociali (il protagonista infatti è un badante), razziali, di classe per dare spazio alla passione pura, non viziata da odi ambivalenti, a un piacere dei sensi che può attivare forme di sentimento certe ma non ancora ben delineate, in forte relazione con l'inconscio, qualcosa in grado poi di trascendere, con poetica risolutezza, ogni condizionamento mortifero del più abbruttente reale di oggi.
Ore cutanee è un'opera filmica che esce dal claustrofobico tempo dall'orologio, per naufragare con dolcezza in una poesia priva dei contrattempi volgari che rilascia il tempo.
Con l'espandersi smisurato del sentire per incanto che anima i due protagonisti, il film vola verso l'incommensurabile delle cose, verso quell'abbagliante colore di assoluto che la passione rilascia nella vita togliendo di mezzo ciò che di fugace, meschino, e banale è presente nell'ordinarietà delle cose quotidiane.
Una passione che spinge nell'oblio tutto ciò che non la riguarda e che fa rotolare per qualche ora l'immagine della morte negli instancabili ingranaggi dell'orologio fermandolo.
Il filmato di Duilio Scalici è un autentico pezzo di opera d'arte, in quanto riesce a comunicare il pathos dell'amore, i forti sentimenti che si formano lungo il rapporto, le diverse forme pulsionali che lo animano, senza retorica ridondante. L'autore dipinge con talento un immagine dell'amore del tutto originale, di cui per certi aspetti, non da poco, se ne ignorava l'esistenza.
E' un amore quello di Ore cutanee egregiamente rappresentato anche in tutta la sua misteriosità, soprattutto attraverso la suggestione che rilascia la fotografia con i suoi giochi inediti di luce ed ombre quando la macchina da presa fa scorrere in primo piano, facendoli diventare surreali, alcuni particolari dei visi e degli arti.
Serie Web TV in 5 episodi, primo episodio Un Amico 1 settembre 2013 su You Tube Ore 18
(Ogni episodio dura circa 25 minuti ciascuno, ed è di genere thriller-poliziesco)
A Produrre la serie sono la GRAGE PICTURES ed INDIEWORKS
Il Cast Principale è composto da: MICHELE FRIULI (nel ruolo di Daniele Cortesi), ROBERTO D'ANTONA (Johnny), GIANLUCA BUSCO (l'ispettore Marino), MIRKO D'ANTONA (il sovrintendente Navolio), ALESSIA CARDEA (che interpreta Sonia Deodori), DEBORA MUSCOSO (l'agente Ambra), GIONATA RUSSO (il Dr. Edoardo Falieri)
Regia: ROBERTO D'ANTONA
Storia: ROBERTO D'ANTONA
Sceneggiatura: EROS D'ANTONA
Montaggio e Fotografia: ROBERTO D'ANTONA.
La colonna sonora è stata composta da ANDREA PINNA e le altre musiche da OLSI BABA.
Recensione di Biagio Giordano
Dopo il divertentissimo horror A.Z.A.S. All Zombies are Stupid, Roberto D’Antona, ventunenne regista emergente italiano, già autore di due lungometraggi filmici di buona costruzione letteraria intessuti qua e là da un'iconografia sopra le righe come "Dylan Dog: Il trillo del diavolo"(2012) e "Dylan Dog: L’inizio"(2011), torna sul web con la Grage Pictures e la Indieworks in una avvincente serie thriller-poliziesca di 5 episodi dal titolo: "Johnny".
La nuova sequenza web brilla in ciascuna sua fase scenica di originalità, ed è molto curata in ogni particolare a tal punto da sorprendere e risvegliare piacevolmente i sensi più atrofizzati grazie all’alto livello compositivo raggiunto dal film. Hitchcock avrebbe detto: “E’ come entrare in un grande Luna Park depressi e uscirne rivitalizzati”.
Il film lascia stupefatti per l’estro fotografico, le interpretazioni creative in stile nuovo, la regia innovativa, e il lavoro di gruppo più di supporto al film che si immagina, dai risultati raggiunti, sia stato ben omogeneo, ricco di energie e determinazione, decisivo nel perfezionamento di quell’effetto estetico d’insieme di questa opera thriller che porta a soddisfacimento nello spettatore le pulsioni più enigmatiche, ambigue, voyeuristiche o proibite.
Johnny racconta alcune vicende di Daniele Cortesi (un Michele Friuli ben calato nella parte), uomo comune, dalle apparenze fisiche gracili, falso timido, severo impiegato di banca, separato dalla moglie con qualche strascico penoso. Daniele è una persona elegante che tra le donne non passa inosservato: ha una certa raffinatezza nei modi di fare e un’aria inoffensiva che sollecita nel gentil sesso quella parte dell’istinto materno più prossima all’erotismo.
La sua esistenza viene messa a soqquadro, all’improvviso, da un evento brutale: l’omicidio della sua amante convivente, Sonia Deodori (Alessia Cardea), trovata insanguinata ed esanime sul pavimento del suo appartamento al ritorno da alcune compere.
