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"One, due, tre, four"
L'irritante incipit della instant song di Jovanotti scritta apposta per i titoli di coda di "Baciami ancora" è una chiosa tanto involontaria quanto illuminante. Così come poco ispirato è il pezzo di Lorenzo rispetto al suo omologo di Carmen Consoli che dava il titolo a "L'ultimo bacio", infatti, anche il film risulta forzato, costruito ed incapace di suscitare la benché minima emozione o riflessione.
Sono passati dieci anni, e i protagonisti de "L'ultimo bacio" affrontano la crisi dei quaranta: Marco (Pierfrancesco Favino) vede andare a rotoli il suo matrimonio, Adriano (Giorgio Pasotti) torna in Italia dopo aver trascorso un lungo periodo in carcere all'estero per traffico di droga e spera di poter costruire un rapporto con un figlio che non vede da dieci anni, Carlo (Stefano Accorsi) tenta di riavvicinarsi a Giulia (Vittoria Puccini) nonostante entrambi abbiano dei nuovi compagni, Paolo (Claudio Santamaria) cerca una stabilità emotiva nella relazione con Livia (Sabrina Impacciatore), ex-moglie di Adriano.
"Baciami ancora" è il superfluo seguito de "L'ultimo bacio", film che impose Gabriele Muccino all'attenzione del grande pubblico una decina di anni fa e che lanciò la carriera di una generazione di ottimi attori: allora il più in vista era Stefano Accorsi, ma al suo fianco c'erano – e ci sono in questo secondo capitolo - anche Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria e Giorgio Pasotti.
Di salvabile c'è ben poco. Pierfrancesco Favino, poco più di un cameo nel primo film, è l'attore che nel frattempo ha fatto il percorso di carriera più importante e trova decisamente più spazio. Ovviamente, perchè ciò avvenga, il suo Marco deve affrontare una crisi fatta di urla e strepiti, immancabile topos del Muccino tricolore, ma almeno Favino regala un'altra (sprecatissima) interpretazione da manuale, unico a suscitare qualche emozione.
Pasotti e Santamaria se la devono vedere con uno script talmente poco ispirato per il quale il loro mestiere è appena sufficiente, mentre il personaggio di Accorsi sembra non essere minimamente cambiato ed il meglio che il film gli offre è un malore che lo spinge nuovamente tra le braccia dell'ex moglie. Marco Cocci, rispetto al primo film, si è tagliato i capelli, ma risulta sempre poco integrato nel cast, sia come personaggio che come attore.
Per il resto, siamo alle solite: le donne sono incomprensibilmente lunatiche e aggressive, gli uomini sono tutti e sempre meritevoli di seconde chances, immaturi ma simpatici e leali.
Il maschilismo di una pellicola come "Baciami ancora è mortificante. In effetti anche "L'ultimo bacio aveva lo stesso difetto, ma la rappresentazione di una generazione in crisi mascherava nell'incomunicabilità tra i sessi (e a tutte le età, in realtà: c'era lo splendido ruolo di Stefania Sandrelli) questa posizione misogina. Insomma, se a trent'anni l'indecisione, la paura, la responsabilità giocano brutti scherzi, a quaranta si hanno tutto il diritto e tutte le ragioni per non avere alcun rispetto per le donne (urla, insulti, tradimenti sono tutti posti in modo da essere essenzialmente meritati dalle malcapitate mogli-compagne-amiche dei cinque protagonisti).
Le quarantenni sono madri di famiglia rigide, realizzate nella loro dimensione materna, incapaci di essere complici di uomini ancora mentalmente ancorati ai vent'anni, colpevoli di amplificare le frustrazioni dei loro compagni invece di assecondarne sogni e bisogni, per quanto infantili.
Il colpo di scena del finale rivela – nella sua gratuità – che di idee ce n'erano ben poche e che Muccino è stato incapace di trasmettere nuovamente, attraverso i suoi personaggi, il tormento esistenziale di una generazione senza bussola. In "Baciami ancora" seguiamo cinque storie private (piuttosto sconclusionate) di cinque personaggi, ma non c'è una vera coralità, né una vera riflessione sugli "anta" all'altezza di quella sui trentenni. Sembra un film di Brizzi, senza umorismo, o meglio: con l'umorismo involontario suscitato dalle varie scene d'isteria collettiva o individuale.
Forse "L'ultimo bacio" aveva una visione pessimistica, aggravata da una rappresentazione che forzava i toni e i modi, ma almeno ci provava: era – se non rappresentazione della realtà – descrizione di una realtà ipotetica in cui nessuno si preoccupa di ferire il prossimo pur di difendersi, una seduta di primal screaming collettivo al termine della quale un po' tutti riuscivano a pacificarsi. In chiave metaforica (ma conoscendo il cinema di Muccino, tendiamo ad escludere che fosse una cosa voluta), funzionava perfettamente. "Baciami ancora" non racconta nulla, sembra una fiction televisiva, anche a causa di una regia meno isterica che rende il film ancora più anonimo, sottolineando la mancanza di entusiasmo collettiva nel dare un seguito a storie che avevano un senso solo in quanto rappresentazione, non in quanto narrazione. Persa quella dimensione, si svela la pochezza dell'insieme.
Giovanna Mezzogiorno si è rifiutata categoricamente di riprendere il ruolo di Giulia, ed è difficile fargliene una colpa. Vittoria Puccini, che la sostituisce, non fa né meglio né peggio, ma di certo non contribuisce ad innalzare il livello medio e lo stesso si può dire di Adriano Giannini, Sabrina Impacciatore e Valeria Bruni Tedeschi , confinati in ruoli minori.
In definitiva, "Baciami ancora" sconta la legge dei sequel di questi anni: poca inventiva e poco coraggio portano a ritornare sui propri passi, senza convinzione e senza risultati soddisfacenti.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 27/03/2012 15.31.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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