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Negli States, intorno agli anni '60, alcuni cinema iniziarono ad essere denominati "grindhouse"; tale epiteto stava ad indicare con tutta probabilità il modo in cui i film venivano proiettati, o meglio "macinati" uno dopo l'altro nei proiettori. Solitamente tali pellicole venivano raggruppate per sottogeneri (slasher, splatter, ecc.) e distribuite localmente quasi come se fosse un passaparola.
Le tematiche affrontate da tali film non erano propriamente usuali per le ridenti comunità di spettatori americani, infatti erano ricercate dallo spettatore di "periferia", da colui che abbisognava di qualcosa che sollecitasse i più reconditi impulsi primordiali: sangue, violenza e sesso.
Quentin Tarantino e l'amico e collaboratore Robert Rodriguez presentano nel 2007 i due film grindhouse, espliciti esempi dell'affettività dei due registi verso quel cinema che, ormai con l'evolversi giorno dopo giorno della tecnologia e delle reti di comunicazione mondiali, ha perso di genuinità e manca della spontaneità di un tempo.
Negli Stati Uniti, i due film corrono di pari passo, distribuiti come double feature, mentre a livello internazionale i due film escono separati poiché non c'è appunto quella cultura dedita ai grindhouse. Oltre a ciò, i due film sono molto diversi: Rodriguez è prevalentemente ispirato più agli horror-movie e seguendo le orme carpenteriane e influenzato in maggior parte dai film di G. Romero, rende il suo "Planet Terror" un film colmo di atmosfere noir che catapulta lo spettatore in una futuristica cittadina devastata da un'epidemia chimica.
"A prova di morte" è invece una corsa un po' pazza e quasi comica di un killer che si diverte a spedire all'altro mondo le sue vittime grazie alla sua macchina da stuntman.
Ad Austin, Texas, Jungle Julia, Shanna e Arlene passano la giornata tra un battibecco e l'altro, tra rivelazioni amorose e marijuana che bisogna assolutamente comprare, fermandosi prima a un pub nel tardo pomeriggio e per finire la serata in un altro. Da Guero's, Jungle Julia, che è una delle DJ radiofoniche locali, informa Arlene di uno scherzo fatto da lei alla radio: Julia annunciò che se qualche maschio temerario avesse accettato la sfida di offrire da bere ad Arlene e di recitarle una poesia di Robert Frost avrebbe vinto un giro di lap dance.
Arrivata la sera, le ragazze si spostano al Texas Chili Parlor, dove fanno conoscenza, oltre che di alcuni ragazzi in cerca di femmine facili, di Stuntman Mike. Arlene lo ha già visto nel pomeriggio fuori da Guero's e riconosce la sua minacciosa Chevrolet Nova per l'inquietante teschio dipinto sul cofano. Mike, che rimane quasi tutta la sera al bancone ad osservare le ragazze al tavolo, fa conoscenza di Pam, una giovane e bella ragazza forse un po' troppo su di giri ed ingenua per rendersi conto che accettare un passaggio da uno sconosciuto che ha un teschio dipinto sulla macchina da stuntman non è proprio all'ordine della sicurezza. Prima di ciò, "Icy-Hot" recita alla perfezione la poesia a "Butterfly", offrendole da bere... e dopo un po' riesce a convincerla a fare la lap dance.
Una volta che Julia e le altre se ne vanno, Pam commette l'errore di salire sulla macchina dello stuntman sconosciuto, il quale dopo pochi minuti le fa desiderare di non esserci mai salita. Una volta uccisa Pam, schiantata contro il cruscotto dell'auto, Stuntman Mike si prepara a colpire i suoi veri bersagli, ovvero Jungle Julia e le sue amiche. E così fa, cappottandosi contro la loro macchina ai 300 all'ora, uccidendole tutte sul colpo e riuscendo a sopravvivere nonostante gravi lesioni.