Dopo gli opportuni rilevamenti della scientifica, Daniele Cortesi risulterà il principale indagato.
Lo stress a cui viene sottoposto Daniele, che rimane al centro di una difficile e nervosa situazione investigativa, lo indurrà a frequentare uno psicologo esperto di psicologia criminale, dalle cui sedute trarrà giovamento ma anche nuove pressanti sollecitazioni a capire il senso delle più recenti relazioni in cui si trova prigioniero.
Johnny non deve trarre in inganno, non è un vero e proprio sceneggiato televisivo, uno dei tanti che transita provvisoriamente sul web in attesa di tempi migliori, magari rispettando nella sua struttura costitutiva tipi di meccanismi narrativi standard, semplificati al massimo, spesso già intuibili dallo spettatore prima che si succedano perché abituali. Johnny non fa parte di quei sceneggiati dagli ingredienti già ben collaudati, fotocopie rassicuranti nei modi narrativi per quei produttori che non vogliono correre grossi rischi nell’investimento.
Johnny è senza ombra di dubbio un’opera di un certo spessore artistico e di una originale struttura narrativa. Riesce a riassumere, senza calare mai di tono, una pluralità di codici visivi e meccanismi letterari inediti che possono confrontarsi, per effetti di coinvolgimento, con il cinema di qualità thriller di grande successo: quello intriso di drammatizzazioni a sfondo culturale.
Non mancano infatti le scene di inseguimento armato splendidamente riprese in modo inedito da angolazione diverse con visioni di sguardi di primi piani eccellenti; i magici bagliori emessi dalle immagini erotiche rappresentate con molto pudore che ammiccano lo spettatore al momento giusto senza offenderlo; l’impossibilità per chi segue il film di ipotizzare qualcosa del finale almeno fino ai tre quarti dello scorrere del racconto, l’eccezionale espressione comunicativa della macchina da presa che si sofferma sul sociale-reale in modo sensibile non neutrale suscitando nello spettatore improvvise e brevi meditazioni culturali.
Inoltre da sottolineare le parti biografiche, affettive, private, delle vicende nei personaggi in gioco, ben abbozzate che rafforzano aspetti identificativi e proiettivi dello spettatore su quanto accade di umano nella storia accelerando il suo investimento psichico sulle scene fino al punto di dimenticare di esserne fuori, in poltrona, in una comune serata.
E per finire i contrasti vitalizzanti tra attivo e passivo nelle varie situazioni di relazioni sociali nel film, le opposizioni tra i caratteri dei personaggi e i loro ruoli di lavoro non proprio del tutto adeguati, gli equivoci tra bene apparente e male fittizio che si sciolgono via via che il racconto procede, il maschilismo manesco rappresentato con raro acume psicologico.
Roberto D’Antona, avvalendosi anche di un’ottima sceneggiatura che fa da guida in modo aperto alle sue doti di ripresa, combina tutti questi elementi con grande abilità riuscendo a dare un plus di accelerazione in crescendo alle tensioni previste nel racconto scritto. Lo fa con le numerose invenzioni nei modi fare ripresa, con una fotografia ricercata dove la metonimia di alcune immagini in scene chiave ben contribuisce insieme al crescendo recitativo a sfondo teatrale degli attori a creare un ritmo particolare, difficilissimo da raggiungere nel cinema thriller, che corre verso l’apice della drammaticità prevista dalla sceneggiatura esplodendo infine di emozioni.
Una metonimia che alimenta al meglio il doppio senso che l’immagine per sua natura stessa polisemica (a più sensi) favorisce.
Da questi motivi filmici un po’ più articolati si comprende quindi come sia impossibile a questa serie web, che speriamo possa comparire presto anche nelle principali TV nazionali perché ne è assolutamente idonea, dare l’etichetta di telefilm o sceneggiato TV.
L’opera di Roberto D’Antona è efficacemente racchiusa fotograficamente in quella dimensione spazio-tempo tipica dei grandi film, nota per come è grado di evocare al meglio, visivamente, le dimensioni estetiche della realtà di tutti i giorni moltiplicandone gli effetti, dando cioè complementarietà all’occhio umano che vede nel quotidiano molto meno perché preso nella vita comune che mostra angolazioni visive abituali, familiari.
Johnny è abbondante di tematiche estetiche, culturali-sociali, ma non dimentica di far divertire il pubblico con il gioco dell’enigma, delle più svariate fenomenologie dell’inconscio, del mistero, del suspense e della sorpresa, tutto ciò supportato da un elevato livello di conoscenze professionali di tutto lo staff.
La qualità della serie di Johnny si spiega indubbiamente con le capacità direttive di Roberto D’Antona, un artista di razza, tenace, e di uno staff che sembra vivere di cinema molto più per i suoi aspetti spiritualistici-artistici che per soddisfazioni salariali procurate dal libro paga della normale industria cinematografica.