Recensione caramel regia di Nadine Labaki Francia, Libano 2007
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Recensione caramel (2007)

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locandina del film CARAMEL

Immagine tratta dal film CARAMEL

Immagine tratta dal film CARAMEL

Immagine tratta dal film CARAMEL

Immagine tratta dal film CARAMEL

Immagine tratta dal film CARAMEL
 

Opera prima della giovane regista libanese Nadine Labaki, che vanitosamente ma non immeritatamente si regala un ruolo di primo piano nel film, "Caramel" è una storia declinata al femminile di quelle che raramente si vedono oggi sul grande schermo, e che l'ambientazione sia medio-orientale poco importa, in quanto l'amicizia ed i sentimenti delle protagoniste sono uguali in ogni latitudine.
Scorrono sui titoli di testa le immagini della preparazione del caramello dolce, sostanza che viene usata in Oriente per la depilazione, uno strappo che dà dolore in cambio di un cambiamento e di un eventuale miglioramento, ma anche un'attenzione a quella sensualità propria del mondo orientale.
Il salone di bellezza intorno al quale si svolge gran parte del racconto vede campeggiare in bella mostra la foto di una modella occidentale dagli occhi azzurri e dalle labbra ben modellate, in evidente contrasto con la semplicità che circonda invece il piccolo mondo che ruota intorno al locale.

Un amore clandestino, un errore di gioventù, il non accettare il passare degli anni o la propria diversità, il sacrificio di dedicarsi a chi ha bisogno e di cui masochisticamente si sente di avere bisogno sono le dolorose crepe che logorano l'esistenza apparentemente tranquilla delle cinque interpreti della pellicola, quasi tutte debuttanti. Gli uomini sono importanti nella loro vita, ma sono dei personaggi secondari che hanno nel film poche battute o che non si vedono neanche, come l'amante di Layale. Le storie che ruotano intorno a questo piccolo universo femminile sono minimaliste, tutto sembra scorrere tra il negozietto sgangherato delle tre parrucchiere, la botteguccia di Rose, l'anziana sarta che si occupa di una sorella fuori di testa e la strada antistante assai simile ai vicoli di una città meridionale (la scena della processione che scorre tra i vicoli stretti potrebbe ricordare la nostra Napoli).

Le donne vogliono la bellezza inseguendo il mito occidentale, rappresentato dal poster dell'ingresso, senza curarsi del degrado, della polvere e del traffico pazzo che lasciano all'esterno o anche degli scarsi mezzi dello stesso "salone di bellezza", cui basta poco per avere problemi con acqua ed elettricità (e ancora le analogie con il nostro Sud ci sono tutte!).
Eppure la voglia di piacere, di piacersi e di compiacere supera ogni ostacolo e porta anche a compiere sacrifici: da quelli minimi causati dallo strappo violento della ceretta alla necessità di ricorrere ad una piccola operazione correttiva per salvaguardare la propria rispettabilità o a trucchetti per far credere (e credersi) di essere ancora una donna in età fertile allo strappo che cambia la vita: Rose, sia pur anziana, cerca ancora l'amore ma alla fine resta la donna di sempre, stretta alla sua sfortunata e non per questo infelice sorella.
Non c'è lieto fine, tutto scorre come sempre; forse solo la cliente felice del suo nuovo taglio può guardare con fiducia al suo futuro, ma per le altre l'appuntamento è sempre nel piccolo salone tra una chiacchiera, una lacrima e una risata liberatoria.

Bella la storia, bella la musica mai invadente, belli i colori, la fotografia e le inquadature: tanti primi piani soprattutto sul caramello preparato all'inizio e manipolato - ed anche assaggiato - dall'estetista Layale in diverse scene della pellicola.
Un film originale da vedere e da gustare, che tocca la mente, il cuore ma anche i nostri cinque sensi, sicuramente per noi occidantali una lezione da una cinematografia sconosciuta come può essere quella libanese.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 31/01/2008

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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