Quattordici mesi dopo, Mike esce dall'ospedale e si prepara a colpire di nuovo, questa volta a bordo di una Dodge Charger, l'obbiettivo questa volta sono quattro ragazze che lavorano per il cinema: un'addetta al trucco, Abernathy, un'attrice, Lee e infine due stuntwomen, Kim e Zoe. Mike inizia il suo gioco, toccando più volte il piede di Abernathy che sporge dalla macchina e fotografando le ragazze da lontano. Dopo altre esilaranti discussioni tra donne che durano per una buona metà del secondo atto, lo stuntman inizia a spargere di nuovo il terrore, ma sarà proprio quello il suo errore fatale, poiché questa volta le ragazze non sono delle sprovvedute...
Probabilmente uno dei film di Tarantino più sottovalutati e snobbati, "A prova di morte" è in realtà un gioiello per vari aspetti, tra i quali in primis il fortissimo carattere contenutistico e visivo: a quale altro regista è mai venuto in mente di esaltare il consumismo in maniera così blanda, di rendere poetica una sequenza che ad altri risulterebbe banale, di caratterizzare una parte anatomica di un corpo femminile di tanto peso erotico? Anche soltanto vantarsi di una buona sceneggiatura sarebbe inutile d'innanzi all'esilaranti sequenze di un qualsiasi film tarantiniano. Del resto non sarebbe così noto il suo cinema se non per i suoi dissacranti aspetti anticonvenzionali. Prendendo nostalgicamente ispirazione dai B-movies anni '70 e da alcuni classici film di inseguimento automobilistico, come "Punto Zero" (1971) di Sarafian, il regista crea una pellicola che dà quasi inconsapevolmente dalla parte di chi guarda una svolta a quello che è il suo fare cinema. E' un prodotto molto originale e, seppur oggetto di citazioni, un ottimo film scaturito da mescolamenti di generi ai quali Quentin sembra essere parecchio affezionato (basti considerare il precedente "Kill Bill" per capire). Lo stile è indubbiamente anni '70, forte come un alone che ricopre tutto il film, quest'ultimo molto lineare e stranamente cronologicamente in ordine. I personaggi, quest'ultimi fortemente attuali e ben caratterizzati, sono il contrappeso e il fulcro sui quali si basa il film. Il regista ci delizia con figure femminili che lasciano a dir poco a bocca aperta, bellezze così "esotiche" da far sembrare divinità le donne mostrate dalla macchina da presa: Sydney Tamiia Poitier, Jungle Julia nel film è una dea infatti dalle gambe infinite che incanta lo schermo con le sue curve mozzafiato. Ma non è l'unica, basti pensare infatti anche solo a Mary Elizabeth Winstead, interprete di Lee, che col suo completino da cheerleader fa da reggente visivo per una buona metà del secondo atto, interminabile sequenza di dialoghi fra donne.
Un particolare interessante, spalmato come marmellata sul pane, di questa pellicola sono le citazioni che il regista dissemina, appunto, un po' ovunque rivangando il suo, e non solo, curriculum cinematografico.
La firma alla Tarantino per eccellenza è la frequente fotografia sui piedi delle ragazze e il regista non aveva mai osato tanto fino ad ora. Probabilmente, la ragione di tale insistenza su questa parte femminile da lui prediletta e le molteplici citazioni sono il simbolo di ciò che è "Grindhouse - A prova di morte", cioè un film-feticcio, misto di generi e sensazioni polari, quali l'aspetto drammatico della morte in rapporto dualistico con la comicità intrisa di cinismo.
La maggior parte delle scene sono praticamente tutte omaggi ai precedenti film, in particolar modo la sequenza in cui le ragazze sono sedute al bar, palese ripresa classica da "Le Iene", all'incipit di quest'ultimo. Ma non solo, colori e suonerie alla "Kill Bill", chiari riferimenti cinematografici e argomentativi a "Pulp Fiction", "Punto Zero" e altri.
Per quanto riguarda i caratteri principali del film, il primo gruppo di ragazze è rappresentato in particolar modo da Jungle Julia e Arlene. La prima, come già detto altissima e bellissima, sembra una schiacciasassi dal caratteraccio un po' rude, ma in realtà nasconde sotto sotto un'incredibile delicatezza femminile: ciò è dimostrato dalla commovente, seppur di primo acchito possa sembrar banale, sequenza che mostra lei che manda ansiosa e assorta allo stesso tempo dei messaggi sul cellulare a un boy friend fittizio. E' una ragazza innamorata e fragile, ma non lo dà assolutamente a vedere.
La seconda è Arlene, o meglio "Butterfly", ragazza dalle fattezze ispaniche che ha invece un rapporto tutto personale con Stuntman Mike, poiché lei ha capito lui e, ancora meglio, lui ha capito tutto di lei. Nonostante ne abbia paura, non sa nemmeno il perché di ciò, gli concede la lap dance che si è giustamente guadagnato lo stuntman e ciò si trasforma in una delle scene migliori di tutto il film.
E poi c'è Stuntman Mike: fine del paradiso idilliaco segnato da belle curve, fine dei giochi (o forse l'inizio di quest'ultimi?). Vediamo un Kurt Russel che più maligno di così non si può, figura quasi caricaturale la sua, piena di cattiveria e genialità: è un bambino cattivo che vive della paura delle sue prede, divertendosi un mondo a uccidere. Questo personaggio ricorda molto Mr. Blonde/Vic Vega interpretato dal grande Michael Madsen ne "Le Iene" (1992) ed in effetti i due villain sono quasi analoghi. L'unica grande differenza è che Blonde è uno psicopatico incontrastabile, per nulla interessato nel mettere vesti attorali per attirare la preda: lui fa quello che vuole fare senza scendere a compromessi. Al contrario Stuntman Mike è invece un killer quasi bonario, terribile nel suo io profondo, ma comunque apparentemente docile che cerca di costruire situazioni assolutamente normali diventando un attore encomiabile, come appunto quando adesca quasi innocentemente la bionda e ingenua Pam (Rose McGowan). La somiglianza tra questi due personaggi, oltre che nelle fattezze (infatti i due attori si assomigliano) sta nell'atteggiamento che hanno nel compiere atti di violenza: sembra che si divertano quasi, rimanendo allo stesso tempo impassibili alle grida di dolore. Entrambi sfoggiano quasi costantemente il loro bel sorriso, si, un bel sorriso che in realtà è di cattivissimo auspicio.
Il secondo gruppo di amiche è più o meno rappresentato da personaggi praticamente paritari a livello di importanza tematica nel ruolo intrapreso nella vicenda. Dialoghi interminabili fra donne i loro, che fanno capire i vari caratteri e le varie personalità.
Kim è la leader, Zoe la pazzoide scatenata, Lee la classica oca ingenua insieme ad Aberthany. Quest'ultima però può ricordare a tratti sia Julia che Arlene, come se le due si fossero fuse a creare un personaggio dall'aria ingenua ma con una grande carica esplosiva, che riscatta il suo essere femminile come se fosse una vendetta implicita da parte delle ragazze uccise.
Un film decisamente spezzato in due ma allo stesso tempo omogeneo, "A prova di morte" sembra essere quindi una sorta di "stop" da parte del regista che mira a riassumere il suo percorso cinematografico, osannandone le tappe migliori. Che il soggetto non sia uno dei migliori di Quentin è possibile, ma complessivamente è ben sviluppato ed è un lavoro che merita di essere visto.
Se vi piacciono la poesia, le belle donne e gli inseguimenti d'auto, è il film che fa per voi.
"Salute Butterfly...
Il bosco è magnifico, profondo all'imbrunire
e io ho promesse da mantenere
e miglia da percorrere prima di dormire...
Mi hai sentito Butterfly? Miglia da percorrere
prima di dormire..."
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Recensione a cura di Peter Lyman - aggiornata al 31/05/2012 11.17.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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